Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LA QUESTIONE

Vita, al Governo manca una strategia

Quest’anno la Giornata per la Vita arriva a stretto giro dall’infelice ordine del giorno con cui la maggioranza di centrodestra si è impegnata a non toccare la 194. Le contraddizioni a livello politico minano la stessa azione culturale, il cui fine è migliorare le cose proprio attraverso la politica. La prudenza è altro dall'indecisione sui principi e dalla mancanza di una prospettiva.

Editoriali 04_02_2023

Domenica 5 febbraio si terrà la Giornata per la Vita. Quest’anno la scadenza capita all’indomani di una infausta scelta politica sulla quale la Nuova Bussola è già intervenuta [QUI e QUI]. Il parlamento italiano, compresa quindi la maggioranza di governo, ha votato un ordine del giorno che blinda, blocca, surgela, crioconserva… - dite come volete - la Legge 194 che permette l’aborto di Stato nel nostro Paese. L’approvazione di quell’ordine del giorno rende quella legge intoccabile. Nelle settimane precedenti c’erano stati alcuni tentativi legislativi di modificarla da parte dei disegni di legge Gasparri (Forza Italia) e Menia (Fratelli d’Italia). Iniziative di questo genere non saranno più possibili, almeno in questa legislatura e a meno di un ripensamento della maggioranza difficile da prevedere. Si può dire che si tratta della scelta politica peggiore compiuta dopo l’approvazione della 194, sia perché ne blocca ogni modifica, sia soprattutto perché non lascia più aperta nessuna strada politica per la sua abolizione.

Anche questa volta i deputati e i ministri “cattolici” si sono adeguati. Nessuna valutazione negativa da parte dell’apparato ecclesiale, nonostante i vescovi abbiano scritto per questa Giornata per la Vita un documento non generico, come altri emessi negli ultimi anni, ma che ritorna a parlare di “cultura della morte”, un linguaggio wojtyliano di cui si erano perse le tracce [QUI]. Anzi, nel mondo cattolico attivo nella società civile sono emerse forti critiche a chi segnalava la gravità della scelta politica fatta.

Se questa volontà della nuova maggioranza fosse stata detta prima delle elezioni, certamente alcuni voti sarebbero mancati all’appello, tanti o pochi che fossero. La posizione assunta dalla maggioranza è quindi criticabile prima di tutto sul piano strettamente politico. Altre strade si potevano battere: opporsi e vincolare addirittura il voto con la fiducia, dissociarsi dalla mozione e rivendicare la propria libertà d’azione e così via. Si è scelto invece un atto impolitico, di rinuncia delle proprie prerogative. La maggioranza non ha detto la propria, ma ha accolto, pur limandolo, l’ordine del giorno dell’opposizione.

Ci sono state, dicevo, critiche cattoliche alle critiche mosse alla sciagurata decisione parlamentare. Per esempio, si è detto che la pubblica opinione del nostro Paese è a favore dell’aborto di Stato e, quindi, è nella società e nella cultura che si deve intervenire e non sul piano politico. Per intervenire con efficacia sulla cultura, però, occorre avere delle idee chiare da proporre. Tacendo sugli aspetti fondamentali del problema non si elabora nessuna cultura e non si incide. Che la 194 sia ingiusta e inaccettabile è un aspetto fondamentale del problema. Prescindendo da questo si può fare solo un’azione culturale indebolita e confusa. Se poi si dichiara che la 194 è ingiusta quando si fanno interventi culturali, come spiegare che non si dice più lo stesso quando si entra nel livello politico che, infine, è quello decisivo? I cattolici spesso dicono che la legge 194 è sbagliata ma che andrebbe meglio applicata. Con queste contraddizioni che azione culturale si pretende di fare? E poi: da quando l’azione culturale a difesa della vita si deve fermare nell’anticamera della politica, quando il suo scopo è proprio cambiare le cose tramite la politica? Vogliamo limitarci per sempre a vendere primule per la vita, contenti di così poco?

Un altro argomento sollevato è che oggi abbiamo un ministro per la famiglia tra i migliori che mai ci siano stati e una maggioranza di governo a favore della famiglia come mai prima. Le polemiche contro l’approvazione della mozione che blinda la 194 dividerebbero e indebolirebbero, favorendo gli avversari della vita. Ma al governo e al ministro della famiglia non si chiedeva di dichiarare la volontà di abolire la 194, si chiedeva che l’avessero in testa e nel cuore. Allora, occupandosi di quoziente familiare e di assegno unico, avrebbero saputo che si trattava di passaggi tattici importanti ma non strategici, perché la strategia vuole andare fino in fondo, vuole vincere la guerra e non solo qualche battaglia. Invece di perseguire strategicamente l’abolizione della 194 (anche senza dirlo) hanno finito per dichiarare che non intendono assolutamente abolirla. Quindi tutti i loro interventi tattici hanno rivelato la propria limitatezza di interventi tattici, privi di prospettiva. Vogliamo dire che abbiamo il ministro e il governo migliori per la vita che ci siano mai stati? Diciamolo, ma sul tema della vita mancano di prospettiva.

Un ultimo argomento è stato quello relativo alla prudenza. Data la situazione - si dice - cambiare la 194 vorrebbe dire peggiorarla; meglio allora lasciare le cose come sono e, come si è già visto, lavorare sulla cultura e sui piccoli passi. Ma la virtù della prudenza non comporta l’indecisione sui principi, la circospezione esasperata, la paura della lotta. Significa lavorare nelle situazioni per trarne il maggior bene possibile. Il maggior bene possibile, non l’applicazione, nei suoi supposti aspetti positivi, di una legge ingiusta.