Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Pascasio Radberto a cura di Ermes Dovico
LA STORIA

«Aiutatemi, cerco il vecchio che mi ha donato il respiro»

Lui è Mario Sberna, leader dell'Associazione Famiglie Numerose; l'altro è un anziano senza nome. Entrambi ricoverati Covid a Brescia. «Mi sono affidato a Dio, sicuro che non ce l'avrei fatta, improvvisamente staccano l'ossigeno a lui per darlo a me. Dopo poco, lo portano via. Non ho mai saputo chi fosse e se ora sia vivo o no. Abbandono terapeutico? Vorrei saperlo, devo la mia vita a quel "sacrificio" non deciso da lui». L'intervista all'attivista cattolico che confida i timori sulle derive eutanasiche denunciate dai geriatri: «C'era un barbone, ma per lui il letto in reparto non si liberava mai...».

ASSEMBRAMENTI DI SERIE A di S. Magni

Attualità 04_06_2020

«Aiutatemi a ritrovare l’80enne grazie al quale sono salvo. Ditemi se è anche lui è vivo o se invece non ce l’ha fatta». È un accorato appello quello che Mario Sberna lancia dalle colonne della Nuova Bussola Quotidiana dopo aver raccontato al Corsera di essere vivo grazie «all’ossigeno tolto a un 80enne» durante il suo ricovero alle prese col Covid.

Ex deputato di Democrazia Solidale, nome apprezzato del mondo cattolico bresciano, Sberna è una conoscenza della Nuova BQ. È lui, assieme alla moglie Egle, ad aver fondato e a guidare tuttora l’Associazione Famiglie Numerose e in questi anni i lettori hanno conosciuto le sue battaglie politiche per la famiglia naturale.

Ma questa volta le sue parole arrivano per raccontare il dramma personale vissuto a marzo quando è stato risucchiato dal virus, che lo ha letteralmente imprigionato tra la vita e la morte per diversi giorni.

Ricoverato, Sberna è rimasto qualche giorno nella lavanderia dell’ospedale lombardo, utilizzata nei giorni più tragici della pandemia come astanteria prima dell’ingresso in reparto. Una situazione precaria, e igienicamente compromessa, a differenza del reparto dove invece «sembrava di essere al Tonale». Ma in quel limbo di dolore, uno stanzone anonimo e precario al piano terra e all’esterno dell’edificio principale, Sberna ha un ricordo che adesso è un desiderio: «Ritrovare quell’uomo».

Sberna, ci racconti meglio.
Erano le 4 di mattina, ero nella branda senza fiato, la saturazione bassissima e non avevano bombole da darmi.

Finite?
Anche a me sembra incredibile che non ci fossero bombole a disposizione, ma questo è. Sono rimasto in quell’astanteria/lavanderia per quattro giorni. La notte del 15 marzo, domenica notte, avevo già affidato la mia anima al buon Dio.

Temeva di morire?
Sì. Ero ormai convinto, ho pregato Dio, è stato straziante, avevo molta paura: ti passa la vita davanti, ti affidi unicamente alla Sua volontà. Il resto sono lacrime senza fiato, sono il pensiero dei figli e di tua moglie. “Se proprio vuoi… – dicevo – però non mi abbandonare”.

Sono le parole di Gesù sulla croce…
Non ti esce altro… ma improvvisamente sento qualcuno che mi “strattona”.

Chi è?
Un’infermiera. Inizia a urlare: “Ossigeno! Ossigeno!”. L’altro infermiere parte dalla scrivania e si precipita non verso di me, ma in fondo allo stanzone.

Che succede?
Si avvicina alla brandina di un paziente e gli toglie la mascherina dal volto; gli porta via la bombola d’ossigeno. Poi viene verso di me. Sostituiscono la mascherina e l’attaccano alla bombola: ora respiro.

E il poveretto?
Resta lì, quasi immobile piegato su un fianco, sembra non accorgersi di nulla.

Era anziano?
Sì, ma non riuscivo a distinguere il suo volto, anche se il capannone era illuminato, ero comunque a una decina di metri da lui. Però era parecchio anziano, magro.

Che succede dopo?
Io inizio a respirare meglio, dopo circa cinque o sei minuti arriva l’ambulanza. Il vecchietto dalla branda passa a una barella, lo caricano e sparisce alla mia vista.

Dove lo avranno portato?
Guardi, io non lo so, ma non mi dava l’impressione che stesse andando in reparto.

Perché?
Perché è stato tutto troppo veloce, erano le 4 di notte e i trasferimenti in reparto li vedevo di mattina e sera, mica notturni.

Teme che non ce l’abbia fatta?
Temo di sì, ma non ne ho la certezza e per questo vorrei sapere che fine ha fatto.

Perché?
Perché vorrei conoscere il nome di chi mi ha salvato la vita, anche senza saperlo e senza volerlo.

Che cosa teme?
Vede… Indipendentemente dalle sue condizioni, la fretta con cui gli è stata tolta la bombola dell'ossigeno mi ha impressionato.

Perché?
Perché è traumatico, perché so che cosa vuol dire non avere fiato anche solo per pochi secondi e sentirsi improvvisamente privare dell’ossigeno non è una bella sensazione.

Lui anziano, lei più giovane. Nelle linee guida degli anestesisti il “fattore etàè stato un criterio di decisione su chi salvare. C'è stato un rischio di abbandono terapeutico?
Ho letto anche le osservazioni dei geriatri sulle derive eutanasiche. Penso che quell'infermiere abbia preso la decisione che riteneva giusta in quel momento: una persona ha bisogno di ossigeno, non ho bombole per tutti, la tolgo a chi penso stia meglio. Però qualche minuto dopo, quell'anziano senza bombola è stato portato da qualche parte.

Forse lo stavano portando in reparto…
Me lo auguro, vorrei saperlo, dato che sono tornato a respirare grazie a lui. Ma quando io sono salito in reparto mi hanno tenuto la maschera e le bombole anche in ambulanza, perché a lui no?

In generale che gestione ha visto degli anziani?
Ho visto grandi professionalità, non c’è che dire, ma qualche aspetto di abbandono l’ho intuito …

Ad esempio?
C’era un barbone del nostro dormitorio, un barbone che frequentava la Mensa della San Vincenzo di Brescia.

Sì?
Era in dormitorio da una settimana prima di me, ho chiesto all’infermiera perché per lui non si era ancora liberato un posto.

E lei?
Mi ha risposto: “Questo lo teniamo qui”.

Che risposta è?
Appunto, che risposta è? C’è un ordine? E qual è?

In un certo senso lei è stato graziato da qualcun altro…
Ma quel qualcuno non ha scelto di dare la sua vita per me. Gesù ci ha chiamato amici perché ha dato la vita per noi, quell’uomo non aveva deciso, ma evidentemente qualcosa ha fatto si che io potessi sopravvivere grazie a quella bombola di ossigeno di cui lui era stato privato. E adesso vorrei tanto sapere come è andata a finire per lui.