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DOPO L’ASSOLUZIONE

Barbarin, il cardinale innocente farà il cappellano

L’ormai arcivescovo emerito ha salutato con una Messa la diocesi di Lione e ricordato il “lungo calvario” giudiziario che lo ha visto assolvere in appello dall’accusa di aver coperto gli abusi di Preynat. Ora Barbarin, bistrattato dal laicismo ma amato dai fedeli, farà il cappellano dalle Piccole Sorelle dei Poveri per riscoprire la sua vocazione, che è “quella di essere un prete”.

Ecclesia 10_07_2020

Nell’ultima domenica di giugno ha celebrato la Messa di “arrivederci” a quella che è stata la sua diocesi per quasi 18 anni. Philippe Barbarin arrivò a Lione che aveva appena 51 anni, un anno prima di diventare il più giovane cardinale di Francia. Si è accomiatato dalla cattedra che fu di sant’Ireneo all’età di 69 anni, ancora giovane per gli standard ecclesiali ma segnato duramente dalla battaglia legale da cui è uscito vincitore con un’assoluzione in appello rispetto all’accusa di omessa denuncia di abusi.

A causa delle restrizioni anti-Covid, la partecipazione alla cerimonia è stata consentita soltanto ai 350 fedeli che sono riusciti ad assicurarsi un posto nella Cattedrale di San Giovanni Battista. Durante la sua omelia, Barbarin non ha potuto fare a meno di ripercorrere la vicenda giudiziaria che lo ha travolto a partire dal marzo del 2016. “Quattro anni difficili”, definiti “un lungo calvario” sopportato grazie alle “preghiere, le attenzioni e le gentilezze” di molte persone che il porporato ha voluto ringraziare. “Indubbiamente - ha detto l’ormai arcivescovo emerito - ho dovuto sopportare questa sofferenza e farla mia davanti ai tribunali, ma allo stesso tempo sapevo di non essere solo”.

L’assoluzione della Corte d’appello di Lione è arrivata a gennaio, ribaltando la sentenza di primo grado che lo aveva condannato a sei mesi con la condizionale per omessa denuncia. La giustizia francese ha riconosciuto che il cardinale non coprì Bernard Preynat, l’ex prete reo confesso di violenze sessuali - su più di 70 minori - avvenute tra il 1971 e il 1991 e quindi in un periodo nettamente antecedente all’insediamento (2002) di Barbarin a Lione. Per i magistrati della Corte d’appello, l’arcivescovo non aveva l’obbligo di denunciare gli abusi del pedofilo nel momento in cui Alexandre Hezez, una delle vittime, gliene parlò nel 2014. La Corte, infatti, ha respinto la tesi del carattere continuativo del reato di omissione, sostenuta dalle parti civili e ha ravveduto una mancanza di vulnerabilità della vittima nel momento in cui rivelò i fatti a Barbarin. Inoltre, dal momento che nel 2014 il reato principale era caduto in prescrizione, i giudici lionesi hanno stabilito che non esisteva l’obbligo di denuncia da parte di chi ne veniva a conoscenza.

Ma al di là delle motivazioni prettamente giuridiche che hanno portato all’assoluzione, bisogna considerare l’aspetto morale della vicenda: il cardinale, infatti, ha sempre contestato qualsiasi accusa di omertà, persino gridando in aula la sua innocenza: “Non ho mai cercato di nascondere, tantomeno di coprire questi fatti orribili!”. Una volta raccolta la testimonianza di Hezez, Barbarin si adoperò immediatamente, scrivendo una lettera alla Congregazione per la Dottrina della Fede per chiedere lumi sul da farsi e, ottenuto il via libera da Roma, non esitò a sospendere Preynat dal servizio pastorale. E questo sebbene - come ha ricordato il porporato durante il processo - “fossero passati 24 anni dai fatti e i reati fossero prescritti” e sebbene dal 1991 in poi non ci fossero state più lamentele sul conto del pedofilo.

Nel caso Preynat, quindi, uno dei tanti esempi di quella “sporcizia che c’è nella Chiesa” denunciata nella Via Crucis del 2005 dall’allora cardinal Ratzinger, chi ha sbagliato non è certo l’ex primate delle Gallie che arrivò a Lione soltanto nel 2002 e non si fece problemi ad intervenire non appena ne ebbe la possibilità. La presunzione d’innocenza, giustamente invocata da papa Francesco in una domanda specifica rivoltagli su questa vicenda, è stata la grande assente nei giudizi di quella parte dell’opinione pubblica transalpina a cui il prelato nato in Marocco divenne particolarmente sgradito ai tempi della sua partecipazione attiva alla stagione della Manif pour tous. Negli anni del calvario giudiziario, l’allora premier Manuel Valls, contro il cui governo si riempirono le piazze della Manif, non perse l’occasione per una vendetta contro l’integerrimo cardinale finito nel tritacarne mediatico: “Se questo dibattito riguardasse il preside di una scuola, che cosa avremmo detto? Saremmo stati implacabili”, disse il socialista usando il vessillo del giustizialismo e invitando l’altro ad “assumersi le proprie responsabilità, parlare e agire”.

Barbarin si è assunto anche responsabilità che non aveva e - dopo una prima rinuncia successiva alla sentenza di condanna in primo grado, respinta dal pontefice - si è dimesso dall’incarico pastorale, da innocente. Questa volta il papa ha accettato la richiesta del cardinale che dopo l’assoluzione ha trascorso un periodo di ritiro spirituale nell’Abbazia di Santa Maria della Resurrezione di Abu Gosh, in Terra Santa. Il passo indietro fatto “per il bene della Chiesa di Lione” non ha cancellato l’affetto nei suoi confronti dei fedeli cattolici e di tutti quelli che lo hanno apprezzato in questo quasi ventennio di guida pastorale. Per salutare la sua partenza è stato aperto un sito Internet (“Merci Cardinal”) nel quale sono state raccolte le testimonianze d’affetto di centinaia di persone, comprese quelle del rabbino capo di Lione, Richard Wertenschlag, e di Azzedine Gaci, rettore della moschea Othmane di Villeurbanne.

Nel futuro di questo porporato non ancora settantacinquenne, però, non c’è alcun incarico a capo di un’altra diocesi: Barbarin, infatti, ha detto di voler riscoprire la sua “vera vocazione” che è “quella di essere un prete”.  Da questo mese, quindi, si trasferirà nella casa generalizia delle Piccole Sorelle dei Poveri di Saint-Pern per svolgere le funzioni di semplice cappellano, oltre a riprendere l’attività d’insegnamento nel vicino seminario di Rennes.

Durante il suo mandato episcopale, Barbarin si è conquistato la stima e la riconoscenza delle comunità cattoliche d’Oriente per il suo costante sostegno ai cristiani - a rischio estinzione - del posto. Secondo l’arcivescovo di Rennes, Pierre d’Ornellas, “è probabile” che in futuro il porporato “venga inviato in missione dal Vaticano, specialmente tra i cristiani orientali”. Il calvario giudiziario e la gogna mediatica toccate ad una delle ultime figure di peso dell’episcopato transalpino, intanto, danno l’idea di come la Francia ci appaia sempre meno “figlia prediletta della Chiesa”.