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INTERVENTO

Una riforma contro famiglie e lavoratori

Dobbiamo prendere atto che le concezioni di persona, società, libertà, sussidiarietà e soprattutto bene comune, che sottendono la riforma costituzionale Renzi-Boschi, nascono da una visione della società totalmente subalterna al “pensiero unico” neoilluminista.

Politica 13_11_2016

Pubblichiamo ampi stralci dell'intervento del presidente del Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl) alla manifestazione "Famiglie e lavoratori insieme per il NO alla riforma costituzionale" svoltasi a Roma ieri, 12 novembre.

Il Cardinal Bagnasco, al Consiglio permanente della Cei del 27 settembre scorso, ha detto: “lavoro e famiglia sono legati e costituiscono il tessuto connettivo della società e dello Stato”; e ne siamo tutti ben coscienti. Ma siamo ben coscienti anche che la riforma Renzi-Boschi è propedeutica alla definitiva destrutturazione della nostra società, proprio a partire dalla destabilizzazione dei suoi due cardini principali: la famiglia e il lavoro. 

Per questo è essenziale che famiglie e lavoratori, che costituiscono il primo fattore di sviluppo di ogni società giusta e libera, forte e prospera, lottino insieme per dire NO a questa riforma costituzionale: un NO forte e chiaro che deve essere sentito in tutta Italia! È questo il messaggio più importante della manifestazione di questa sera.

Non c’è bisogno che ricordi a questa assemblea quanto, al di là dell’ipocrisia delle belle parole, il governo Renzi ha già fatto contro la famiglia e contro il lavoro: noi tutti sappiamo molto bene con quale protervia il governo sia andato avanti, senza batter ciglio, nell’approvazione della legge Cirinnà, malgrado e contro la straordinaria mobilitazione di popolo del Family Day. 

Abbiamo tutti, sotto i nostri occhi, i risultati deludenti del cosiddetto Jobs Act: una riforma del lavoro “liquida”, di ispirazione neoliberista, basata su incentivi temporanei che, non appena sono stati dimezzati, ha registrato un crollo dei posti di lavoro. Il trend è tutto tranne che positivo: meno assunzioni e più licenziamenti rispetto ai primi otto mesi del 2015. E sono dilagati i voucher, nuova frontiera del peggior precariato. Infine, il Jobs Act non ha minimamente intaccato la disoccupazione giovanile, che continua a crescere ed è arrivata a quasi il 40%: il valore più alto dall’ottobre scorso. (…)

Tutto questo ci fa capire come dietro al confronto referendario non ci sono soltanto le modifiche di ben 47 articoli della Carta, ma c’è una specifica visione del futuro di questo Paese che non è la nostra e che respingiamo con forza. Una visione che vuole scardinare la famiglia e trasformare il primo articolo della Costituzione “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” in una vuota affermazione retorica.  

(…) Dobbiamo puntare all’essenziale. Non possiamo né vogliamo accogliere l’invito del Presidente emerito Napolitano a focalizzare l’attenzione esclusivamente sulle questioni di merito, cioè di stretta natura tecnico-giuridica. Si tratta di un invito fuorviante, formulato con tanta insistenza da lasciar intravedere il tentativo di occultare l’enorme valenza politica di questo referendum deviando l’attenzione dalla vera posta in gioco.

(...) Dobbiamo porci in una prospettiva prettamente popolare e antropologica-culturale che smascheri non solo la nuova idea di gestione politica dello Stato che si cela dietro la propaganda a favore della riforma, ma anche le nuove concezioni di persona, società, libertà, sussidiarietà e soprattutto bene comune che vi sono implicate. In ballo c’è molto di più di ciò su cui abbiamo sentito, sino ad oggi, dibattere e scontrarsi in televisione e sulla stampa. È questa la vera posta in gioco cui si riferisce il Cardinal Bagnasco; queste sono le “durature conseguenze” che dobbiamo attentamente valutare!

Se poi riflettiamo sul fatto che la prima ragion d’essere della riforma costituzionale - a quanto proclamano, ad ogni piè sospinto, Renzi ed i suoi - è proprio quella di inserire in Costituzione il massimo tasso possibile di “decisionismo” e di “efficientismo”, dobbiamo allarmarci ancor più!
Il decisionismo e l’efficientismo sono categorie tecniche, sono procedure e modalità operative: e vanno bene solo se tali restano. Ma non possono rappresentare, in alcun modo, la nostra visione politica di un sistema rappresentativo e costituire il punto di riferimento centrale per riscrivere la Costituzione senza determinare il pericolo concreto di una lunga notte della democrazia. Non possono essere usati - proprio quello che fa la riforma Renzi-Boschi! - come pretesto, per colpire, delegittimare, indebolire ed umiliare i valori della partecipazione e della rappresentanza: una deriva pericolosissima perché rappresentanza e partecipazione sono l’anima stessa della democrazia ed il massimo presidio della libertà, del rispetto e della promozione della persona.

Dobbiamo prendere atto che le concezioni di persona, società, libertà, sussidiarietà e soprattutto bene comune, che sottendono la riforma costituzionale Renzi-Boschi, nascono da una visione della società totalmente subalterna al “pensiero unico” neoilluminista: a quella “colonizzazione mediatico-culturale” che vuole costringerci tutti a pensare nello stesso modo; vuole imporci una “società liquida” dove si sfaldano i legami della famiglia, del lavoro, delle comunità; dove si perdono l’identità, i valori e le tradizioni del nostro popolo. Una società dove il popolo viene trasformato in massa: massa malleabile condizionabile e facilmente gestibile. Mentre le persone vengono ridotte a individui senza più radici e senza storia; vengono private di ogni punto di riferimento stabile: sia esso religioso, familiare o sociale. 

A questo punto è ben chiaro a tutti che l’inaccettabile tasso di decisionismo che questa riforma costituzionale vuole introdurre è chiaramente strumentale all’ imporre, con le buone o con le cattive e a tappe forzate, un drammatico processo di liquidificazione della società italiana.

Quanto questa analisi sia realistica ce lo sta a ricordare il disegno di legge Scalfarotto su omofobia e transfobia: un disegno di legge liberticida, un chiaro attentato alla libertà di pensiero e di espressione, che, già approvato dalla Camera, è ancora, fortunatamente, fermo al Senato. Già, proprio quel Senato che la riforma Renzi-Boschi vuole umiliare e ridurre a Camera di serie C e che, invece, in questa occasione, ha svolto un fondamentale ruolo di presidio democratico e di garanzia istituzionale.

Domandiamoci allora: se hanno avuto l’arroganza di arrivare a tanto con l’attuale Costituzione che cosa potranno fare quando saranno riusciti a “taroccarla” in senso decisionista ed efficientista? Dobbiamo mettere in conto, con realismo cristiano, che ove al referendum prevalesse il Sì il disegno di legge Scalfarotto diventerà legge a passo di carica e sarà seguito a ruota dall’eutanasia, dalle adozioni per gay e per single; dall’utero in affitto; dalla liberalizzazione delle droghe; dalla estensione della procreazione artificiale alle coppie gay ed ai single, ecc.

Questa sera non possiamo, comunque, limitarci a parlare solo della questione antropologica che pur è il punto primario e fondamentale del confronto/scontro con la logica del “pensiero unico”. Dobbiamo anche metter bene in chiaro che quel “pensiero unico”, di cui abbiamo finora ragionato, è permeato da una logica globale e totalizzante che aggredisce tutti gli ambiti della società.

È sempre da questo pensiero, dal pensiero unico, dalla sua visione mondialista, innervata di individualismo e di relativismo, che nascono i più pesanti fenomeni di destabilizzazione in campo etico, politico, economico e sociale e, più specificatamente, nel mondo del lavoro. 

La deriva antropologica; la destabilizzazione della famiglia e del lavoro; lo svuotamento della democrazia; la riluttanza per le elezioni a suffragio universale – con la riforma Renzi-Boschi si nominerà sempre di più e si eleggerà sempre di meno! -; il decisionismo oligarchico; l’ostilità contro i corpi intermedi; l’aumento delle disuguaglianze sociali; il dilagare della povertà con l’impoverimento del ceto medio; il predominio della finanza sull’economia reale; lo strabordare della finanza speculativa; lo smantellamento del sistema industriale soprattutto delle piccole imprese; la delocalizzazione selvaggia; la teoria (e la pratica) della crescita del profitto senza crescita dell’occupazione; lo svuotamento, progressivo, dello Stato sociale: sono tutti frutti dello stesso albero, quello del “pensiero unico”.

(…) Il nostro è il No di autentici riformisti e riformatori, è un No di uomini liberi che vogliono difendere la sovranità diffusa del popolo contro le élite accentratrici. Un No che sia la base per un diverso metodo di costruzione di un percorso di riforma della Carta, partecipato e non nelle mani dell’esecutivo. 

Non diciamo No per vendicarci di qualcuno, ma in forza del Sì profondo che abbiamo espresso con la nostra presenza qui. Non siamo certo noi ad aver personalizzato questa consultazione.

E se il referendum è un derby fra cinismo e speranza, caro Renzi, il cinismo è da un’altra parte! Qui c’è la speranza!