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EDITORIALE

Zitti, zitti, è già arrivata l'eutanasia

Le motivazioni della sentenza con cui un giudice cagliaritano ha ordinato di staccare le macchine che tenevano in vita Walter Piludu sono improntate all'autodeterminazione e all'inclusione dei trattamenti vitali tra le terapie che un paziente può rifiutare. È l'eutanasia, e agli stessi princìpi è improntato anche il testo che farà da base per le discussioni sulla nuova legge del fine vita.

Editoriali 09_12_2016
Walter Piludu

Zitti, zitti, mentre tutta l’Italia discute sui risultati del referendum costituzionale e sul futuro di Renzi, ecco che vengono compiuti altri passi in avanti per la legalizzazione dell’eutanasia. Il 5 dicembre, infatti, è stata resa nota la motivazione con cui il giudice ha ordinato di staccare le macchine che tenevano in vita Walter Piludu, politico sardo del Pci ed ex presidente della Provincia di Cagliari, malato di SLA che sette mesi fa aveva chiesto di essere lasciato morire. Piludu in effetti è morto il 3 novembre dopo la decisione del giudice.

Ora sappiamo anche le motivazioni, che pongono le basi per l’introduzione dell’eutanasia e che, ovviamente faranno giurisprudenza. Dice infatti il giudice tutelare del Tribunale di Cagliari, Maria Luisa Delitala, che «è un diritto rifiutare le cure e andarsene senza soffrire: sedati per non sentire ansia o dolore». Il giudice si rifà anche alla definizione di salute già nota nei documenti internazionali, affermando che essa «non è solo assenza di malattia ma uno stato di benessere psico-fisico», e quindi arriva a dire che «ha ragione Piludu di pretendere dai sanitari il distacco dei presidi medici compresa la ventilazione assistita».

Ci sarà modo di tornare su questa sentenza per analizzarla meglio, ma intanto vale la pena mettere in rilievo due princìpi stabiliti dal giudice: anzitutto l’autodeterminazione del paziente, previo consenso informato. Proprio il consenso informato diventa il criterio di interpretazione del tutto, perché una volta accertato che ci sia, «si può rinunciare alle cure anche se questo porta alla morte».

La seconda questione riguarda l’inclusione dei mezzi di sostegno vitale  (ventilazione, alimentazione, idratazione) tra le terapie che un paziente può rifiutare. Si tratta di un principio dalle conseguenze gravissime, e lo abbiamo visto già nel caso di Eluana Englaro: non si tratta affatto di evitare l’accanimento terapeutico, ma di introdurre di fatto l’eutanasia.

Curiosamente questi due princìpi sono contenuti anche nel testo unificato sul fine vita varato il 7 dicembre alla Camera dalle Commissioni Giustizia e Affari sociali. Si tratta di un testo che raccoglie le indicazioni di dieci diverse proposte di legge presentate alla Camera nei mesi scorsi. La crisi politica che si è appena aperta rende impossibile prevedere se questo disegno di legge possa andare avanti già nei prossimi mesi oppure si dovrà attendere una nuova legislatura; resta il fatto che anche nell’eventuale nuovo Parlamento il testo unificato sarà la base di partenza su cui discutere. 

È una ulteriore dimostrazione che la legge sul fine vita è concepita dalla maggioranza parlamentare soltanto come il primo passo verso la legalizzazione dell’eutanasia; per questo chiedere a gran voce una legge sul fine vita, come hanno fatto per tanto tempo i vertici della Chiesa italiana, è una scelta miope. Così come la storia italiana dimostra ampiamente, chi vuole l’eutanasia non considera l’introduzione del testamento biologico come un onorevole compromesso, ma solo come il primo passo verso l’obiettivo finale.