Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Pascasio Radberto a cura di Ermes Dovico
LA MANO DI STELLA

Eugenetica e Pma, quando i tappi servono un fine cattivo

A Casale Monferrato e in altri comuni dell’Alessandrino si sta diffondendo una raccolta di tappi di plastica per sostenere un’associazione che promuove la Pma e chiede, con l’appoggio della “Luca Coscioni”, la diagnosi preimpianto gratuita. Ma il Movimento per la Vita non ci sta e ricorda che ciò comporta la selezione eugenetica e il sacrificio di migliaia di embrioni.

Vita e bioetica 29_11_2019

Nella società post-cristiana in cui viviamo non bisogna dimenticare che c’è beneficenza e beneficenza, nel senso che non tutti gli enti che si presentano come benefici sono in realtà ordinati al rispetto della dignità umana. Non si tratta solo delle grandi organizzazioni internazionali come per esempio Unicef e Save the Children, che sostengono contraccezione e aborto, ma anche di piccole realtà locali che magari mischiano attività moralmente illecite con altre lecite.

Prendiamo il caso di una nuova associazione di Casale Monferrato (provincia di Alessandria), «La mano di Stella», che promuove la fecondazione artificiale, altrimenti detta procreazione medicalmente assistita (Pma), ed è inoltre volta, come si legge sulla sua pagina Facebook, a «sensibilizzare sul diritto alla diagnosi preimpianto pubblica per i genitori portatori di malattie genetiche che sognano una famiglia!». L’associazione, fondata nel 2018 da una coppia sposata, chiede l’inserimento della diagnosi preimpianto nei Lea (livelli essenziali di assistenza), così da metterne i costi a carico del Servizio sanitario nazionale, portando avanti tale appello insieme all’Associazione Luca Coscioni. Ma facciamo un passo indietro per capire da dove nasce questa volontà dei suoi fondatori, i coniugi Cindy e Francesco Di Martino.

La Stella che dà il nome all’associazione è una piccola vissuta fuori dal grembo materno per 35 giorni, che ha lasciato questa terra l’11 agosto 2017. Era nata con una rara patologia genetica ereditaria, il rene policistico autosomico recessivo (ARPKD), che interessa in media un bambino su 40.000 (vedi Orphanet) e di cui mamma Cindy e papà Francesco sono entrambi portatori sani. «I suoi reni - si legge su periodofertile.it - avevano le dimensioni di quelli di un adulto, 11 cm in un corpicino di 40, e questo aveva compromesso lo sviluppo dei polmoni. Si è cercato di salvarla ma senza arrivare all’accanimento terapeutico. Quando si stava per arrivare a quel punto la sua mamma e il suo papà l’hanno potuta tenere in braccio per la prima volta e insieme accompagnarla per quel lungo viaggio…».

La patologia della bimba era stata diagnosticata a sei mesi di gravidanza, «la soluzione dei medici era stata quella dell’aborto terapeutico» (che “terapeutico” non lo è mai), ma i genitori avevano avuto la forza di resistere all’idea di abortirla, proteggendo la vita di Stella. «Sentivo che la bimba si muoveva, che rispondeva se mettevo la musica, non volevo toglierle la possibilità di sopravvivere, né passare la vita a chiedermi se ce l’avrebbe potuta fare. Desideravo che potesse almeno lottare», raccontava la madre nel 2018. Dunque, prima la gioia grande dell’essere genitori, poi il dolore lancinante della perdita di una figlia.

La reazione a quel dolore è stata l’idea di eliminarlo dall’orizzonte, cioè di far sì che non si ripeta. Cindy e Francesco, da portatori sani dell’ARPKD, hanno il 25% di probabilità di trasmettere la malattia a un loro possibile altro figlio. «La diagnosi preimpianto è per noi l’unica soluzione», dice la madre di Stella in un video a proposito della tecnica che si accompagna alla fecondazione artificiale e consiste nell’analisi di alcune cellule di un embrione con l’obiettivo di non impiantare nell’utero gli embrioni eventualmente affetti da malattie genetiche o alterazioni cromosomiche. La tecnica è ritenuta molto accurata ma esiste una possibilità di errore pari a circa l’1%.

Oggi La mano di Stella, che ha anche adito le vie legali per chiedere all’Asl di assumersi i costi della diagnosi preimpianto (da circa 5.000 a 10.000 euro), persegue i suoi obiettivi promuovendo la raccolta di tappi di plastica, in collaborazione con un’azienda specializzata nel riciclo. A tal fine a Casale Monferrato e in altri comuni in provincia di Alessandria si stanno diffondendo diversi punti raccolta, e di recente 80 chili di tappi sono arrivati addirittura dalla Sardegna: il ricavato dalla vendita dei tappi viene poi destinato all’acquisto di attrezzature per il punto nascita dell’Ospedale Santo Spirito di Casale e specialmente, come si legge su una locandina dell’associazione, «per sostenere i genitori malati genetici nel loro percorso di diagnosi preimpianto».

Il Movimento per la Vita di Casale ha fatto notare il problema di fondo dell’associazione, e quindi della stessa raccolta di tappi a suo sostegno, ricordando sul settimanale diocesano che «Santa Teresa di Calcutta dice che i più poveri e più piccoli sono gli embrioni che vengono sacrificati». Infatti, La mano di Stella scrive in modo edulcorato che la diagnosi preimpianto «permette di “accantonare” gli embrioni con problemi», ma questo “accantonamento” equivale a scartare gli embrioni ritenuti imperfetti - vite umane, ognuna delle quali già unica e irripetibile - che finiscono per essere congelati o, presto o tardi, a essere lasciati morire perché le strutture non possono permettersi di crioconservarli in eterno: in tutti i casi si tratta di calpestare la dignità infinita dell’essere umano, che viene usato come un mezzo, e di avallare l’eugenetica.

Le probabilità che si pretenderebbe di tenere sotto controllo rischiano tra l’altro di rientrare dalla finestra perché, sebbene la percentuale di ‘errore’ sia minima, nemmeno la diagnosi preimpianto - come ogni altra tecnica diagnostica - è infallibile. Né lo è, a maggior ragione, la fecondazione artificiale nel suo complesso, che al di là della sua illiceità morale prolunga i dolori di chi pur di avere un figlio vi fa ricorso, risultando nella gran parte dei casi inefficace: basti ricordare i dati dell’ultima relazione annuale del Ministero della Salute, secondo cui nel 2017 sono stati 13.973 i bimbi nati vivi su un totale di 97.888 cicli iniziati di Pma, cioè poco più del 14% di riuscita.

Tutto questo si associa a maggiori rischi per le donne (in primis la sindrome da iperstimolazione ovarica) e per l’esito stesso della gravidanza, dal momento che la produzione della vita in laboratorio si lega a un maggior numero di aborti spontanei, malformazioni, patologie e nascite di bambini prematuri, paradossalmente coloro che l’associazione di Casale vorrebbe aiutare. La natura presenta insomma il conto, se non se ne accettano i limiti. La Pma è quindi un problema, non certo la soluzione; e che nello specifico la diagnosi preimpianto sia sbagliata non ce lo dicono meri ragionamenti ma la stessa realtà. Solo nel 2017 sono stati scartati, passando per essa, 522 embrioni (che arrivano a molte decine di migliaia se si considerano gli interi cicli di Pma per quell’anno), che equivale a dire che a 522 bambini come Stella è stato impedito dalla volontà dell’uomo di venire alla luce.

Proprio la vita di Stella, che ha arricchito quella dei suoi genitori e di chi l’ha conosciuta, sta lì a testimoniare la menzogna alla base della diagnosi preimpianto. Ricordandoci che il figlio non è mai un diritto, ma sempre un dono, fatto a immagine e somiglianza di Dio, in cui ogni dolore trova il suo senso ed è capace, se offerto a Lui, di generare un bene più grande. Come ricorda l’esempio della Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo (1984-2012), che - persi i primi due figli poco dopo il parto - così scriveva in una lettera al terzogenito, Francesco, per il suo primo compleanno:

«[…] Qualsiasi cosa farai avrà senso solo se la vedrai in funzione della vita eterna. Se starai amando veramente te ne accorgerai dal fatto che nulla ti appartiene veramente, perché tutto è un dono; come dice San Francesco: “Il contrario dell’amore è il possesso”. Noi abbiamo amato i tuoi fratelli Maria e Davide e abbiamo amato te, sapendo che non eravate nostri, che non eravate per noi e così deve essere tutto nella vita: tutto ciò che hai non ti appartiene mai, perché è un dono che Dio ti fa, perché tu possa farlo fruttare. Non scoraggiarti mai figlio mio, Dio non ti toglie mai nulla, se toglie è solo perché vuole donarti tanto di più. Grazie a Maria e Davide noi ci siamo innamorati di più della vita eterna ed abbiamo smesso di avere paura della morte, dunque Dio ci ha tolto, ma per donarci un cuore più grande ed aperto ad accogliere l’eternità già in questa vita [...]».