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MEDIO ORIENTE

Kobane, l'Isis torna col tacito appoggio turco

Kobane pareva definitivamente liberata dai curdi, dopo il lungo assedio dell'autunno scorso. E invece le milizie dell'Isis ci sono tornate. Perché i curdi stavano creando il loro stato, congiungendo i loro territori. Probabile che ci sia anche lo zampino di una Turchia che preferisce, tutto sommato, la vicinanza di un Califfato ad un Kurdistan indipendente.

Esteri 26_06_2015
Isis a Kobane

Si ricomincia da Kobane, il posto preferito dai media occidentali. Da ieri mattina lo Stato islamico ha lanciato una controffensiva nella città sul confine con la Turchia strappata loro dai curdi a gennaio al termine della più raccontata delle battaglie di quattro anni di guerra in Siria. Perché ancora Kobane e perché proprio adesso? Basta guardare una cartina geografica per capire molte cose.

Fino a poche settimane fa Kobane era rimasta per i curdi un’enclave, separata dal cantone di Cezire, l’altra loro roccaforte in Siria, più a est. In mezzo c’era Tal Abyad, l’ultima città in territorio siriano sulla strada che da Raqqa - la capitale dello Stato Islamico - attraversato il confine turco porta dritti a Sanliur (l’antica Edessa) e da lì a Gaziantep. Non ci vuole molto a capire che quello fosse uno snodo fondamentale per i rifornimenti del sedicente califfato. Solo che una decina di giorni fa i miliziani curdi dello Ypg - in alleanza con alcuni gruppi di quella galassia incontrollabile che  è ormai il Free Syrian Army e con l’appoggio aereo della coalizione internazionale - erano riusciti nel colpo grosso: strappare allo Stato Islamico Tal Abyad, infliggendo il primo vero duro colpo ai jihadisti in Siria. Un successo militare ma anche politico per i curdi: ricongiungere i loro due cantoni significa assumere il controllo di una buona parte dei 900 chilometri della frontiera tra la Siria e la Turchia.

Un fatto nuovo che ad Ankara non è passato certo inosservato: il nervosismo per quell’embrione di Stato curdo sulla porta di casa era palpabile nei giorni scorsi in Turchia. Al punto da arrivare a sbandierare i 23 mila profughi riversatisi da Tal Abyad oltre confine - come accade sempre in qualsiasi campo di battaglia - come il frutto di una pulizia etnica praticata dai curdi contro arabi e turcomanni. Denuncia un tantino sospetta, visti i silenzi precedenti quando erano i curdi a essere vittima di questo tipo di pratiche. E peraltro messa anche in dubbio dalle immagini che negli ultimi giorni mostravano parecchi profughi rientrare a Tal Abyad una volta appurato che la città era saldamente nelle mani dei curdi.

Poi - all’alba di ieri - è arrivato l’attacco a Kobane, con le autobombe e l’assalto dei miliziani da tre diverse direzioni. La Turchia ha rigettato le accuse secondo cui alcuni jihadisti sarebbero partiti dal suo territorio, sostenendo che l’attacco sarebbe stato sferrato da Jarablus, un’altra città siriana che si trova venti chilometri più a ovest, in direzione di Aleppo. Ma - anche ammesso che le cose stiano così - la domanda resta la stessa: da dove sono arrivati a Jarablus i rifornimenti di armi e di mezzi  allo Stato Islamico per sferrare questo attacco? Guarda caso Jarablus sta proprio di fronte alla cittadina turca di Karkamis…

È ancora una volta la connivenza della Turchia l’asso nella manica dello Stato Islamico per recuperare le posizioni perse nelle ultime settimane in Siria. E a dimostrazione che di una controffensiva in grande stile si tratti c’è il fatto che le milizie dalle bandiere nere, sempre ieri, hanno sferrato un nuovo attacco anche ad Hassakeh, in un quartiere ufficialmente ancora controllato dall’esercito di Assad ma comunque sul lembo meridionale dell’ipotetico Stato curdo in Siria. Se - dunque - i governativi, rimasti isolati in questa città del nord, dovessero soccombere, per i curdi si aprirebbe un nuovo fronte con lo Stato Islamico anche a sud, rendendo la nuova battaglia di Kobane ancora più difficile. 

Ieri molte testate davano già la città di nuovo nelle mani dello Stato Islamico, ma le cose non stanno così: in serata si combatteva ancora duramente, con molte vittime tra i civili (e nessuna protesta del governo turco di Erdogan per la pulizia etnica, stavolta). E se qualche mese fa quella di Kobane per lo Stato Islamico era una battaglia poco più che simbolica, dopo aver perso Tal Abyad l’estremo nord della Siria oggi è diventato un terreno decisivo. Ci sarebbe la possibilità di indebolire molto in Siria l’aspirante califfato, se ci fosse una coalizione internazionale che ha davvero intenzione di combatterlo, anziché chiudere gli occhi. Se ci fosse.