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STOP ALLA LEGGE SUL GENDER

La piazza funziona Idee e proposte dal caso Colombia

In Colombia il popolo è sceso in piazza in decine di città contro la legge sull'educazione gender a scuola. Capitanato dai vescovi che ci hanno messo la faccia. Il giorno dopo il governo ha fatto dietrofront. La prova di forza della Marcha por la Familia può insegnare anche qualche cosa a noi. Idee e spunti per Cei e Comitato. 

Editoriali 16_08_2016
La marcha por la familia

La piazza funziona. Per chi avesse ancora qualche dubbio sull’utilità politica di Family Day e affini dovrebbe smettere di deprimersi guardando la situazione italiana dove nonostante i due eventi oceanici del 2015 e del gennaio 2016 la legge Cirinnà è stata comunque approvata. E magari trovare nuove motivazioni. 

In Colombia l’hanno ribattezzata la “Marcia di San Lorenzo” perché si è svolta nella giornata dedicata solitamente alle stelle cadenti. A scendere in piazza sono stati cattolici di vari movimenti, ma anche insegnanti, scolaresche e famiglie con un obiettivo concreto: impedire l’approvazione di una legge sull’educazione gender obbligatoria a scuola su cui pesa un documento dell’Onu adottato dal ministero dell’Educazione.

Il risultato è stato ineccepibile: dopo l’adunata che si è svolta in decine di piazze del Paese, dalla capitale Bogotà dove hanno sfilato in 20mila, a Medellin appena un migliaio, ma anche Barranquilla, Cali, Ibagué, Bucaramanga, Tunca, Palmira, Popayán e altre tra le principali città della Colombia, il governo è tornato sui suoi passi. Una mobilitazione di popolo che ha costretto l’esecutivo guidato da Juan Manuel Santos a emettere un comunicato il giorno dopo per dire che né il Governo né il Ministero promuoveranno l’educazione di genere nel Paese.

L’opposizione non si fida e lamentando la completa assenza di un presiedente pro family dice che in realtà è tutto un trucco. Ma l’opposizione fa il suo mestiere. Però resta comunque un impegno preciso preso dal Governo a seguito di una mobilitazione di questo tenore. Che per il momento fa tirare un sospiro di sollievo al popolo pro life e pro family colombiano e fa in incassare un risultato sorprendente ai vescovi della conferenza episcopale che quella marcha por la familia l’hanno promosso e guidato. 

Il 12 agosto infatti i prelati colombiani hanno salutato con soddisfazione la presa di posizione del governo che ha ammesso come quel documento dell’Onu non fosse stato approvato dallo stesso esecutivo. Ma c’è di più: a riprova della sua buona fede, seppure ancora d’intenti, c’è l’incontro che il premier ha voluto fare con il cardinal Rubén Salazar Gómez.

Immaginate se dopo il Family Day di gennaio Renzi e la Cirinnà avessero fatto marcia indietro dopo aver visto la forza della piazza e aver incontrato il presidente della Cei Bagnasco per tranquillizzarlo e fare dietrofront. A noi sembra fanta politica, ma evidentemente in altre parti del mondo gira in maniera diversa.

Può essere uno stimolo per ringalluzzire il popolo del Family Day che proprio a settembre, come dichiarato alla Nuova BQ dal leader Massimo Gandolfini è impegnato nella ripresa dell’attività politica dove arriveranno al pettine tanti nodi: dall’educazione genere a scuola alla controversa e “funesta” ipotesi delle adozioni dei figli per coppie omosessuali fino all’eutanasia. 

In Colombia hanno scelto di scendere su più fronti e di non concentrarsi in un unico polo. Sicuramente non c’è una ricetta vincente, ma un dato è ineludibile: la presenza dei vescovi ha fatto da catalizzatore e ha contribuito a dare alla manifestazione quel peso politico che in Italia è mancato proprio per l’assenza o il disinteresse o la compiaciuta ambiguità di buona parte della classe episcopale che, almeno nei suoi vertici più “mediatici”, non ha mai appoggiato il movimento del Comitato Difendiamo i nostri figli preferendo di gran lunga l’essere irrilevanti all’essere contestati. 

L’esperienza colombiana potrà anche essere diversa dalle nostre dinamiche, però è un esempio di come la piazza, quando è unita con i suoi pastori sia forte e possa mettere in crisi il potere. E’ un punto di partenza, se non altro per non cedere allo sconforto perché “tanto non ci ascoltano”. Forse potrebbero servire dieci o cento family day in altrettante piazze con i vescovi alla guida?