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GIUBILEO

Il Papa indica ai carcerati la vera libertà

Circa mille carcerati, provenienti in massima parte da prigioni italiane, hanno partecipato ieri al Giubileo dei carcerati. Nell'omelia il Papa insiste sulla possibilità di cambiare vita e di essere perdonati. Poi all'Angelus lancia un appello ai governi «per un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento». Il ministro Orlando: servono solo interventi strutturali.

 


- MA LA CEI HA ANCORA UN SENSO?, di Riccardo Cascioli

Ecclesia 07_11_2016
Appello ai governi per un atto di clemenza

All'Angelus che ieri ha concluso il Giubileo dei carcerati Papa Francesco ha chiesto alle «competenti Autorità civili di ogni Paese la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento». Una richiesta che ricalca quella che san Giovanni Paolo II fece durante il Giubileo del 2000 nella sua visita al Parlamento italiano.

A questo proposito il ministro della Giustizia Andrea Orlando, in un'intervista concessa al quotidiano Avvenire, ha spiegato che “la praticabilità politica di un provvedimento di clemenza è ardua: per l’amnistia occorrono i due terzi del Parlamento. Ciò detto, quando lo si è fatto in passato, la deflazione è durata poco. Servono interventi strutturali ed è ciò che stiamo facendo”. Anche sull'eventuale abolizione dell'ergastolo il ministro ha sottolineato che «finchè mafie e gruppi terroristici non saranno debellati, sia difficile pensare a un suo superamento».

In piazza c'erano anche i partecipanti alla marcia promossa dal Partito Radicale e intitolata a Marco Pannella e Papa Francesco, riuniti proprio per chiedere l'amnistia. 

Ma la giornata si era aperta con la Messa celebrata dal Papa davanti a circa 1000 carcerati provenienti sopratutto dall'Italia: ci sono detenuti dalle carceri dell'Ucciardone e da Opera, da Poggioreale e da Regina Coeli, dal ramo femminile di Rebibbia e da Cosenza. Qualcuno arriva dall'estero, da quei 12 paesi che hanno accettato di espatriare alcuni carcerati per farli incontrare con il pontefice.

«Cari detenuti», ha esordito il Papa durante l'omelia, «è il giorno del vostro Giubileo! Che oggi, dinanzi al Signore, la vostra speranza sia accesa. Il Giubileo, per la sua stessa natura, porta con sé l’annuncio della liberazione (cfr Lv 25,39-46). Non dipende da me poterla concedere, ma suscitare in ognuno di voi il desiderio della vera libertà è un compito a cui la Chiesa non può rinunciare». 

Papa Francesco ha ricordato ai detenuti, ma non solo, qual è quella vera libertà che libera davvero. «Io vi dico: ogni volta che entro in un carcere mi domando: “Perché loro e non io?”.  Tutti abbiamo la possibilità di sbagliare: tutti».  Ecco perchè bisogna imparare a stare in guardia, sopratutto contro «l’ipocrisia che fa sì che non si pensi alla possibilità di cambiare vita: c’è poca fiducia nella riabilitazione, nel reinserimento nella società. Ma in questo modo si dimentica che tutti siamo peccatori e, spesso, siamo anche prigionieri senza rendercene conto. Quando si rimane chiusi nei propri pregiudizi, o si è schiavi degli idoli di un falso benessere, quando ci si muove dentro schemi ideologici o si assolutizzano leggi di mercato che schiacciano le persone, in realtà non si fa altro che stare tra le strette pareti della cella dell’individualismo e dell’autosufficienza, privati della verità che genera la libertà».

Per abbracciare questa verità, questa consapevolezza del peccato che incatena, occorre partire dalla considerazione che  «nessuno davanti a Dio può considerarsi giusto (cfr Rm 2,1-11). Ma nessuno può vivere senza la certezza di trovare il perdono!  (…) Non cadiamo nella tentazione di pensare di non poter essere perdonati. Qualunque cosa, piccola o grande, il cuore ci rimproveri, «Dio è più grande del nostro cuore» (1 Gv 3,20): dobbiamo solo affidarci alla sua misericordia». Torna così il cuore del Giubileo che il prossimo 20 novembre si concluderà a Roma, e cioè quella misericordia divina che ci precede e ci attende. Per liberarci dalla menzogna del peccato, riaprendo strade di speranza autentica. 

«Dove alla violenza si risponde con il perdono», ha concluso il Papa, «là anche il cuore di chi ha sbagliato può essere vinto dall’amore che sconfigge ogni forma di male. E così, tra le vittime e tra i colpevoli, Dio suscita autentici testimoni e operatori di misericordia». Come ha ricordato Daniel, romano, entrato in carcere a 17 anni, e che nella sua testimonianza ha detto che proprio in carcere ha sperimentato «la misericordia di chi mi ha aiutato e ho imparato anch'io ad aiutare gli altri».