Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Zita a cura di Ermes Dovico
IL CASO ATLANTE

Ma le banche non sono soltanto finanza

Si chiama Atlante, ma non è una raccolta di carte geografiche. É una nuova entità finanziaria (un fondo promosso dal governo con risorse private per il settore bancario) che prende il nome dalla mitologia greca. Compito di questa nuova società sarà quello di acquisire dalle banche i cosiddetti crediti deteriorati, cioè non onoratii. 

Editoriali 17_04_2016
Nasce Atlante, il salvabanche

Si chiama Atlante, ma non è una raccolta di carte geografiche. É una nuova entità finanziaria (un fondo promosso dal governo con risorse private per il settore bancario) che prende il nome dalla mitologia greca: Atlante sarebbe stato costretto da Zeus a tenere sulle spalle l'intera volta celeste per essersi alleato con Crono che guidò la rivolta contro gli dei dell'Olimpo. Atlante è così anche il simbolo di una fatica immane, una fatica che supera ogni immaginazione perché non è certo facile tenersi sulle spalle il mondo.

É un nome, quindi, che è quasi una provocazione e una sfida. Il compito che attende il novello Atlante è, infatti, particolarmente gravoso  e di complessa attuazione. Cerchiamo allora di vedere quali sono le caratteristiche di questa nuova realtà. Atlante è in pratica una nuova società finanziaria il cui capitale, cioè il patrimonio con cui potrà operare sul mercato, sarà messo a disposizione dal sistema bancario, soprattutto dai grandi istituti, dalla Cassa depositi e prestiti (la banca che gestisce il risparmio postale e che è controllata dal ministero del Tesoro e dalle fondazioni bancarie), dalle assicurazioni e da altre società finanziarie. Compito di questa nuova società sarà quello di acquisire dalle banche i cosiddetti crediti deteriorati, cioè quei contratti con cui sono stati concessi crediti alle imprese e alle famiglie, crediti che non sono stati onorati soprattutto a causa della crisi economica degli ultimi anni. Non si tratta di piccole cose: si parla di crediti lordi per 360 miliardi che appesantiscono i bilanci e l'operatività oltre che l'immagine stessa del sistema bancario. 

Inoltre, Atlante potrà partecipare agli aumenti di capitale che alcune banche in gravi difficoltà, come la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, hanno dovuto varare per rimediare alle gravi perdite degli ultimi anni frutto di una gestione tutt'altro che efficiente. Uno dei problemi di fondo che Atlante dovrà affrontare sarà quello della valutazione di questi crediti incagliati, crediti che gli esperti chiamano "non performing loans", rimediando a una decisione per lo meno affrettata compiuta dal governo nell'autunno scorso. Quando si è trattato di salvare i quattro istituti di credito in stato fallimentare (Banca dell'Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara) il governo ha approvato un decreto con cui le attività delle banche venivano affidate a nuovi istituti di credito valutando i crediti in sofferenza poco più del 20 per cento del loro valore. In pratica, un credito verso una società di un milione veniva valutato 200 mila euro. 

A questo prezzo i crediti sono stati ceduti a fondi specializzati nelle riscossione, fondi che puntano ovviamente a un guadagno mandano a buon fine l'operazione di recupero con una quota che probabilmente non arriva al 100%, ma che può essere decisamente superiore al 20%. Come primo obiettivo quello di Atlante dovrebbe quindi essere quello di dimostrare al mercato che i crediti deteriorati delle banche possono valere molto più il 20% del loro valore nominale, almeno il doppio il che riporterebbe gli oneri del sistema bancario a livelli ben più gestibili. Il secondo obiettivo è quello di dimostrare che il sistema bancario italiano è veramente solido e capace di rispondere con le proprie risorse ai problemi strettamente congiunturali. Il terzo obiettivo è quello di creare una rete di sicurezza che ridia fiducia agli operatori interni e internazionali.

Le vicende di queste ultime settimane stanno peraltro dimostrando come sia stata molto velleitaria la politica del governo che ha ritenuto di risolvere i problemi del credito costringendo le grandi banche popolari a trasformarsi in società per azioni e mettendo sotto tutela le piccole banche di credito cooperativo. La crisi ha investito le banche gestite male, legate a interessi politici e personali, incapaci di affrontare le onde della crisi indipendentemente dal modello e dalla struttura della società. Le riforme sono state solo l'espressione di una logica strettamente finanziaria, la stessa logica che è il vero tallone di Achille del nuovo fondo di salvataggio. 

È, infatti, parziale e limitato guardare al problema dei crediti deteriorati solo come a un problema finanziario o tutto al più giudiziario. Si tratta, infatti, di un problema legato all’operatività delle imprese, alla loro gestione, alla necessità di far loro superare un momento di difficoltà. A una impresa che ha un debito che non riesce ad onorare andrebbe offerto prima di tutto un aiuto reale, una consulenza, un supporto operativo, un’alleanza industriale, per tornare ad essere operativa e capace di produrre utili. Non saranno gli strumenti finanziari, per quanto sofisticati siano, a risollevare il sistema economico e il sistema del credito in particolare. Più si allenta il legame tra le banche e l’economia reale più si getta sabbia negli ingranaggi dell’economia. Ma c’è qualcuno che ancora si illude che sarà la finanza a salvare il mondo. Forse è l’ora che faccia un ripasso di letteratura, di storia, di economia e di buon senso.