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L’asse franco-tedesco

La sinistra europea usa i migranti contro il governo Meloni

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Sbarchi incontrollati a Lampedusa mentre Francia e Germania chiudono le frontiere, lasciando all'Italia la patata bollente. Una situazione che fa comodo a chi vuole indebolire un esecutivo, come quello italiano, considerato "sovranista". Non si può parlare di complotto, ma di ipocrisia di Bruxelles certamente sì.

Politica 15_09_2023

Gli italiani che assistono agli sbarchi incontrollati a Lampedusa reagiscono con preoccupazione e anche con un moto di stizza. Tanto più quando apprendono che Francia e Germania chiudono le frontiere e se ne infischiano delle difficoltà che il nostro Paese sta vivendo in queste ore sul versante migranti. Chi non ama questo governo è portato a scaricare su Premier e ministri le responsabilità di questa disfatta. Da anni non c’erano così tanti arrivi di immigrati sulle nostre coste e quindi sono in tanti a giudicare negativamente la linea morbida adottata dalla Meloni, che certamente quando era all’opposizione diceva cose un po' diverse sul tema.

Ma si sa che quando si sta a Palazzo Chigi bisogna mediare ed evitare incidenti diplomatici che possano danneggiare il Paese su altri versanti. La responsabilità di governo richiede anche questi compromessi. Ma ciò non vuol dire che sia giusto subire gli affronti di Bruxelles senza rimarcare le responsabilità di chi a parole dice di voler lavorare per l’Europa unita e anzi si batte formalmente per questo, incaricando perfino un ex Premier italiano di elaborare una strategia sulla competitività, ma poi fa di tutto per mettere i bastoni tra le ruote al governo italiano in carica.

Il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, non va troppo per il sottile: «Quello di Francia e Germani è un atto di guerra, c’è una regia criminale dietro». Più che altro sarebbe opportuno che qualcuno raccontasse agli italiani perché dalla Tunisia continuano a partire migliaia e migliaia di disperati, nonostante due mesi fa sia stato firmato il Memorandum che prevede l’erogazione “immediata” alla Tunisia di 150 milioni di euro per salvare le disastrate casse dello Stato nordafricano e di 105 milioni indispensabili per bloccare le sue frontiere. Nelle sedi istituzionali europee i politici e i burocrati della sinistra europea stoppano l’erogazione di questi fondi, che il governo di Tunisi infatti non ha mai ricevuto. Morale: senza quei fondi, come spiegano da Palazzo Chigi, la Tunisia non può pagare gli stipendi agli agenti della Guardia Nazionale e delle altre forze di sicurezza chiamate a far rispettare gli accordi stipulati con l’Italia. Sarebbe come dire a qualcuno: “Ti regalo l’auto ma poi non ti do le chiavi per accenderla”.

Servono a poco, dunque, gli accorati e giusti appelli della Meloni affinchè si fermino le partenze dagli Stati d’origine. La macchina europea della gestione dell’emergenza migranti non si è mai seriamente attivata perché i socialisti europei vogliono fermare l’ascesa delle forze popolari e conservatrici verso il trionfo alle prossime elezioni europee. Se Stati come la Francia e la Germania vengono meno alla parola data, rimangiandosi i solenni accordi del recente passato sulla redistribuzione, non c’è alcuna sollevazione da parte dei vertici Ue, che in fondo godono per questa situazione che mette in serie difficoltà un governo “sovranista” come quello italiano. Peraltro anche Stati come Spagna e Grecia si defilano impunemente quando si tratta di accogliere migranti provenienti dalla Turchia o dal Marocco.

E allora viene il sospetto che gettare nel caos la Tunisia possa servire, nelle menti diaboliche di chi governa l’Europa, per indebolire il governo Meloni e favorire un recupero nei sondaggi da parte di quelle forze di sinistra che temono la disfatta alle elezioni europee della prossima primavera. L’asse franco-tedesco, per quanto claudicante su tanti fronti, ha l’ambizione di realizzare questo disegno. Ma è difficile che possa riuscirci, a meno di cataclismi di qui a maggio dell’anno prossimo, considerata la debolezza anche economica di Francia e Germania (soprattutto di quest’ultima) e le divisioni tra le diverse anime della sinistra europea.

Sferrare l’offensiva nei confronti di Palazzo Chigi, come accadde nel 2011 all’epoca del governo Berlusconi, appare utopia, perché i rapporti di forza si sono rovesciati: quell’esecutivo era debole a causa del tradimento di Gianfranco Fini e degli attacchi giudiziari al Cavaliere proprio mentre l’asse franco-tedesco era molto solido; ora è l’esatto opposto perché l’esecutivo Meloni ha il vento in poppa nonostante qualche scossone mentre la guida di Bruxelles vacilla. Vacilla talmente tanto che la Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen ha chiamato Mario Draghi come consulente dell’Ue per elaborare un rapporto sulla competitività. Giorgia Meloni ha subito espresso soddisfazione e si è detta convinta che per l’Italia il ritorno di Draghi possa essere una buona notizia.

Non sappiamo se il premier italiano abbia fatto buon viso a cattivo gioco, visto che qualcuno ha voluto leggere in questa nomina di Draghi una sorta di tentativo di offuscare la sua leadership. Si vedrà. Sicuramente i socialisti europei si giocano tutto nei prossimi mesi e ne sono consapevoli. Che ci sia un complotto contro l’Italia non è dimostrato, ma certo è che l’ipocrisia di Bruxelles, dei francesi e dei tedeschi nei confronti del nostro Paese ormai si taglia a fette. E “Super Mario”, che non ha mai digerito di non essere diventato Presidente della Repubblica, da questo punto di vista rappresenta un’incognita.



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