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EUROPA

Ue, ambasciatore di Cuore per una politica di polso

Il viceministro dell’Economia Carlo Calenda (fu protagonista del serial Cuore) è il nuovo rappresentante permanente dell'Italia in Ue. Di solito è un ruolo che spetta a un diplomatico di carriera. Il fatto che Renzi mandi un suo uomo di fiducia, indica che intende perseguire una politica più di polso. 

Editoriali 21_01_2016
Carlo Calenda

La nomina del viceministro dell’Economia Carlo Calenda a rappresentante permanente del nostro Paese presso l’Ue segna una svolta davvero cruciale nei rapporti tra il governo Renzi e la Commissione Europea, e quindi fra l’Italia e l’Unione. Si tratta di un ruolo equivalente a quello di un ambasciatore, che perciò era stato sin qui ricoperto da un diplomatico di carriera.

Adottando un criterio corrente in altre diplomazie (per esempio quella degli Usa) ma inusitato in Italia, Renzi invia invece a Bruxelles come ambasciatore non un diplomatico di professione ma una persona di sua stretta fiducia; e andando anche ben oltre l’esempio americano sceglie non un privato cittadino, seppur notabile, ma addirittura un ministro in carica del suo governo. Si tratta in pratica, a vantaggio del ministero dell’Economia, di un vero e proprio colpo di mano nei confronti dell’apparato del ministero degli Esteri, che viene così tagliato fuori dalla gestione dei rapporti con Bruxelles. Tali rapporti, che sempre meno si possono ritenere internazionali, erano sempre più spesso spunto di attriti fra i due ministeri. Ora Renzi ha evidentemente risolto il conflitto del tutto a favore del ministero dell’Economia. E sarebbe stato difficile un esito diverso anche tenuto conto del peso rispettivo che nel suo governo hanno i due ministri Padoan e Gentiloni.        

La scelta del viceministro Carlo Calenda (un passato di manager con incarichi nella Confindustria dei tempi di Luca Montezemolo e poi nel gruppo televisivo Sky) come nuovo “ambasciatore” italiano presso l’Ue è del tutto in linea con la politica nient’affatto accomodante nei confronti di Bruxelles che sempre più caratterizza il governo Renzi. Si tratta di una scelta che, come già avemmo modo di scrivere, in linea di principio è a nostro avviso pienamente condivisibile. Abbiamo alle spalle decenni di atteggiamento succube senza alcun giustificato motivo nei riguardi dell’”Europa” a causa di un complesso d’inferiorità che, al di là di tutto ciò che li divideva, Prodi e Berlusconi avevano in comune tra loro: quello secondo cui il Nord Europa atlantico è comunque migliore e più avanzato del Sud Europa mediterraneo. Per migliorare e per crescere l’Italia non deve perciò fare altro se non adeguarsi al Nord Europa atlantico in tutta la misura del possibile. E’ sostanzialmente a causa di questo complesso d’inferiorità (inevitabile in uno come Prodi, e invece  incomprensibile in uno come Berlusconi) che il nostro Paese ha accettato un cambio sfavorevole nel passaggio dalla lira all’euro, ed è stato a lungo incapace sia di tutelare in sede europea i propri legittimi interessi e sia di coagulare attorno a sé i Paesi membri mediterranei e danubiani, infine con vantaggio per l’intera Unione che ha sempre meno motivi per restare solamente “atlantica”.

Ciò detto si tratta poi di andare a vedere come Renzi stia dando forma alle sue buone intenzioni in materia, che pur da subito manifestò simbolicamente quando, appena entrato in carica come capo del governo, scelse Tunisi quale meta del suo primo viaggio ufficiale all’estero. Qui però, come dice il proverbio, casca l’asino. Non ci si può impegnare con efficacia in svolte di questo peso semplicemente a colpi di gite di un giorno a Bruxelles con conferenza stampa itinerante finale nei corridoi della sede della Commissione e veloce corsa all’aeroporto. E nemmeno con liti da spogliatoio con Juncker su chi sia il vero padre della “flessibilità”, e né tanto meno lasciando nel caso spinoso della Libia a cavare le castagne dal fuoco chi non è in grado di farlo. Una politica del genere richiede un progetto, un impegno e una stabile mobilitazione di energie da cui tra l’altro non è comunque ragionevole lasciar fuori la Farnesina; non solo per la capacità di impulso che può dare se viene coinvolta ma anche per la capacità di freno che può dispiegare se viene tagliata fuori.

C’è da augurarsi che il nuovo “ambasciatore” ed ex-viceministro Carlo Calenda - che da bambino interpretò il personaggio dello scolaro protagonista Enrico Bottini nello sceneggiato televisivo Cuore, diretto da suo nonno, il famoso regista Luigi Comencini – sappia ispirare in proposito a Matteo Renzi le chiare virtù e i buoni sentimenti che nel Cuore Enrico Bottini spargeva a piene mani.