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DIFESA

Gli Usa tornano isolazionisti. Tagli al Pentagono

Il segretario alla Difesa Chuck Hagel ha annunciato il più drastico piano di tagli alle forze armate dai tempi precedenti alla Seconda Guerra Mondiale. È un segnale agli alleati europei e asiatici: saranno loro a provvedere alla sicurezza regionale.

Esteri 27_02_2014
L'A-10 va "in pensione"

La strategia è coerente con quanto messo in atto in questi ultimi anni da Barack Obama. Il Pentagono approfitta dei tagli al bilancio per rimodulare le forze armate su un modello che prevede più tecnologia e meno truppe, un modello che non ha solo una valenza strategica o finanziaria, ma anche politica dal momento che un numero ridotto di soldati impedirà in futuro a Washington di condurre lunghe operazioni belliche che prevedono il controllo di territori ostili per periodi prolungati In pratica gli americani non potranno più effettuare operazioni simili a quelle degli ultimi 12 anni in Afghanistan e Iraq.

In base ai nuovi tagli resi noti martedì dal Segretario alla Difesa, Chuck Hagel, l’Esercito verrà ridotto numericamente ai livelli precedenti la Seconda guerra mondiale con 440 mila militari in servizio nel 2017 contro gli attuali 522 mila già indicati in discesa a 490 mila e soprattutto contro i 570 mila del 2008, anno di massimo impegno militare oltremare degli Stati Uniti nei confitti in Iraq e Afghanistan.

Hagel ha parlato di tagli resi necessari dalla “spending review” messa a punto dall’accordo bipartisan sul bilancio federale che assegna al Pentagono risorse ridottesi quest’anno a 496 miliardi di dollari (senza contare i fondi per le operazioni belliche) destinati a scendere ulteriormente nei prossimi anni. Condizioni finanziarie che “comporteranno un esercito ridotto – ha spiegato Hagel – ma serviranno a mantenere alto lo standard qualitativo e a disporre di armi ed equipaggiamenti di livello superiore”.

Certo la tecnologia rende oggi superati eserciti da 1,6 milioni di soldati come quelli che Washington schierava nel 1952 e nel 1968, nel momento di picco dei conflitti coreano e vietnamita ma è altrettanto vero che con 440 mila soldati sarà impossibile far fronte a impegni bellici prolungati in conflitti che richiedono il controllo di ampi territori. Anche i Marines, la Riserva e la Guardia Nazionale, forze che hanno fornito molti contingenti alle campagne in Iraq e Afghanistan, verranno decurtate di un 5 per cento. Dal momento che è impossibile ipotizzare oggi che tipo di conflitti dovranno affrontare domani statunitensi e occidentali, i tagli agli organici delle forze terrestri offrono una chiara indicazione di come Washington punti ad avvalersi degli alleati per presidiare le aree di crisi, limitandosi a fornire il supporto bellico tecnologico necessario a colpire duro il nemico ma lasciando ad altri i compiti di sicurezza sul terreno.

Una strategia già emersa negli ultimi anni, definita “leading from behind” (guidare dalle retrovie) e che noi europei abbiamo toccato con mano durante il conflitto libico, scatenato dagli statunitensi (con i franco-britannici) che dopo un pesante attacco iniziale lasciarono condurre la guerra contro Gheddafi agli alleati della Nato. Un esercito ridotto “ovviamente comporta dei rischi – ha ammesso Hagel – ma continueremo ad essere in grado di sconfiggere gli avversari in una determinata regione sostenendo al contempo operazioni aeree o navali in un’altra”. E in “quest’altra regione” di guerra pare evidente che le truppe sul terreno le metteranno altri, o ameno questo spera Washington.

Di rischi ha parlato anche il Capo di Stato maggiore Difesa, generale Martin Dempsey, che però ha dato il suo via libera al programma varato da Hagel che dovrà ora convincere il Congresso. I tagli colpiscono anche le forze aeree che rinunceranno alla flotta di aerei da attacco al suolo A-10 (rivelatisi preziosi in Afghanistan) radiati con cinque anni di anticipo per racimolare 3,5 miliardi con cui sostenere il finanziamento del programma F-35, il cacciabombardiere sempre più costoso e sempre più in ritardo sui tempi di sviluppo e consegna a causa di gravi difficoltà tecniche. Washington preme in ogni modo perché l’aereo realizzato da Lockheed Martin venga acquisito da tutti i più importanti alleati in Asia e in Europa consentendo così la massima sinergia con le forze aeree statunitensi di Aeronautica, Marina e Marines i cui reparti da combattimento in futuro saranno interamente equipaggiati esclusivamente con F-35.

L’Air Force farà a meno anche degli ultimi ricognitori strategici U-2 rimpiazzati dai droni Gobal Hawk (come quelli pagati dalla NATO e schierati a Sigonella) mentre la US Navy continuerà a mantenere attive 11 portaerei (per ora) e a ricevere due sottomarini e due cacciatorpediniere all’anno anche se una decina di unità più vecchie verranno poste in riserva. Gli unici due settori che vedranno crescere le risorse finanziarie allocate dal Pentagono sono le unità per la cyberwar (minaccia strategica in crescita) e le forze speciali che avranno tra tre anni effettivi gonfiati a 70 mila unità perché su di loro (e sui raids dei droni) si basa la strategia obamiana di guerra al terrorismo.

I tagli sono stati definiti “un grosso errore” dal senatore repubblicano John McCain perché mandano "il messaggio sbagliato" al mondo. Pur avendo lavorato per molti anni alla riduzione degli sprechi del Pentagono, il rivale di Obama alle ultime elezioni presidenziali ha detto alla Cnn che «ci sono dei risparmi che possono essere fatti, ma tagli di questa portata mi preoccupano un bel po', visto soprattutto che stiamo aumentando la spesa interna».

La “rivoluzione” di Hagel rappresenta una novità solo per chi ha memoria corta. Quindici anni or sono George W. Bush vinse le elezioni alla Casa Bianca anche grazie a un programma militare che rovesciava l’interventismo umanitario di Bill Clinton che aveva portato gli Stati uniti a combattere in Somalia e nei Balcani. Bush e il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld intendevano ridurre gli organici militari per dedicare più risorse alla tecnologia valutando impegni bellici dettati esclusivamente dagli interessi statunitensi. I fatti dell’11 settembre 2001 obbligarono l’Amministrazione Bush a rovesciare completamente i programmi per il Pentagono costituendo invece una sorta di “esercito imperiale” destinato a combattere in diverse aeree del mondo e che concettualmente affascinò diversi esponenti del movimento neocon. Difficile quindi poter prevedere ora per quanto tempo resterà credibile il ridimensionamento delle forze americane messo a punto da Hagel.