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CINA

Zhejiang, giro di vite sui cristiani in vista del G20

Il Central Hospital di Wenzhou, provincia di Zhejiang, Cina orientale, la settimana scorsa ha affisso una nota molto ben visibile a personale e pazienti: ogni forma di attività religiosa è vietata. Ed è solo la punta dell’iceberg di una crescente repressione nella provincia che, fra due settimane, ospiterà il G20.

Libertà religiosa 23_08_2016
Zhejiang, incidente durante la rimozione di una croce

Il Central Hospital di Wenzhou, provincia di Zhejiang, Cina orientale, la settimana scorsa ha affisso una nota molto ben visibile a personale e pazienti: ogni forma di attività religiosa è vietata. La notizia ha del clamoroso e per questo ha fatto il giro del mondo. In Italia ne ha parlato l’agenzia Asia News. anche in un paese repressivo come la Cina, perché non solo punisce il proselitismo o la liturgia di chiese non riconosciute, ma anche la religione praticata in forma privata. Ed è solo la punta dell’iceberg di una crescente repressione nella provincia che, fra due settimane, ospiterà il G20.

Fra la Cina e la Santa Sede il clima è quello di un progressivo dialogo e distensione, una sfida che ha dei pro e molti contro, come La Nuova BQ ha scritto la settimana scorsa. Ciò non toglie che la repressione continui a colpire le comunità cristiane, soprattutto quelle protestanti, con provvedimenti che indirettamente colpiscono tutti, cristiani inclusi. La provincia di Zhejiang è ormai tristemente nota per la campagna di rimozione delle croci e demolizione delle chiese “troppo vistose”, ad essere colpite sono chiese sia cattoliche che protestanti. Il nuovo divieto non riguarda solo il Central Hospital di Wenzhou, di proprietà di una congregazione protestante, ma punisce la pratica religiosa in tutti gli ospedali della regione.

Come dichiara a Radio Free Asia un uomo del personale dell’ospedale “Le attività religiose non sono mai state incoraggiate, negli ospedali. Ma alcuni lo hanno fatto in silenzio, come è comprensibile che sia, considerando che siamo tutti qui a sostenere i pazienti”. Con le nuove regole, non solo i pazienti non potranno pregare, ma nessun prete o pastore potrà andare a trovarli. Niente preghiere individuali o di gruppo, niente messe, niente unzione degli infermi, nemmeno in punto di morte.

Il nuovo divieto colpisce una comunità cristiana locale già decimata dagli arresti. Il motivo ideologico di questa repressione è, anche ufficialmente, la paura che la religione possa scalfire la legittimità di un regime comunista e nazionalista al tempo stesso. La fede viene definita come “pericolosa infiltrazione di forze ostili occidentali sotto forma di attività religiose”, come dichiarano apertamente le autorità del Zhejiang. Ma questa è una costante. Mentre in quest’ultimo periodo si assiste a una escalation particolarmente rapida della repressione. Bob Fu, il fondatore di China Aid, associazione per la difesa dei diritti dei cristiani in Cina, dichiara a Radio Free Asia che “Il governo di Pechino sta innalzando il livello di persecuzione dei fedeli. Lo fanno nel nome del rispetto della legge, ma ora è evidente che vogliano anche trasformare le religioni, affinché tutte assumano un carattere cinese”.

Il motivo di tanto accanimento, in questo momento storico, è quasi certamente la riunione del G20 a Hangzhou, la capitale del Zhejiang. “Quando arriverai in Cina ed entrerai nella pittoresca città cinese di Hangzhou per partecipare al G20 dei prossimi 4 e 5 settembre – scrive la comunità degli uiguri (minoranza musulmana) in America sotto forma di lettera aperta ai delegati americani – sappi che nel frattempo si sta compiendo la peggior repressione dei diritti umani dai tempi del movimento democratico del 1989”. Gli uiguri ritengono che “I preparativi del summit di Hangzhou sono la replica delle operazioni di ‘pulizia’ e di ‘mantenimento della stabilità’ che precedettero le Olimpiadi di Pechino nel 2008 e i Giochi della Gioventù nel 2014 a Nanchino”. Sono citati almeno tre casi eclatanti negli ultimi tre mesi: a maggio è stato posto un divieto assoluto di celebrare messe domestiche in tutta la provincia dello Zhejiang, un uso diffuso soprattutto fra i protestanti locali. Il divieto delle messe casalinghe è motivato dalla legge che vieta “raduni illegali”. A giugno sono stati condannati i locali attivisti per i diritti umani Lu Gengsong e Chen Shuqing, a pene detentive di 11 e 10 anni e mezzo rispettivamente. “Termini smisurati rispetto alle colpe, un evidente tentativo di intimidire gli altri attivisti”. A luglio, Guo Enping, funzionario pubblico, è stato licenziato e incarcerato per 10 giorni per aver scritto parole “offensive” su social network: per aver espresso critiche sull’opera di “abbellimento” della città in vista del summit. 

Si sono dunque venuti a sommare due fattori particolarmente pericolosi: lo zelo delle autorità dello Zhejiang, promotrici della lotta alle croci e la loro urgenza di “ripulire” la provincia da ogni “minaccia” ideologica in vista del summit. E a pagare sono soprattutto i fedeli.