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IMMIGRAZIONE

Una portaerei contro i barconi Siamo al ridicolo

Ha preso il via senza troppo clamore e con prospettive incerte la missione navale europea Eunavfor Med che dovrebbe contrastare i trafficanti di esseri umani che dalla Libia gestiscono i flussi di immigrazione clandestina verso l’Italia. La portaerei Cavour, ammiraglia della flotta, ha lasciato Taranto la scorsa settimana.

Editoriali 06_07_2015
La portaerei Cavour

Ha preso il via senza troppo clamore e con prospettive incerte la missione navale europea Eunavfor Med che dovrebbe contrastare i trafficanti di esseri umani che dalla Libia gestiscono i flussi di immigrazione clandestina verso l’Italia. La portaerei Cavour, ammiraglia della flotta, ha lasciato Taranto la scorsa settimana ed è stata affiancata da 2 navi tedesche (una fregata e un rifornitore), da una nave ausiliaria britannica e un velivolo da pattugliamento francese.

La flotta dovrebbe comprendere per ora un migliaio di marinai (ce ne sono 600 solo sul Cavour), 5 navi da guerra, 2 sottomarini (uno dei quali probabilmente italiano) e una dozzina di velivoli, inclusi i 2 elicotteri del Cavour che attualmente opera senza avere a bordo i cacciabombardieri AV-8B Harrier che già combatterono in Libia nel 2011. Per ora la missione è stata finanziata con 11,82 milioni di euro per i primi due mesi stanziati dalla Ue più 26 milioni messi a disposizione dal governo italiano integrando il decreto per le missioni all’estero. I fondi comunitari coprono i costi vivi delle navi impiegate nella missione ma non le spese per il personale che restano a carico dei singoli Stati che hanno aderito a Eunavfor Med: 14 in tutto anche se la gran parte forniranno contributi puramente simbolici. La fase iniziale di amalgama delle forze e di raccolta e condivisione delle informazioni d’intelligence dovrebbe durare tuto il mese di luglio per cominciare a inizio agosto il contrasto in alto mare ai trafficanti con la requisizione e distruzione dei barconi. Operazione che potrà avvenire, sempre se Bruxelles l’autorizzerà, intercettando i barconi in fase di consegna ai trafficanti, cioè “prima dell’uso”, o dopo aver soccorso i clandestini imbarcati.

Anche Eunavfor Med soccorrerà, infatti, gli immigrati come già fanno le missioni italiana Mare Sicuro e l’europea Triton anche se a Bruxelles precisano che non sarà quello il compito prioritario dell’operazione. Difficile però immaginare se Eunavfor Med potrà raggiungere la prevista “Fase 3” di contrasto ai trafficanti nelle acque e sul suolo libico perché la Ue si è legata le mani da sola chiedendo, come ha fatto Federica Mogherini l’11 maggio, alle Nazioni Unite il via libera all’intervento. L’Onu non solo non ha dato il permesso ma ha ribadito che occorrerà attendere la costituzione di un governo di unità nazionale in Libia, ammesso che un tale esecutivo prenda forma e autorizzi gli europei a colpire sul territorio libico. Impossibile essere ottimisti al riguardo. Venerdì il premier del governo di Tobruk, Abdullah Al Thani  ha affermato in un’intervista al quotidiano “Times of Malta” che i negoziati sotto l’egida dell’Onu potrebbero trascinarsi fino a dicembre, se non oltre, aggiungendo che il Congresso nazionale Generale (Gnc), il Parlamento di Tripoli che sostiene un governo islamista che dovrebbe controllare le aree da dove partono i migranti diretti in Italia, sta ostacolando il dialogo.

Se al-Thani ha ragione nella nostra ex colonia non verrebbe varato per ancora molto tempo nessun reale governo di unità nazionale per combattere con il supporto internazionale lo Stato Islamico (che sta dilagando nel Paese) e i trafficanti di esseri umani che inondano l’Italia di immigrati clandestini. Per intenderci, non ci potrà essere nessuna autorizzazione alla missione europea Eunavfor Med per colpire i criminali sul territorio e nelle acque libiche né ci si può aspettare che sia l’Onu ad autorizzare un intervento militare che metterebbe a repentaglio gli infiniti e inconcludenti colloqui tra le parti guidati da Bernardino Leon. Il rischio è quindi che, rispettando le decisioni del Palazzo di Vetro e le ambigue indecisioni dei libici, la flotta europea sia costretta a imitare Mare Nostrum limitandosi a raccogliere clandestini affondandone in seguito i barconi. In tali condizioni entro dicembre è lecito attendersi almeno altri 100 mila clandestini, superando così il record di 170 mila arrivi dell’anno scorso. Un’ulteriore conferma ulteriore che ogni ipotesi di opzione militare che non preveda l’immediato respingimento in Libia dei clandestini recuperati in mare finisce per fare il gioco dei trafficanti legati ai terroristi islamici e ridicolizza l’Italia e l’Europa incapaci persino di darsi un obiettivo militare credibile.

I “piani di battaglia” (per così dire) non prevedono infatti di distruggere le cosche di trafficanti ma solo di «interromperne il modello di business» contribuendo «a ridurre ulteriori morti in mare». Con un simile mandato, “mogheriniano” e politicamente corretto, non si impressionano di certo i criminali libici né si spiega ai militari cosa fare. Cosa significa «interrompere un modello di business»? E con quali strumenti lo possono fare i militari? Con le portaerei e le fregate lanciamissili? Più semplice invece interpretare il secondo obiettivo. Per ridurre le vittime dei naufragi è sufficiente che la flotta europea soccorra i clandestini e li trasporti in Italia, come è stato fatto finora. Il fallimento di Eunavfor Med, o peggio ancora la sua irrilevanza, rappresenterebbero l’ennesimo autogol di un‘Europa allo sbando, incapace di darsi linee guida comuni e coerenti e soprattutto di porsi come soggetto credibile e affidabile negli scenari internazionali. Un’Europa guidata da leadership pateticamente composte per lo più da dilettanti allo sbaraglio incapaci, dalla Grecia alla Libia, di risolvere crisi ed emergenze.

Il flop di Eunavfor Med demolirebbe quel poco che resta delle tante chiacchiere e del troppo inchiostro spesi sull’Europa della Difesa o addirittura sulle forze armate europee. Se trovasse conferma il vecchio adagio che vuole l’Europa «gigante economico, nano politico e verme militare» i danni sarebbero devastanti perché se le nostre portaerei vengono sconfitte dai ”barconi” islamici l’impatto, anche in termini mediatici, sarà quello di un’altra Lepanto, ma con esito opposto.