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Il vescovo belga pro-eutanasia si scomunica da solo

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Mons. Johann Bonny è in disaccordo con il magistero sul fine-vita e più in generale con gli assoluti morali. Posizione che automaticamente lo pone fuori dalla comunione con la Chiesa. Ma vige una sorta di "impunità sinodale".

Editoriali 12_10_2023 English

Mentre l’associazione Faim2Vie ha organizzato una massiccia mobilitazione (13-15 ottobre), su tutto il territorio francese, da Lille a Bastia, per sensibilizzare il popolo francese sulla posta in gioco di una prossima legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito, poco più in là del confine nord-orientale un vescovo rema contro, aprendo una pericolosa breccia nella più grande istituzione che si oppone all’uccisione di malati e fragili: la Chiesa cattolica.

Anziché sostenere le 13 associazioni professionali francesi, 800.000 nomi e cognomi, che stanno cercando di richiamare il governo Macron a non procedere con una legge immorale e omicida, il Vescovo di Anversa, Mons. Johan Bonny ha pensato bene di manifestare al mondo la sua apertura all’uccisione di innocenti.

In un’intervista del 28 settembre al quotidiano belga La Libre Belgique, Mons. Bonny, senza alcuna vergogna, ha mostrato il pelo del lupo occultato (ma neanche troppo) dal suo manto di agnello: «Saremo sempre a favore delle cure palliative e sosterremo sempre il rispetto della vita, ma mi rammarico che il Vaticano sostenga che l'eutanasia è sempre un male intrinseco, indipendentemente dalle circostanze». Un’affermazione che fa a pugni con la logica, prima che con la morale. Come si fa ad essere sempre a favore della vita e delle cure palliative, se in alcune circostanze si è d’accordo ad infliggere la morte?

Essere sempre a favore della vita significa respingere qualsiasi atto che provochi la morte di un innocente. Significa dunque sostenere che procurare la morte di un innocente, cooperarvi o approvarla è sempre un atto malvagio. Esattamente quello contro cui Mons. Bonny si scaglia, contraddicendo se stesso e bisticciando con la logica più elementare.

Continua il Vescovo di Anversa: «Tutte le domande meritano risposte specifiche alla situazione: un giudizio morale deve sempre essere dato in relazione alla situazione specifica, alla cultura, alle circostanze e al contesto». E fa un esempio: «Ci saranno sempre casi in cui bisogna pronunciarsi contro il desiderio delle persone di morire troppo presto. Ma bisogna anche riconoscere che la richiesta di un quarantenne per l'eutanasia non è lo stesso della richiesta di un novantenne affetto da una malattia terminale». Chissà perché i novantenni possano essere uccisi e i quarantenni no.

È chiaro che quando Bonny parla di un giudizio morale relativo ad una specifica situazione non lo intende nel senso corretto, ossia che la vita morale ha sempre a che fare con situazioni caratterizzate da un insieme circostanze singolari; da cui l’importanza della virtù della prudenza. Egli intende molto chiaramente che non si danno atti che siano sempre da rifiutare, abbracciando così in pieno quell’ ”etica della situazione” condannata dal Sant’Uffizio nel 1956 e più solennemente respinta dall’enciclica Veritatis Splendor, §§ 81-82.

Mons. Bonny vuole prendere tutti per il naso quando afferma che la condanna dell’eutanasia come atto intrinsecamente cattivo sia una posizione del Vaticano; come a dire che la Segreteria di Stato avrebbe emanato una norma ad uso dei cittadini dello Stato del Vaticano... Mentre invece che l’uccisione volontaria diretta di un innocente sia un atto intrinsecamente malvagio appartiene alla Rivelazione, ed è perciò de fide credenda. Quanto alla condanna dell’eutanasia, essa è certamente de fide tenenda, in quanto verità intimamente connessa con il quinto comandamento, e dev’essere perciò accolta in modo pieno e irrevocabile.

Lo chiariva esplicitamente la Nota dottrinale del 1998 che spiegava la Professio Fidei: nell’enciclica Evangelium vitæ, «confermando che l’eutanasia è “una grave violazione della legge di Dio”, il Papa dichiara che “tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale”» (Nota, 11). È per questa stretta connessione con il dato rivelato che la Nota indicava questa verità come appartenente alle verità espresse nel secondo comma della Professio Fidei, ossia a quelle verità che esigono «assenso fermo e definitivo». La Nota precisava altresì che «chi le negasse, assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica».

Dunque, Mons. Bonny semplicemente non è più in comunione con la Chiesa cattolica. È certamente curiosa la tempistica che egli sa scegliere per fare interventi che rovesciano la dottrina morale. Quando il Sinodo tedesco era entrato in una certa empasse a causa della tensione con le Congregazioni romane, Mons. Bonny andava a dare man forte, rivelando che in Belgio le coppie irregolari si benedicono ed il Papa è d’accordo; cosa purtroppo vera, stante il contenuto della lettera che il Papa ha inviato ai Cardinali dei dubia. Il Responsum del 2021 è semplicemente carta da riciclare.

Adesso, incipiente Synodo, il Vescovo di Anversa replica la sua performance: non esistono assoluti morali; l’eutanasia si può fare, a seconda delle circostanze. E anche questa volta nonostante la recente Lettera Samaritanus Bonus della Congregazione per la Dottrina della Fede, approvata dal Papa, affermi chiaramente «che l’eutanasia è un crimine contro la vita umana perché, con tale atto, l’uomo sceglie di causare direttamente la morte di un altro essere umano innocente». E ribadiva che siccome «la definizione di eutanasia non procede dalla ponderazione dei beni o valori in gioco, ma da un oggetto morale sufficientemente specificato» essa «è un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione o circostanza». E pertanto, «qualsiasi cooperazione formale o materiale immediata ad un tale atto è un peccato grave contro la vita umana (…). L’eutanasia è un atto omicida che nessun fine può legittimare e che non tollera alcuna forma di complicità o collaborazione, attiva o passiva. Coloro che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito si rendono, pertanto, complici del grave peccato che altri eseguiranno. Costoro sono altresì colpevoli di scandalo perché tali leggi contribuiscono a deformare la coscienza, anche dei fedeli».

Oltre a essere fuori della comunione cattolica, dunque, Mons. Bonny, cooperando formalmente con l’eutanasia, ossia sostenendone la liceità in alcuni casi, è complice di omicidio e di scandalo dei fedeli. Ce n’è abbastanza perché sia scomunicato.

Come se non bastasse, Bonny sceglie di polverizzare l’esistenza del Magistero della Chiesa, auspicando un libero esame delle Scritture; per lui l’insegnamento definitivo della Chiesa non è affatto definitivo, perché spetterebbe all’intelligenza di ciascuno stabilire il senso del comandamento “Non uccidere”: «Dio conta sulla nostra intelligenza per comprendere correttamente la sua parola». Al che viene in mente la risposta che Merry diede a Pipino a Gran Burrone: «Ma così ti autoescludi, Pipino».
 



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