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GUERRA INFINITA

Turchi e sauditi sono pronti a invadere la Siria

Dopo la pausa forzata nei negoziati di Ginevra, la guerra in Siria può assistere a svolte improvvise. La Turchia chiede da due anni di occupare una zona cuscinetto, nella Siria settentrionale. Ora si preparerebbe a occuparla unilateralmente. L'Arabia Saudita, dal canto suo, ventila l'ipotesi di inviare truppe di terra, più contro Damasco che contro l'Isis. Russia, Siria e Iran protestano e preparano contromisure.

Esteri 08_02_2016
Carri armati turchi al confine con la Siria

Lo stop ai negoziati Ginevra, dove erano presenti i miliziani salafiti ma non sono stati accettati i curdi siriani, conferma quanto illusorie siano state le speranze di trovare una soluzione al conflitto in Siria che sembra in procinto di allargarsi con l’intervento diretto di alcuni dei Paesi che hanno animato e sostenuto la rivolta contro il regime di Bashar Assad.

I successi militari che il regime siriano sta conseguendo su tutti i fronti grazie all’appoggio aereo russo che in 4 mesi ha scatenato oltre 7mila attacchi aerei contro le postazioni dei diversi gruppi ribelli sembra indurre Turchia e Arabia Saudita a valutare un intervento diretto con proprie forze militari in territorio siriano. Ovviamente né Ankara né Riad dichiarano di voler combattere le forze governative, ma ufficialmente puntano a colpire lo Stato Islamico: peccato che a Damasco, Teheran e Mosca nessuno ci creda.

Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha assicurato che la Turchia resta impegnata alla sua "politica di frontiera aperta" ai rifugiati, ma sta impedendo o rallentando l’afflusso di migliaia di siriani provenienti da Aleppo. "Noi manteniamo sempre questa politica di frontiera aperta per le persone in fuga dall'aggressione del regime e dai bombardamenti russi", ha detto Cavusoglu a margine dell'incontro con i suoi colleghi europei ad Amsterdam. Il ministro turco ha ricordato che dal confine con la Siria entrano ogni settimana 5 mila profughi e che la Turchia chiede da due anni alla comunità internazionale di realizzare in territorio siriano lungo il confine una "zona cuscinetto" lunga 90 chilometri e profonda 50. La ”zona cuscinetto” consentirebbe ad Ankara di dispiegare proprie truppe in territorio siriano riportandovi gli oltre 2,5 milioni di profughi oggi ospitati in Turchia (dei quali solo il 10% vive in campi profughi) ma in realtà con questa iniziativa Erdogan riuscirebbe a rompere la continuità territoriale tra i territori in mano ai curdi di Siria e Iraq. Lenta nell’aprire le frontiere ai profughi di Aleppo, la Turchia ha invece accolto senza esitazioni i turcomanni che a fine gennaio sono fuggiti dalle regioni riconquistate dagli uomini di Assad.

In attesa di un via libera internazionale Ankara sta già gettando le basi per istituire la “zona cuscinetto”. Le autorità turche hanno annunciato che si preparano ad installare sul lato siriano della frontiera un accampamento che potrà accogliere circa 30 mila persone. Lo ha detto Sýleyman Tapsiz, governatore della provincia di Kilis.

Sul lato siriano ci sono almeno 15 mila sfollati siriani secondo l’ONU, il doppio secondo Ankara: per lo più civili sunniti in fuga dalla controffensiva delle forze lealiste che hanno circondato la città tagliando le linee di rifornimento ai gruppi ribelli. Il campo d’accoglienza verrà istituito a un paio di chilometri dalla frontiera ma non è chiaro da chi verrà presidiato e protetto.

Il governatore ha aggiunto che per ora non è previsto di aprire la frontiera agli sfollati, tra i quali gran parte sono donne e bambini; e che saranno accuditi in territorio siriano, anche se –ha aggiunto -"in caso di necessità", la provincia di Kilis sarà assolutamente pronta ad accogliere tutti. Secondo il governatore, il numero degli sfollati alla frontiera, potrebbe salire fino a 70mila se non cesseranno i bombardamenti "del regime siriano e degli aerei russi".

Mosca irrita la Turchia non solo con i jet e gli attacchi alle milizie anti-Assad ma anche con il sostegno militare diretto alle forze curde siriane alleate del PKK, il movimento armato curdo in Turchia.

Le milizie curde delle Unità di Protezione popolare (YPG) hanno allestito tre campi d'addestramento in altrettanti villaggi della valle del Khabur, dove i miliziani vengono addestrati da personale militare russo. Mosca accusa inoltre i turchi di preparare un intervento militare su vasta scala in Siria con il pretesto dell’accoglienza ai profughi nella “zona cuscinetto”.

"Abbiamo serie ragioni di sospettare che la Turchia stia preparando una invasione militare della Repubblica Araba di Siria. Stiamo assistendo a molteplici segnali di preparativi segreti delle forze armate turche per una attiva operazione sul territorio siriano" ha detto ai giornalisti il portavoce del ministro della Difesa russo, Igor Konashenkov riferendo informazioni raccolte probabilmente da satelliti e ricognizioni aeree.

Ankara ha smentito, ma Mosca ammonisce le forze aeree turche che dovessero essere impiegate in Siria a rispettare appieno il memorandum Russia-Usa per la sicurezza aerea in Siria, cioè l’accordo che impegna i Paesi che impiegano propri velivoli a comunicare agli altri protagonisti in anticipo quali aree e rotte verranno interessate dalle operazioni aeree.

Il vice ministro della Difesa russo, Anatoli Antonov, ha ricordato che dopo l'abbattimento di un jet russo da parte degli F-16 turchi al confine tra Siria e Turchia, Mosca ha schierato dei sistemi di difesa antiaerea che "permettono di individuare in anticipo le minacce agli aerei russi che eseguono missioni militari in Siria e, se necessario, di prendere misure adeguate per garantire la sicurezza dei loro voli". Si tratta soprattutto dei missili S-400 in grado di abbattere i velivoli turchi quando si trovano ancora nello spazio aereo nazionale.

La nuova escalation delle tensioni con Mosca a causa dei successi militari dei lealisti è confermata anche dalla posizione dell’Alleanza Atlantica. "Gli intensi attacchi aerei russi, che colpiscono soprattutto le truppe di opposizione in Siria, stanno minando gli sforzi per trovare una soluzione politica al conflitto" ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. "Inoltre il rafforzarsi dell'attività aerea russa in Siria crea un aumento delle tensioni e violazioni dello spazio aereo turco. Questo crea rischi, forti tensioni ed è una sfida alla Nato, perché sono violazioni allo spazio aereo Nato".

Che Mosca sia considerata oggi l’unico ostacolo all’islamizzazione forzata della Siria da parte di Stato Islamico, al-Qaeda, Salafiti e Fratelli Musulmani sembra confermarlo anche Washington che ha accolto con favore l'impegno dell'Arabia Saudita ad inviare truppe di terra in Siria.

Artiglieria saudita in azione

Gli Usa sollecitano i partner della Coalizione in Iraq e in Siria a offrire un contributo maggiore, al punto che il segretario alla Difesa Ashton Carter ha accusato alcuni alleati "di non fare proprio nulla". I sauditi, come le altre monarchie del Golfo, si sono uniti alla coalizione nel 2014 ma contro “i fratelli sunniti” dell’Isis non hanno mai condotto azioni belliche significative, concentrando invece gli sforzi militari contro gli sciiti Houthi nello Yemen.

“Accogliamo con favore l'annuncio dell'Arabia Saudita di voler intensificare i suoi sforzi contro l'Isis", ha detto il portavoce del Central Command, Pat Ryder, ma è sconcertante che a Washington siano pronti a sostenere un’azione militare saudita che difficilmente punterebbe su Raqqa (capitale del Califfato) ma più facilmente su Damasco.

"Se ci sarà la volontà della Coalizione di effettuare operazioni sul terreno, noi daremo il nostro contributo" aveva detto il 4 febbraio il generale saudita, Ahmed al Assiri, anche se un intervento in Siria non sarebbe agevole. Le forze saudite dovrebbero entrare nel Paese da sud, dal confine giordano recentemente riconquistato dalle truppe fedeli ad Assad. Inoltre le forze di Riad non hanno dato buona prova sui campi di battaglia yemeniti e in Siria affronterebbero l’esercito di Assad, considerato oggi il più agguerrito e meglio addestrato al combattimento di tutto il mondo arabo (grazie a 4 anni di guerra) e ultimamente riequipaggiato da nuove forniture russe.

A Mosca la disponibilità saudita a intervenire in Siria è stata accolta con ironia. "Ho paura di chiederlo, ma nello Yemen hanno già sconfitto tutti i nemici?" ha detto sorridendo la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova.

Di fronte all’ipotesi di un attacco turco da nord e uno saudita (con anche truppe degli altri alleati del Golfo) da sud la reazione di Damasco non si è fatta attendere. Il ministro degli Esteri siriano, Walid al Muallim, ha ammonito che "ogni intervento di terra in territorio siriano, senza il permesso del governo, è un'aggressione di fronte alla quale sarà fatta resistenza. Faremo in modo che qualunque militare straniero venga rispedito nel suo Paese dentro una bara di legno".

Anche Teheran, alleato di ferro di Bashar Assad, ha ammonito i sauditi. "L'Arabia Saudita non dovrebbe osare l'invio di truppe di terra in Siria" ha dichiarato il Capo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, Generale Ali Jafari intervenendo ai funerale di sei pasdaran uccisi mercoledì ad Aleppo. "Non penso che oseranno ma se lo faranno, si autoinfliggeranno il colpo di grazia. In questa situazione - prosegue Jafari ripreso dall’agenzia Irna - lo scontro tra Russia, Turchia, Arabia Saudita, Siria e il possibile ingresso dell'America potrebbe scatenare una guerra regionale". Un’ipotesi non certo incredibile.