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L'IO E LA CRISI DELLA MODERNITA'/17

L'illuminista francese all'attacco della Tradizione

Nell'Illuminismo grandi valori e idealità, frutto dello sviluppo della cultura cristiana, vengono sradicati dall’evento cristiano che li ha generati e che continua a generarli. L’esito è che l’uomo, dimentico del Padre e della tradizione consegnatagli, si erge a nuovo creatore di una civiltà più giusta. 

Cultura 22_01_2017
Educazione di Emilio - Rousseau

Il Settecento è secolo di grandi cambiamenti, di significative trasformazioni, di uno sviluppo scientifico e tecnologico che sfocia nella prima rivoluzione industriale. Impossibile è, qui, sintetizzare la complessità delle sollecitazioni filosofiche e culturali che hanno, poi, influenzato in maniera determinante i secoli successivi. È bene premettere che l’Illuminismo assume caratteri differenti in base al retroterra culturale in cui attecchisce. Ci si soffermerà allora su alcuni aspetti dell’Illuminismo francese che riteniamo particolarmente importanti nel nostro discorso relativo al cambiamento della consapevolezza che l’uomo ha di sé.

La Francia è la terra di nascita dell’Illuminismo. Ivi alcuni aspetti della nuova cultura vengono per così dire estremizzati: tra questi la fiducia smisurata nella scienza, nella tecnica, nel progresso, resi possibili grazie all’affrancamento della ragione dallo stato di minorità in cui si trovava fino a quel momento, per usare le parole del più rappresentativo filosofo del secolo Immanuel Kant (1724-1804).

Grazie alla ragione, considerata come ratio sui et universi, ovvero misura di sé e della realtà, sono possibili l’uomo nuovo e soprattutto un’effettiva conoscenza della realtà, la rifondazione del sapere e la nascita di nuovi epistemi. Con profondo senso antistorico l’illuminista francese vede nel passato e nella tradizione il nemico principale da sgominare con tutte le sue superstizioni e i suoi falsi credo in nome di una nuova epoca, fondata su un nuovo umanesimo o, se vogliamo, su una nuova umanità. In questo mondo Dio, se c’è, non c’entra, è relegato nell’Iperuranio filosofico, non interviene nella realtà. L’illuminista francese è, così, per lo più ateo o deista, rifiuta le religioni positive, attacca o contesta apertamente il cristianesimo, il cattolicesimo e la Chiesa. In questo dilagante soggettivismo la religione è concessa come fatto privato, nel silenzio della propria coscienza. 

Con atteggiamento prometeico l’illuminista si avvale del nuovo fuoco (la ragione) per contrapporsi al cielo, di cui pensa ormai di poter fare a meno. In Terra cerca di costruire il nuovo mondo e per questo si istruisce, diventa erudito, poligrafo e poliglotta, coltiva l’enciclopedismo e tende al cosmopolitismo. Non è più cittadino di una patria, ma appartenente al mondo intero, degna cornice in cui lui possa abitare. Convinto di un futuro perfetto, in cui tutti i limiti umani potranno essere superati e si realizzeranno le «magnifiche sorti e progressive», considera il peccato originale come un’invenzione della Chiesa e attribuisce la presenza del male nel mondo o alla natura o al progresso storico dell’uomo, come nel caso di Rousseau.

In realtà, però, gli stessi illuministi francesi si differenziano spesso per idee e prese di posizione nei dibattiti culturali. Nel dibattito sul terremoto di Lisbona, ad esempio, Rousseau replicherà a Voltaire che la colpa della catastrofe umana (la distruzione dell’intera città) non è da attribuire alla natura, ma al progresso. Se l’uomo non avesse costruito tutte le case vicine nella città, non sarebbe avvenuto un simile disastro. 

Nell’Illuminismo francese si tende ad esaltare la ragione come unico criterio di conoscenza e si esclude un concetto di ragione come apertura alla realtà totale, propria di san Tommaso. L’esaltazione della contemporaneità settecentesca che rilegge tutta la conoscenza umana secondo questo principio è la diretta conseguenza. Le epoche passate sono considerate oscure e arretrate. Il futuro riserva all’umanità un cammino di progresso verso la perfezione. L’uomo, finalmente liberato dalle catene di una tradizione effimera e menzognera, realizzerà la società nuova, un’umanità felice e perfetta. Questa convinzione approderà alla fine del secolo alla Rivoluzione francese che imporrà con la violenza un nuovo ordine, che in realtà non è più equo del primo. La dimenticanza del peccato originale porta alla convinzione che si possa costruire una società perfetta con la ragione e il progresso o con l’esaltazione della buona natura umana. 

Natura o ragione: uno dei due elementi risulta indispensabile alla realizzazione della società perfetta. Non occorre più un Dio che salvi. L’uomo può bastare a se stesso. Così, in controtendenza rispetto alla maggior parte degli illuministi francesi, nell’Emilio Rousseau affronta il problema dell’educazione partendo  da questa considerazione: «Tutte le cose sono create buone da Dio, tutte degenerano tra le mani dell’uomo. Egli costringe un terreno a nutrire i prodotti di un altro, un albero a portare frutti non suoi; mescola e confonde i climi, gli elementi, le stagioni; […] nulla accetta come natura lo ha fatto, neppure il suo simile. […] Nasciamo deboli e abbiamo bisogno di forza […]. Tutto ciò che alla nascita non possediamo  e che ci sarà necessario da adulti ce lo fornisce l’educazione».

L’educazione mira a sviluppare la natura, quello che naturalmente è dato all’uomo. Il filosofo francese considera buona la natura umana attribuendo la colpa del male allo sviluppo umano, al progresso e alla società. Una concezione questa che è in netto contrasto con la convinzione cristiana, ovvero con la constatazione che la natura umana è macchiata da un peccato originale ed è stata redenta da Cristo. Se la nostra natura autentica è buona, invece, per creare una nuova società più giusta si dovrà partire da una nuova educazione a prescindere dalla società, fonte del male e di una cattiva educazione. 

L’umanità, non la singola persona, il mondo, non la patria, l’uguaglianza, la fraternità e l’uguaglianza, non la carnalità di Cristo, l’astrattezza, non la concretezza della realtà in tutta la sua fragilità, i buoni sentimenti e i valori, non la compagnia pur peccatrice della Chiesa: questi sono solo alcuni aspetti della cultura illuministica come si sviluppa nella Francia del diciottesimo secolo.

Grandi valori e idealità, frutto dello sviluppo della cultura cristiana, vengono sradicati dall’evento cristiano che li ha generati e che continua a generarli. L’esito è che l’uomo, dimentico del Padre e della tradizione consegnatagli, si convince di aver introdotto lui quei valori, si erge così a nuovo creatore di una civiltà più giusta.

La Rivoluzione francese mostrerà che l’uomo che si crede giusto e non giustificato da Cristo, il figlio che dimentica il padre non può che violentare la realtà. Sradicare la pianta dalle radici comporta solo inizialmente la convinzione di essersi separati dal terreno cattivo, ma ben presto, non più nutrita nel suolo in cui è sempre stata e non piantumata in un nuovo terreno, la pianta muore. L’Illuminismo francese non ha un luogo nuovo in cui radicare la sua cultura, taglia i ponti con la tradizione per costruire tutto il sapere ex nihilo.