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IL BUON USO DELLE PAROLE / 11

L'arte di argomentare e confutare

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L’argomentazione svolge un ruolo imprescindibile all’interno dell’orazione per dimostrare la propria tesi e controbattere alle argomentazioni altrui.

Cultura 08_04_2024
Wikimedia Author Mongolo1984

Due momenti sono fondamentali all’interno del discorso o orazione: l’esposizione della tesi e la sua argomentazione.
Ne era convinto lo stesso Aristotele che sosteneva che le due parti indefettibili di un’orazione erano l’enunciazione della tesi e la dimostrazione tramite l’argomentazione, proprio come quando, per chi ha pratica o memoria delle dimostrazioni matematiche, si scrive la tesi e poi la si dimostra.

Nel suo ultimo scritto retorico, De partitione oratoria (o Partitiones oratoriae) Cicerone affermò, invece, che il retore, che si accinge a comporre un’orazione, deve rispettare un ordine ripartito in quattro fasi: l’esordio, che ha la funzione di creare un contatto con l’uditorio e si avvale di formule in grado di creare un’aspettativa; la narrazione, ovvero l’esposizione dei fatti; l’argomentazione, che prevede la dimostrazione delle prove a sostegno della tesi e/o la confutazione degli argomenti avversari; la perorazione che generalmente tende a suscitare pietà, commozione o indignazione in chiusura.
Nel De oratore Cicerone aggiungeva altre due parti all'orazione, separando la confirmatio dalla confutatio e inserendo la partitio (o divisio). Quintiliano avrebbe ripreso dal De oratore la divisione in sei parti.

L’argomentazione svolge, quindi, un ruolo imprescindibile all’interno dell’orazione: è il momento in cui il retore porta le prove per dimostrare la veridicità di un’asserzione o tesi e, al contempo, in cui confuta la tesi altrui.
Nella prima prova scritta degli esami di Stato del 1990 compariva la seguente traccia:

Sviluppate e discutete il seguente giudizio su Pascoli: «L'esattezza e la limpidezza sono i pregi più manifesti in tutta quanta la poesia del Pascoli. Egli è un poeta rurale. Il sentimento che egli ha della natura è profondo, tranquillo e casto. Egli ama, più che le solitudini, i campi animati dal lavoro umano. Lo attraggono le bellezze umili della terra più che gli spettacoli grandiosi».

La traccia presentava una citazione di cui, erroneamente, non erano indicati fonte e autore. Svolgere il tema significava dimostrare come veritiero o confutare il pensiero su Pascoli formulato da Gabriele d’Annunzio.
A tutti è evidente che solo un’ampia conoscenza dell’opera di Pascoli avrebbe permesso di prendere posizione riguardo all’affermazione (formulare una tesi: pro o contro la citazione) e procedere poi alla sua argomentazione. Una volta ancora appare fondato l’antico detto attribuito a Catone l’Uticense Rem tene, verba sequentur ovvero «possiedi gli argomenti, le parole seguiranno».

L’argomentazione è costituita da una o due parti: la confirmatio o comprobatio e la confutatio o reprehensio.
La prima consiste nell’addurre le prove per dimostrare la tesi. Le prove possono essere di due tipi: tecniche (dette anche artificiali), cioè ricavate mediante l’applicazione dell’arte retorica, e non tecniche (cioè prese dall’esterno), indipendenti dall’arte retorica.

Le prove tecniche possono essere a loro volta divise in prove: di fatto, per induzione (esempi), per deduzione (argomenti o prove di ragionamento).
La trattatistica è qui molto complessa e richiede studio, dedizione ed esercitazioni. Ci limitiamo in modo semplice e sintetico a sottolineare pochi punti.
Le prove di fatto (signa o segni) sono necessarie o non necessarie. Le prime sono senz’altro vere e incontrovertibili. Scrive Quintiliano: «è necessario che colei che ha partorito si sia unita ad un uomo, […] né può succedere che ci sia messe dove non si è seminato, o che uno sia contemporaneamente a Roma e ad Atene» (Institutio oratoria).

Le prove non necessarie sono verosimiglianze, indizi o tracce. Sempre Quintiliano spiega che la presenza del sangue può essere indizio di un’uccisione, ma non necessariamente, perché il sangue può essere anche fuoriuscito dal naso. Certamente, le prove non necessarie, se accompagnate da altre prove certe, possono far in modo che un sospetto divenga certezza.

Gli esempi sono fatti particolari, reali o fittizi, sempre verosimili che possono essere generalizzati e diventare utili alla dimostrazione della tesi. La descrizione di un fenomeno o la narrazione di un particolare avvenimento possono fungere da esempi che diventano fondamento di una regola, attraverso il metodo induttivo. In questa categoria rientrano, ad esempio, le sentenze (nel caso dell’assenza di una regolamentazione giuridica), le opinioni degli esperti, di personaggi illustri, di autorità che fungono da ipse dixit, espresse attraverso le citazioni.

Le prove per deduzione (argumenta) si cercano in idee generali che fungono da premessa dei ragionamenti: idee che appartengono alle opinioni comuni, punti di vista universalmente accettati, che possono essere applicati in qualsiasi campo del sapere e ad argomenti più diversi. I retori antichi classificavano i luoghi comuni o generali da cui era possibile partire per il ragionamento. Non ci addentriamo qui in questo ginepraio, ma sottolineiamo che nell’ambito letterario i luoghi comuni furono trasferiti dall’antichità al Medioevo in forme cristallizzate, i loci communes o topoi, veri e propri modelli da seguire in relazione alle situazioni e alle parti del discorso.

L’argomentazione può presentare anche la confutatio o reprehensio ovvero la confutazione delle argomentazioni dell’avversario.
Nel caso della traccia del tema su Pascoli l’argomentazione può avvalersi di tante poesie che facilmente presentano aspetti di solito trascurati dalla critica letteraria o dagli studi scolastici.
Quale studente ha potuto leggere poesie come La felicità, La grande aspirazione, testi in cui l’uomo è descritto come desiderio e capacità di infinito? Chi ha sentito nominare quei componimenti in cui Pascoli palesa la sua fede e la sua esperienza di incontro con Cristo, ad esempio L’angelus, L’Avemaria, Viatico? Chi ha letto la sezione La buona novella appartenente ai Poemi conviviali in cui si parla di Betlemme e del gladiatore Geta nell’impero romano negli anni della nascita di Cristo?
Con questi componimenti e tanti altri si può mostrare la parzialità del giudizio di d’Annunzio sui versi di Pascoli confutando la citazione attraverso prove tecniche di fatto, incontrovertibili: le poesie stesse dell’autore che mostrano il suo sguardo sulla vita, sull’uomo e sulla storia dell’umanità.



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