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BALCANI

Serbia, un voto pro o contro il premier e l'Ue

Serbia, oggi si tengono elezioni politiche anticipate convocate dal Presidente della Repubblica Nikoli? su diktat del premier dimissionario Vu?i?, che punta alla maggioranza assoluta. A dispetto dei proclami ufficiali, il suo è stato un governo molto filo-Ue. Ma proprio questa tendenza potrebbe creare disaffezione.

Esteri 24_04_2016
Aleksandar Vucic

Oggi, domenica 24 aprile, si terranno in Serbia le elezioni politiche anticipate convocate dal Presidente della Repubblica Nikoli? su diktat del premier dimissionario Vu?i? (appartenente al Partito Progressista Serbo – SNS). Quest’ultimo, infatti, nei mesi scorsi aveva maturato l’idea di far tornare il Paese alle urne per cercare di rafforzare il proprio controllo sul Parlamento e di ridurre il peso di alcuni alleati di coalizione non più graditi. A dimostrazione del rapporto di forza esistente tra Governo e Presidenza della Repubblica, il Primo Ministro non ha incontrato difficoltà nel far accettare questa linea al Capo di Stato, che si è piegato senza troppi problemi alle sue richieste. 

L’importanza di queste consultazioni, comunque, sta nel fatto che esse diranno molto sul grado di accettazione popolare del nuovo corso imposto dal leader del SNS che, a dispetto dei proclami ufficiali, si sta dimostrando un Partito fondamentalmente disposto ad accettare le pressioni provenienti da Bruxelles e Washington. Ciò è particolarmente evidente nei rapporti con la Russia e nel sempre spinoso caso kosovaro: da un lato, infatti, l’Esecutivo a guida progressista sta allentando lentamente i legami con Mosca – lasciando che sia il Presidente della Repubblica il garante della fratellanza slava – dall’altro sta continuando nell’opera di riconoscimento de-facto dell’indipendenza di Priština. Alla luce della costante presenza di Vu?i? sui media locali, sia qualificati che tabloid, il risultato delle elezioni è quasi scontato, ma ciò non vuol dire che la tensione politica sia bassa. Il Primo Ministro, infatti, sin dal momento in cui ha annunciato l’intenzione di tornare alle urne ha provato a convincere i suoi connazionali del fatto che una vittoria incompleta del suo partito, cioè con meno del 50% dei voti, sarebbe equivalente ad una sconfitta della Serbia.

Egli, infatti, ha trasformato l’appuntamento elettorale in una sorta di referendum personale, mettendo gli elettori davanti ad una chiara scelta: o votare SNS (e scegliere di rendere la Serbia un Paese moderno, europeo, e sviluppato), oppure disperdere il voto arrestando il processo di riforme iniziato in questi anni. Nonostante la forte antipatia che questo atteggiamento ha generato in alcuni ambienti, comunque, Vu?i? è riuscito a rafforzare la propria autorità, anche grazie all’incapacità delle opposizioni di creare un’alternativa credibile al monopolio instaurato dal Premier. Il centro-sinistra, infatti, è praticamente inesistente e frammentato in numerosi partiti scarsamente rappresentativi, con l’unica significativa eccezione del Partito Socialista di Serbia (SPS) di Ivica Da?i?, attuale Ministro degli Esteri dell’Esecutivo guidato dal Partito Progressista. Singolarmente, infatti, è stata proprio la rottura fra quest’ultimo e Vu?i? a creare un po’ di incertezza sull’esito di queste elezioni, anche se non è da escludere che i due riescano (nuovamente) a sanare le ferite e ricreare un governo di coalizione nel caso in cui il SNS non dovesse superare il 50% dei consensi.

Particolarmente interessante sarà anche il risultato che raggiungerà il Partito Radicale Serbo (SRS) di Vojislav Šešelj che, ottenuta la libertà dal Tribunale dell’Aja, ha dato una svolta alla propria carriera politica, promettendo di fare piazza pulita e di avvicinare la Serbia alla Russia. L’ex leader ?etniko ha attaccato violentemente quasi tutti i principali esponenti dei movimenti avversari, usando però un certo riguardo per il suo ex-amico Vu?i?, che nei suoi desiderata dovrebbe diventare il Ministro degli Esteri dell’ipotetico nuovo Governo a guida Radicale. Secondo i sondaggi (da prendere con le molle) pubblicati in questi giorni, però, quest’ultima eventualità è da scartare.

Il sito opozicionar.com, infatti, ha condiviso i risultati di uno studio condotto dal think tank di centrodestra Nova Srpska Politi?ka Misao, secondo i quali il Partito Progressista potrebbe contare su oltre il 44% dei consensi, seguito a grande distanza dai movimenti di Da?i? e Šešelj, che avrebbero il sostegno rispettivamente del 12,7% e del 9,8% degli elettori. Per quanto la percentuale dei radicali sia insufficiente a garantire loro un reale peso in Parlamento, è evidente il grande balzo in avanti condotto dal movimento ultranazionalista negli ultimi mesi, un dato che dovrebbe far riflettere soprattutto l’Europa. L’insoddisfazione per la linea seguita dall’attuale Governo (che ricalca in gran parte gli ordini di Bruxelles), infatti, sta creando un forte consenso popolare attorno ad un Partito che, sino a poco fa, sembrava destinato a scomparire. Se i dati del sondaggio si rivelassero corretti, comunque, l’aspetto più allarmante di tutto ciò andrebbe ricercato nel fatto che quasi la metà dei sostenitori dei Radicali appartengono alla fascia d’età compresa tra i 18 e i 40 anni.