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LE PAROLE DEL PAPA

Uso e possesso di armi nucleari, il giudizio negativo non cambia

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In occasione dell'anniversario della Pacem in terris, Francesco ha ribadito la dottrina di sempre della Chiesa sull'uso e il possesso di armi nucleari. Che è di rifiuto, anche se per ragioni di difesa. Ecco perché. 

Ecclesia 21_09_2023

Ieri alla Casina Pio IV in Vaticano si è conclusa la Conferenza internazionale organizzata dall’Accademia delle Scienze Sociali e dall’Istituto di Ricerca sulla Pace di Oslo per commemorare il sessantesimo anniversario della pubblicazione della Pacem in Terris, enciclica di Giovanni XXIII.

Il Santo Padre ha inviato al Cardinale Peter K.A. Turkson, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, un suo messaggio. Ricordando un passaggio di un suo discorso tenuto a Hiroshima anni prima (Discorso al Memoriale della Pace di Hiroshima, 24 novembre 2019), Papa Francesco ha ribadito che «l'uso dell’energia atomica per scopi bellici è immorale, così come è immorale il possesso di armi nucleari». Un’affermazione pienamente condivisibile.

La Chiesa ritiene lecita la guerra difensiva a patto di rispettare alcune condizioni (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 2308-2309). Uno dei criteri è il seguente: «Che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione» (n. 2309). Il criterio richiama uno simile enunciato da Tommaso d’Aquino, proprio trattando della legittima difesa: «Un atto che parte da una buona intenzione può diventare illecito, se è sproporzionato al fine» (Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 7 c.).

Bene difendersi (ecco la buona intenzione), ma se usi strumenti per difenderti che provocano più danni che benefici la natura dell’atto diventa da “difendere” a “offendere”, da atto buono ad atto malvagio. In questo caso, se non ci sono alternative, meglio sopportare danni seppur ingiusti che arrecarne di peggiori: «Per ricorrere al metodo violento della guerra non è sufficiente il dovere di difendersi da qualsiasi ingiustizia. Quando i danni conseguenti alla guerra non sono confrontabili con quelli dell’“ingiustizia tollerata” [ossia sono superiori], si può avere l’obbligo di subire l’ingiustizia» (Pio XII, Discorso ai partecipanti alla XVI Sessione dell’Ufficio Internazionale di Documentazione di Medicina Militare, 19 ottobre 1953).

Le armi nucleari, a motivo della propria intima struttura, non possono rispettare questo principio di proporzione e dunque non potrebbero mai essere usate in una guerra difensiva. Infatti la particolarità delle armi nucleari sta proprio in questo: sono sproporzionate rispetto agli obiettivi ricercati, seppur buoni. La mancanza di proporzione si declina in due scenari. In primis  tali strumenti bellici non solo colpiscono obiettivi militari, ma il loro potere distruttivo implica la morte di un numero rilevantissimo di civili innocenti non solo nell’immediatezza dell’attacco, ma anche negli anni e decenni seguenti. Per non parlare della distruzione di case, fabbriche, scuole, infrastrutture, etc. In secondo luogo l’uso di queste armi costringerebbe il Paese attaccante e forse molti altri ad usare la stessa tipologia di armamenti potendo così innescare una escalation bellica nucleare di livello mondiale, tenuto conto dell’assetto geopolitico oggigiorno presente. Insomma si correrebbe il rischio che volendo incendiare un rametto di legno si finisca per incendiare un intero bosco.

Le armi nucleari risultano quindi uno strumento non consono alla difesa di un Paese. Infatti il Catechismo così commenta sul punto: «Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche, biologiche o chimiche» (n. 2314).

Di contro sarebbe invece lecito ad esempio colpire tramite armi convenzionali un obiettivo militare o civile ma di importanza militare (ad es. una centrale elettrica) anche nel caso in cui fosse certa la morte di alcuni civili innocenti, se ad esempio questo intervento  fosse in grado di contribuire in modo significativo a far cessare il conflitto e quindi ad impedire la morte di moltissime altre persone innocenti. La liceità sarebbe motivata da una parte dal fatto che la morte di quei civili innocenti sarebbe da considerarsi come effetti collaterali non voluti, morti tollerate, non direttamente cercate – e questo criterio potrebbe essere presente anche nell’uso di armi nucleari – e su altro fronte dal fatto che il numero di vittime innocenti debba rispettare il principio di proporzione (criterio non rispettato se si usano ordigni nucleari): tollero la morte non voluta di pochi per salvarne molti di più. Lo afferma, seppur indirettamente, anche Papa Francesco nel Messaggio appena menzionato: «Spero che una riflessione approfondita su questo tema porti ad un consenso sul fatto che tali armi [convenzionali], con il loro immenso potere distruttivo, non saranno impiegate in modo da provocare “lesioni superflue o sofferenze inutili”, per usare le parole della Dichiarazione di San Pietroburgo». Da ciò si evince, al contrario, che le armi convenzionali possono essere lecitamente usate qualora i benefici superino i danni, facendo sì che tali danni non siano inutili, non siano vani.

Nel suo Messaggio il Papa afferma che è immorale non solo l’uso di armi nucleari, ma anche il mero possesso. Affermazione corretta almeno per due ordini di motivi. Se l’uso è immorale e se il possesso è in vista dell’uso, ne discende che anche la detenzione è immorale. Se drogarsi è immorale, anche la detenzione di droga in vista della sua assunzione è contrario a morale. Gli atti preparatori a compiere il male sono malvagi anch’essi.

Il secondo motivo richiama ancora una volta il principio di proporzione. Anche qualora vi fosse mero possesso senza l’intenzione di usare mai le armi nucleari, bensì perseguendo il solo fine di incutere timore agli altri Paesi, il gioco non varrebbe la candela. Infatti così facendo si potrebbe spingere anche le altre nazioni ad accrescere il proprio arsenale nucleare per scopi di deterrenza, rilanciando all’infinito una corsa al riarmo che potrebbe poi sfociare in un conflitto nucleare. Non solo: l’investimento di ingentissime risorse economiche per la produzione di armi nucleari potrebbe sottrarre queste stesse risorse a bisogni del Paese più importanti ed urgenti.

Su questi due punti così si esprime il Catechismo: «L'accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti;  ostacola lo sviluppo dei popoli. L'armarsi ad oltranza moltiplica le cause di conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi» (n. 2315. Cfr. altresì Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 509; Giovanni Paolo II, Discorso al corpo diplomatico in occasione della presentazione degli auguri per il nuovo anno, 13 gennaio 1996, n. 7).

Analogamente Giovanni XXIII così scriveva nella Pacem in Terris: «Gli armamenti, come è noto, si sogliono giustificare adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze. Quindi se una comunità politica si arma, le altre comunità politiche devono tenere il passo ed armarsi esse pure. E se una comunità politica produce armi atomiche, le altre devono pure produrre armi atomiche di potenza distruttiva pari. In conseguenza gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile. Giacché le armi ci sono; […] non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico. […] Per cui giustizia, saggezza ed umanità domandano che […] si mettano al bando le armi nucleari» (nn. 59-60).