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LOGICHE DEVIAZIONI

Se "love is love", perché condannare incesto e pedofilia?

Garry Neilson, giudice australiano, è stato rimosso e indagato perché ha affermato che incesto e pedofilia non dovrebbero essere considerati comportamenti innaturali. Tutti si sono scandalizzati (giustamente) ma il giudice ha solo tirato le conseguenze delle unioni gay e delle politiche abortiste.

Famiglia 14_07_2014
Omossessuali

Garry Neilson è un giudice australiano che avrebbe dovuto occuparsi del caso riguardante abusi sessuali da parte di un uomo nei confronti della propria sorella, ma è stato rimosso e posto sotto indagine per alcuni suoi commenti durante il processo. Neilson ha infatti affermato che incesto e pedofilia non dovrebbero essere considerati come comportamenti innaturali e che si può smettere di considerarli un tabù, proprio come è accaduto per l’omosessualità. 

Media e autorità locali hanno gridato alla scandalo – Brad Hazzard, procuratore generale dello Stato australiano del New South Wales, ha immediatamente avanzato la richiesta che il caso venga affidato ad un altro giudice – ma, riflettendo bene, è lecito chiedersi se quelle di Neilson non siano scomode verità, piuttosto che scabrose fantasie. Non è da escludere che il giudice paghi anche l’accostamento tra omosessualità, pedofilia e incesto, quanto mai azzeccato, ma politicamente scorretto e assai fastidioso per la propaganda Lgbt. 

Il caso ha fatto il giro del mondo e su moltissimi quotidiani si possono leggere le parole virgolettate di Neilson: «Se fossimo negli anni Cinquanta e si avesse una giuria di 12 maschi, loro direbbero che è innaturale che un uomo sia interessato sessualmente a un altro uomo o a un bambino. Ma tutto questo è finito». E quindi «una giuria potrebbe non trovare niente contro l’approccio sessuale di un fratello nei confronti della sorella, una volta che questa sia sessualmente matura e non abbia una relazione con un altro uomo».

Chi si dice disgustato dovrebbe tornare con la memoria al 26 giugno 2013, quando Obama sul suo profilo twitter celebrò con la celebre frase «Love is love» («L’amore è l’amore») la decisione con la quale la Corte Suprema degli Stati Uniti bocciò la legge federale degli Usa che definisce matrimonio solo l’unione tra un uomo e una donna. Perché se per due uomini o per due donne vale il concetto che «basta volersi bene» per ammettere la normalità e il valore pubblico di una relazione fino a pretendere che si riconosca come famiglia, esso non dovrebbe valere per un fratello e una sorella, per due fratelli o per un cinquantenne e una dodicenne? 

Se i criteri di giudizio sono il sentimento e la maturità sessuale, si potrà forse negare che fratello e sorella trentenni siano soggetti adatti a sposarsi? E dove sarebbe lo scandalo di un uomo maggiorenne che intende avere una relazione con una bambina di dodici anni, che secondo i dettami più moderni dell’educazione sessuale avrà già alle spalle otto anni di spiegazioni accurate su tutti i segreti degli organi genitali e su tutte le pratiche etero e omosessuali possibili e immaginabili? 

Si deve avere il coraggio di affermare che la meta indicata dal giudice Neilson, la progressiva accettazione di ogni tipo di comportamento sessuale, è quella dove porta la strada che inizia con la legalizzazione del matrimonio omosessuale o con qualsivoglia riconoscimento giuridico dell’unione tra persone dello stesso sesso. Neilson ha aggiunto infine considerazioni altrettanto audaci e logicamente ineccepibili riguardanti aborto e contraccezione. Secondo il giudice, l’unico motivo per cui l’incesto potrebbe trovare ancora ostacoli verso il pacifico consenso sociale è quello delle altissime probabilità di malformazioni dei figli nati da rapporti incestuosi. 

Ma anche questo intralcio, sempre secondo Neilson, è facilmente aggirabile grazie all’ormai diffusissimo ricorso ad anticoncezionali ed interruzione di gravidanza. Anche in questo caso va dato atto al giudice di essere estremamente coerente con le politiche abortiste e antinataliste di cui molti di coloro che si stracciano le vesti sono certamente accesi sostenitori. Il cosiddetto aborto terapeutico è legge in una miriade di Stati e la contraccezione è lo strumento principale di controllo delle nascite promosso a livello planetario: di cosa dovrebbero preoccuparsi dunque due persone che sanno di correre il rischio di mettere al mondo un figlio malato?

E’ chiaro che le parole di Neilson riscuotono tutta la nostra disapprovazione, ma il giudice australiano ha avuto il grande merito involontario di porre di fronte alle loro contraddizioni tutti i sepolcri imbiancati che – ingenuamente o maliziosamente – si scandalizzano di fronte all’ovvietà di certe affermazioni.