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LO SCENARIO

Di Maio lascia la guida 5 Stelle, de profundis per il governo

La decisione di Di Maio di lasciare la guida politica dei 5 Stelle è la riprova dell’agonia che stanno vivendo i grillini e conferma il disorientamento delle forze politiche che sostengono il governo. Zingaretti aveva annunciato lo scioglimento del Pd. Ora i 5 Stelle perdono il loro leader politico.

Politica 23_01_2020

Le dimissioni erano nell’aria. Ma che arrivassero alla vigilia di un importante appuntamento elettorale nessuno se lo aspettava. Luigi Di Maio getta la spugna e lascia la guida del Movimento Cinque Stelle, forza politica ormai al tracollo e trasformatasi nel tempo in un contenitore indistinto di correnti, gruppi e sottogruppi animati solo dalla smania di occupare poltrone.

La decisione di Di Maio, che rimane comunque Ministro degli esteri, è la riprova dell’agonia che stanno vivendo i grillini e conferma il disorientamento delle forze politiche che sostengono il governo. Nei giorni scorsi il segretario del Pd, Nicola Zingaretti aveva annunciato lo scioglimento del Pd. Ora i 5 Stelle perdono il loro leader politico, sempre più messo in discussione negli ultimi mesi a causa delle sonore sconfitte elettorali e della diaspora di parlamentari e quadri dirigenti, tanto al centro quanto in periferia. L’altro azionista di maggioranza, Matteo Renzi, rimane in alleanza ma con tanti distinguo e continua a pungolare ogni giorno Pd e Cinque Stelle praticamente su ogni tema. Non si può certamente parlare di un cartello coeso di forze unite da un programma e da una visione comune. Anzi, la spallata decisiva potrebbe arrivare proprio domenica dalle urne.

Fa specie, infatti, che chi sta al governo, proprio nell’imminenza delle elezioni regionali in Calabria ed Emilia Romagna, anziché serrare le fila e lanciare la sfida alle forze di opposizioni, batta in ritirata e scappi da qualsiasi responsabilità. Il governo Conte da mesi tira a campare, vivacchia, si esercita in funambolici annunci ai quali non seguono i fatti, e rinvia le decisioni più scabrose per paura di dividersi in fazioni.

L’uscita di scena di Di Maio non coincide con il de profundis all’esecutivo, ma potrebbe accelerarne la fine. La cosa secondo alcuni accadrà anche prima degli Stati generali pentastellati convocati per la metà di marzo, e che dovrebbero rifondare il Movimento.

«Non ci penso neppure a mollare - ha detto ai suoi Di Maio - Mi fido di chi verrà dopo di me. La nuova fase dei Cinque Stelle si aprirà con gli Stati generali. Basta pugnalate, basta fuoco amico». Tentano di minimizzare il suo gesto sia il premier Giuseppe Conte («Prendo atto della decisione di Di Maio. E’ stato tirato per la giacchetta. Mi dispiace dal punto di vista personale»), sia Nicola Zingaretti («Non ci saranno ripercussioni sul governo. Mi dispiace anche perchè si è avviato un processo politico e per i Cinque stelle si apre una nuova fase. Bisogna costruire un nuovo centro-sinistra anche con loro»).

Di tutt’altro tenore le reazioni delle opposizioni. Il più caustico è Silvio Berlusconi: «Di Maio scappa perché non vuole intestarsi la nuova sconfitta elettorale in Emilia Romagna e Calabria. La gente ormai ha capito che i Cinque Stelle sono finiti in quanto persone incompetenti e animate solo da odio e invidia sociale».

Per Fratelli d’Italia «siamo alle comiche finali, il governo non durerà, ci vogliono elezioni anticipate». Matteo Salvini, durante uno dei suoi comizi di ieri in Emilia Romagna, ha attaccato Beppe Grillo: «Io non me la prendo con Di Maio che ha 33 anni ma con il signor Grillo che ha portato alla fine dei Cinquestelle, non so se per motivi politici o personali. Perché questa è la fine dei M5s, che hanno abbracciato il Pd, partito dei poteri forti, delle banche e dei potenti».

Di Maio sarà sostituito provvisoriamente come capo politico grillino dal membro anziano del comitato di garanzia Vito Crimi, come previsto dallo statuto M5s, in vista degli Stati generali di marzo. Ma il Movimento rimane una polveriera pronta ad esplodere dopo la prevista debacle alle regionali di domenica. Pure a Roma si percepiscono scricchiolii, con Virginia Raggi sindaco “dimezzato” e isolato, praticamente scaricato dalla metà della delegazione pentastellata al Campidoglio.

Forse ha ragione il sindaco di Parma, l’ex grillino Federico Pizzarotti: «Il 2020 sarà l’anno della fine dei Cinque Stelle, che verrà accelerata dal voto di domenica prossima in Emilia Romagna».