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indiscrezione

Riforma del conclave: a renderla credibile è il dogma sinodale

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Fuga di notizie sulla volontà del Papa di rivoluzionare l'elezione – e gli elettori – del successore, con modalità ispirate a quelle del Sinodo. E con segnali che parlano più delle smentite.

Ecclesia 08_11_2023 English

Riforma del conclave: si o no? Da quando, sabato 4 novembre, Diane Montagna ha lanciato sul quindicinale statunitense The Remnant la notizia che il Papa, in stretto contatto con il cardinale gesuita Gianfranco Ghirlanda, starebbe concretamente pensando ad una rivoluzionaria riforma del conclave, è tutto un correre di smentite e contro-smentite.

Nello stesso giorno, anche The Pillar riferiva la stessa cosa. Ma già domenica 5 novembre arrivava la smentita della Sala Stampa vaticana, ed il giorno successivo era il turno del cardinale Ghirlanda in persona, il quale, raggiunto via email da LifeSiteNews, replicava: «prima della sua email, non avevo alcuna notizia sulla riforma del Conclave che lei menziona». E definiva «assolutamente falsa» la notizia che girava in rete. Stessi toni con l’emittente americana EWTN (vedi qui): «Non ne so nulla e qualsiasi mia implicazione a riguardo è pura bugia».

Ma nella giornata di ieri è stato il blog Messainlatino ad incalzare: «Le nostre fonti non concordano con Ghirlanda, il quale dovrebbe essere più prudente a rilasciare frettolose affermazioni onde evitare il rischio di essere smentito nell’eventualità qualcuno abbia copia dei documenti allo studio...». Ed anche Marco Tosatti ha ricevuto conferma da un suo “alto” contatto: «La notizia di una iniziativa da parte di Jorge Mario Bergoglio in quella direzione è vera. Anche se probabilmente adesso la fuga di notizie ne ha reso più difficile il cammino futuro».

Ma quali sarebbero i punti critici di questa riforma? Anzitutto le Congregazioni generali, dalle quali verrebbero esclusi i cardinali over 80. È chiaro che queste congregazioni sono particolarmente importanti, perché già in esse si iniziano ad identificare eventuali candidati, se ne discutono qualità e difetti, se ne valuta l’opportunità in un dato momento storico. Il n. 7 della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che regola la modalità di elezione del Papa, prevede infatti che «alle Congregazioni generali devono partecipare tutti i cardinali non legittimamente impediti, non appena sono informati della vacanza della Sede Apostolica»; mentre invece i cardinali che hanno già compiuto l’80° anno di età nel momento in cui la Sede apostolica resta vacante, a norma del n. 33, non possono partecipare alle votazioni per il nuovo Papa. È altresì previsto che questi cardinali possano, se lo ritengono opportuno, anche astenersi dal partecipare alle Congregazioni generali.

Vi sarebbe poi un’ulteriore modifica in stile sinodale: in sostanza, la sessione plenaria delle Congregazioni generali verrebbe sostituita da gruppi più piccoli, guidati da un moderatore, sulla falsa riga appunto del recente Sinodo. In sostanza, il corpo cardinalizio verrebbe smembrato e si renderebbe così difficoltoso un confronto franco, che coinvolga tutti i cardinali, finendo per rivestire di un singolare potere i moderatori dei singoli gruppi.

Infine, la rivoluzione più stravagante riguarderebbe gli aventi diritto al voto. L’indiscrezione appare qui particolarmente precisa: il 75% dei votanti rimarrebbe appannaggio dei cardinali elettori, mentre il restante 25% sarebbe formato da laici e religiosi, uomini e donne, scelti dal Papa uscente, prima della vacanza della Sede.

La notizia, ad avviso di chi scrive, appare assai probabile. Anzitutto, perché non è propriamente un fulmine a ciel sereno. Nel libro-intervista El pastor: Desafíos, razones y reflexiones de Francisco sobre su pontificado, uscito nel marzo di quest’anno e pubblicato in traduzione italiana il 24 ottobre scorso, con il titolo Non sei solo. Sfide, risposte, speranze, il Papa già aveva parlato della modifica dell’elezione del suo successore: «Di fatto, potrei emettere un decreto che modifica i requisiti per entrare nel conclave e permettere di partecipare a un vescovo che non è cardinale. Dal punto di vista dogmatico non ci sarebbero problemi». Il Papa dunque ci ha già pensato, limitandosi all’ammissione di vescovi non cardinali. Ma, secondo la fonte di Diane Montagna, sarebbe proprio Ghirlanda ad insistere per allargare ulteriormente il diritto di voto anche a non vescovi.

Da notare quel «potrei». Data la delicatezza della questione, ci si sarebbe aspettata una modalità espressiva che lasciasse intendere che una decisione sul tema dovrebbe coinvolgere tutti i cardinali, essere ponderata in modo oculato, chiamando in causa storici, canonisti e teologi. Invece il Papa ha tagliato corto con un «potrei emettere un decreto»: il Papa sono io e decido io.

Da questa concezione assolutistica del potere papale segue la seconda caratteristica che rende credibile la notizia tanto discussa: Francesco prende decisioni importanti solo con i suoi fedelissimi, debitamente selezionati. La fedeltà di Ghirlanda al capo è stata messa alla prova a lungo, con una serie sconfinata di gestione di commissariamenti ordinati dall’alto. La sua nomina a cardinale è stata al contempo il merito della sua fedeltà, ma anche l’investitura per una nuova e più importante missione. Un po’ come per Tucho Fernández. Da notare inoltre la tempistica perfetta: il quadriennale cammino sinodale della Chiesa è il paravento ideale dietro il quale si nasconde una modalità di esercizio del potere che sinodale non è. E non lo è mai stato.

Se si considerano solo i motu proprio (esclusi dunque i decreti) dei suoi, fino ad ora, dieci anni di pontificato, Francesco ne ha emessi ben 51. Una enormità, se si pensa che nei ventisette anni di pontificato di Giovanni Paolo II se contano solo 29, e negli otto anni di Benedetto XVI, 13. Francesco ama governare un po’ come l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a suon di DL e DPCM. E lo fa sempre nello stesso modo: consultando e promuovendo i suoi personali “esperti”, senza rivolgersi a quelle istituzioni che nella Chiesa esistono proprio per consigliare il Pontefice e supportarlo nella sua opera, senza creare strappi e contraddizioni. Dunque, anche sotto questo punto di vista, la notizia appare come assai credibile.

Terza e ultima “prova di credibilità”: Francesco ha già mostrato di non avere troppi scrupoli nel rovesciare le carte in tavola. La sua recente repentina decisione di far votare dei non vescovi in un Sinodo di vescovi, ne è la prova. Una decisione a gara iniziata, che ha modificato quanto egli stesso aveva stabilito nella Costituzione Apostolica Episcopalis Communio (2018). Il tutto pretendendo che si affermasse la forzatura logica per cui una tale assemblea di vescovi e non vescovi debba continuare a chiamarsi Sinodo dei vescovi.  Siamo perfettamente nella linea di quel “io posso” di cui sopra.

Conferme di fonti anonime, tre indizi credibili, nessuna prova. Staremo a vedere.