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ANIMALISMO

Quel paganesimo che si traveste da agnello

Anche quest’anno in prossimità della Pasqua  la Lega Antivivisezione, Lav, ha inviato  a tutti i parroci  una lettera in cui li invitava a mobilitarsi contro il consumo di carne di agnello: una consuetudine che in realtà non ha nesso alcuno con la liturgia della Settimana Santa e nemmeno con la liturgia cristiana in genere. 

Editoriali 02_04_2016
Animalismo, ideologia pericolosa travestita da agnello

Anche quest’anno in prossimità della Pasqua  la Lega Antivivisezione, Lav, ha inviato  a tutti i parroci italiani una lettera in cui li invitava a mobilitarsi contro il consumo di carne di agnello nella circostanza: una consuetudine, legata a motivi di ordine stagionale, che in realtà non ha nesso alcuno con la liturgia della Settimana Santa; e nemmeno con la liturgia cristiana in genere. Come sa chiunque abbia anche soltanto una minima informazione sul cristianesimo, per i cristiani Cristo, Agnus Dei, Agnello di Dio, con il sacrificio della sua morte in croce superò e rese superfluo ogni altro rito sacrificale.  Un tema questo tra l’altro ricorrente in molti celebri testi e inni liturgici. 

Osserviamo per inciso che invece un caso di sacrificio rituale di un agnello, ucciso per dissanguamento, perdura nell’Islam. La Lega Antivivisezione avrebbe quindi buoni motivi per inviare piuttosto una lettera del genere agli imam delle comunità islamiche in Italia. Sarebbe interessante sapere se lo fa. Al di là di questa specifica questione ci sta però a cuore approfondire qui una certa cultura del ruolo e del rapporto tra uomo e animali, di cui tale presa di  posizione è un evidente riflesso. Senza pregiudizio per la buona fede di tanti suoi sostenitori, la Lega Antivivisezione, Lav, ha qualcosa di equivoco fin dal suo nome.  

Quando, infatti, nel 1977 la Lav venne fondata, la vivisezione - che consiste in pratiche chirurgiche sperimentali effettuate su animali vivi e non anestetizzati – ormai da lungo tempo era venuta meno sia in Italia sia altrove in Europa. D’altro canto dalla lettura del suo statuto si ricava che il suo scopo sociale va ben oltre il caso particolare della vivisezione. Vi si legge infatti testualmente che la Lav «ha per fine la Liberazione animale, l'affermazione dei diritti degli animali non umani e la loro protezione, la lotta alla zoomafia e la difesa dell'ambiente. Si batte per l'abolizione della vivisezione, della pesca, della caccia, delle produzioni animali, dell'allevamento, del commercio, degli spettacoli con animali (…)». 

Precisiamo che l’iniziale  maiuscola della parola Liberazione è autentica; e invitiamo a considerare attentamente  il concetto ivi contenuto di «animale non umano», che è molto significativo. Si tratta insomma di un’associazione che contrabbanda una filosofia animalista all’ombra della bandiera nobile (anche se, dicevamo, oggi del tutto superata) della lotta  contro la vivisezione. È vero che purtroppo la vivisezione venne praticata nel passato, soprattutto ai primordi della moderna ricerca medica, ma fu poi progressivamente abbandonata prima ancora che si pensasse di proibirla per legge. E oggi per punirla basterebbe richiamarsi alle norme in vigore  contro il maltrattamento degli animali. 

Nella lettera inviata ai parroci di cui si diceva, dopo aver ricordato che si è «prossimi alla celebrazione della Pasqua, un giorno di festa, di speranza e di salvezza per tutti i credenti», gli autori, che a quanto pare non hanno alcuna notizia, nemmeno di terza o quarta mano, su che cosa sia la Pasqua cristiana, parlano dell’«uccisione dell’agnello» come di  «un rito cruento, in forte contraddizione col concetto di resurrezione che porta con sé il rinnovamento della fede e della speranza». Chissà, forse si immaginano che a Pasqua i parroci organizzino stragi di agnelli poi arrostiti e consumati ritualmente sul sagrato. Seguono positivi riferimenti a san Francesco e a papa Francesco «il quale, scegliendo il nome del Santo di Assisi, richiama quello spirito francescano di umiltà, povertà, semplicità e di armonia col Creato».  E di fatto si fa leva su tutto questo per accreditare l’idea, remota dal fatto cristiano, secondo cui fra uomini e «animali non umani» non ci sarebbe alcuna sostanziale differenza. 

Sarebbe a nostro avviso un errore giudicare posizioni del genere come documenti di un estremismo pittoresco e senza grandi sbocchi. Fra le molte evidenze oggi troppo spesso appannate c’è anche quella della radicale diversità tra l’animale in quanto essere soltanto senziente da un lato, e dall’altro l’uomo: ovvero l’unica creatura non solo senziente, ma anche consapevole del Creato nonché unica dotata pure di spirito. Nella nebbia di questa confusione, il dovuto rispetto per gli animali in genere e l’amore per gli animali da compagnia -- ossia gli unici di cui la massima parte della gente fa esperienza diretta nella società post-agricola in cui viviamo -- può aprire il varco all’animalismo, che è una forma (da non prendere affatto sotto gamba) di neo-paganesimo aggressivo.  

Una cosa è, infatti, il dovere di trattare tutti gli animali con rispetto per la loro natura e in modo non crudele, compresi quelli destinati alla macellazione (e ciò sia nel loro trasporto e sia nel modo del loro abbattimento).  E una cosa invece è pretendere che ogni essere senziente sia un uomo in fieri, una specie di pre-infante da trattare appunto come se fosse una specie di pre-bambino; il che è tra l'altro paradossale in un Paese in cui il bambino vero, seppure non ancora nato, può venire ucciso legalmente. Per non dire del riemergere al sotto dell’animalismo niente meno di qualcosa di peggio ancora del paganesimo: addirittura del totemismo, ossia della divinizzazione degli animali di maggiore valenza simbolica. Lo vede chiaramente, ad esempio, nel caso del così diverso trattamento del problema del ritorno incontrollato in Italia di due grandi animali selvatici come il lupo e il cinghiale. C’è molta più indulgenza per il primo, tipico animale totemico, benché sia carnivoro e documentatamente antropofago (seppur solo in via eccezionale), che per il secondo, porco selvatico di modesta valenza simbolica.

Sulla scorta di una lettura non subalterna all’ideologia verde e animalista dell’enciclica Laudato si' sarebbe urgente ricuperare lo sguardo autenticamente cristiano verso la natura e le creature di cui fu maestro il san Francesco autentico, e non quello filtrato da visioni del mondo che con il Vangelo non hanno niente a che fare.