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LA VEGLIA DI CRACOVIA

Francesco ai terroristi: "Tornate sulla via del bene"

Nella chiesa di San Francesco il Papa prega per le vittime del terrorismo e agli autori delle stragi chiede la conversione del cuore. Parole che riecheggiano nella spianata del campus misericordiae dove il Pontefice è stato accolto con testimonianze da 1 milione e 500mila ragazzi. Uno dei quali, Rand, siriano, ha raccontato della tragedia della guerra. Da qui l'invito del Papa a lasciare un'impronta di Gesù nel mondo e a non avere una fede "da divano". 

 

-DIARIO DA CRACOVIA di Luca Fornaciari
-GALANTINO E IL MISTERO DI SODOMA, di Riccardo Cascioli

Ecclesia 31_07_2016
L'arrivo al Campus Misericordiae

La parola tanto attesa da condannare, terrorismo, è comparsa nel pomeriggio nella chiesa di San Francesco di Cracovia dove si conservano le reliquie dei due martiri francescani Zbigniew Strzalkowski e Michal Tomaszek, uccisi dai guerriglieri di Sendero luminoso il 9 agosto 1991 a Pariacoto, in Perù, e beatificati il 5 dicembre 2015.

Martiri, anche loro come padre Jacques Hamel, di una follia cieca ed ideologica. Papa Francesco ha dedicato alla follia del terrorismo che sta insanguinando l'Europa e il Medio Oriente davanti alle loro spoglie, pregando per la conversione dei cuori e per le vittime. Ha trascorso la penultima giornata della Gmg di Cracovia in Arcivescovado e prima di recarsi al Campus misericaordiae ha fatto una sosta nella chiesa dei francescani dove ha pronunciato la preghiera per la pace e la difesa dalla violenza e dal terrorismo. "O Padre, allontana dal mondo l’ondata devastante del terrorismo, riporta l’amicizia e infondi nei cuori delle Tue creature il dono della fiducia e della disponibilità a perdonare". 

Francesco non ha dimenticato "i cuori dei terroristi, affinché riconoscano il male delle loro azioni e tornino sulla via della pace e del bene, del rispetto per la vita e della dignità di ogni uomo, indipendentemente dalla religione, dalla provenienza, dalla ricchezza o dalla povertà".

In serata si è portato al campus misericordiae dove ad attenderlo c'erano 1 milione e 500mila ragazzi, tre dei quali hanno offerto la loro testimonianza prima dell'intervento del Papa. Uno di questi, Rand, proveniente dalla Siria ha parlato del suo Paese martoriato dalla guerra. Un intevento che ha toccato molto il Pontefice, che ha iniziato le sue parole della veglia proprio da dove le aveva finite il giovane siriano.

"Rand ci ha chiesto di pregare per il suo paese. Che cosa c’è di meglio che iniziare la nostra veglia pregando?", ha detto considerando come "veniamo da diverse parti del mondo, da continenti, paesi, lingue, culture, popoli differenti. Siamo “figli” di nazioni che forse stanno discutendo per vari conflitti, o addirittura sono in guerra. Altri veniamo da paesi che possono essere in “pace”, che non hanno conflitti bellici, dove molte delle cose dolorose che succedono nel mondo fanno solo parte delle notizie e della stampa.

Ma siamo consapevoli di una realtà: per noi, oggi e qui, provenienti da diverse parti del mondo, il dolore, la guerra che vivono tanti giovani, non sono più una cosa anonima, non sono più una notizia della stampa, hanno un nome, un volto, una storia, una vicinanza. Oggi la guerra in Siria è il dolore e la sofferenza di tante persone, di tanti giovani come il coraggioso Rand, che sta qui in mezzo a noi e ci chiede di pregare per il suo amato paese.

Ci sono situazioni che possono risultarci lontane fino a quando, in qualche modo, le tocchiamo. Ci sono realtà che non comprendiamo perché le vediamo solo attraverso uno schermo (del cellulare o del computer). Ma quando prendiamo contatto con la vita, con quelle vite concrete non più mediatizzate dagli schermi, allora ci succede qualcosa di forte, sentiamo l’invito a coinvolgerci: “Basta città dimenticate”, come dice Rand".

Queste testimonianze, come quella di Rand sono "il segno vivo di quello che la misericordia vuole fare in noi. Noi adesso non ci metteremo a gridare contro qualcuno, non ci metteremo a litigare, non vogliamo distruggere. Noi non vogliamo vincere l’odio con più odio, vincere la violenza con più violenza, vincere il terrore con più terrore. E la nostra risposta a questo mondo in guerra ha un nome: si chiama fraternità, si chiama fratellanza, si chiama comunione, si chiama famiglia".

Durante la preghiera in silenio Francesco ha evocato l’immagine degli Apostoli nel giorno di Pentecoste. "Una scena che ci può aiutare a comprendere tutto ciò che Dio sogna di realizzare nella nostra vita, in noi e con noi. Quel giorno i discepoli stavano chiusi dentro per la paura. Si sentivano minacciati da un ambiente che li perseguitava, che li costringeva a stare in una piccola abitazione obbligandoli a rimanere fermi e paralizzati. Il timore si era impadronito di loro. In quel contesto, accadde qualcosa di spettacolare, qualcosa di grandioso. Venne lo Spirito Santo e delle lingue come di fuoco si posarono su ciascuno di essi, spingendoli a un’avventura che mai avrebbero sognato".

Così deve essere per i ragazzi di Cracovia. Anche se la "la paura si rintana nella chiusura, nella paralisi". "Nelle nostre città - ha proseguito - non c’è più spazio per crescere, per sognare, per creare, per guardare orizzonti, in definitiva per vivere, è uno dei mali peggiori che ci possono capitare nella vita. La paralisi ci fa perdere il gusto di godere dell’incontro, dell’amicizia, il gusto di sognare insieme, di camminare con gli altri", ha detto ricordando il rischio di stare sul divano: "La felicità non è un divano, il credere che per essere felici abbiamo bisogno di un buon divano contro ogni tipo di dolore e timore e che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci".

Sicuramente - ha proseguito - per molti è più facile e vantaggioso avere dei giovani imbambolati e intontiti che confondono la felicità con un divano. "Per molti questo risulta più conveniente che avere giovani svegli, desiderosi di rispondere al sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore. Ma la verità è un’altra: cari giovani, non siamo venuti al mondo per “vegetare”, per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti; al contrario, siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta. E’ molto triste passare nella vita senza lasciare un’impronta. Ma quando scegliamo la comodità, confondendo felicità con consumare, allora il prezzo che paghiamo è molto ma molto caro: perdiamo la libertà".

Poi un accenno alla droga: "E’ certo che la droga fa male", ma ci sono molte altre droghe "socialmente accettate che finiscono per renderci molto o comunque più schiavi. Le une e le altre ci spogliano del nostro bene più grande: la libertà".

Da qui l'invito ad "andare per le strade seguendo la pazzia del nostro Dio che ci insegna a incontrarlo nell’affamato, nell’assetato, nel nudo, nel malato, nell’amico che è finito male, nel detenuto, nel profugo e nel migrante, nel vicino che è solo. Andare per le strade del nostro Dio che ci invita ad essere attori politici, persone che pensano, animatori sociali. Che ci stimola a pensare un’economia più solidale. In tutti gli ambiti in cui vi trovate, l’amore di Dio ci invita a portare la Buona Notizia, facendo della propria vita un dono a Lui e agli altri" perché "Dio aspetta qualcosa da te, Dio vuole qualcosa da te, Dio aspetta te. Dio viene a rompere le nostre chiusure, viene ad aprire le porte delle nostre vite, delle nostre visioni, dei nostri sguardi. Dio viene ad aprire tutto ciò che ti chiude. Ti sta invitando a sognare, vuole farti vedere che il mondo con te può essere diverso".

Infine l'invito: "Oggi noi adulti abbiamo bisogno di voi, per insegnarci a convivere nella diversità, nel dialogo, nel condividere la multiculturalità non come una minaccia ma come un’opportunità: abbiate il coraggio di insegnarci che è più facile costruire ponti che innalzare muri! E tutti insieme chiediamo che esigiate da noi di percorrere le strade della fraternità". E proprio Francesco ha voluto far partire il primo ponte chiedendo ai giovani di prendersi la manoperché sia "l'impronta nella storia. Lui, che è la vita, ti invita a lasciare un’impronta che riempia di vita la tua storia e quella di tanti altri. Lui, che è la verità, ti invita a lasciare le strade della separazione, della divisione, del non-senso". "Ci stai? - ha concluso -. Cosa rispondono le tue mani e i tuoi piedi al Signore, che è via, verità e vita?".