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GIUSTIZIA

Spazzacorrotti cancellata, una buona notizia

Ci voleva la Corte Costituzionale per bocciare finalmente la famigerata legge Spazzacorrotti, fiore all'occhiello dei forcaioli e vanto del ministro della Giustizia, Bonafede. Vittima illustre di questa legge è stato l'ex governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, ma con lui altre decine di persone si sono fatte il carcere ingiustamente. Ora si apra il capitolo risarcimenti.

Editoriali 14_02_2020
L'esultanza dei grillini dopo l'approvazione della legge Spazzacorrotti

Erano stati in tanti, fra i giustizialisti, a celebrarla come una conquista della quale essere fieri. La famigerata legge Spazzacorrotti ha rappresentato uno dei fiori all’occhiello per i forcaioli che godono nel vedere le carceri piene e si sentono appagati se i diritti della difesa vengono annullati per far prevalere sempre e comunque le tesi colpevoliste.

A ridimensionare i loro estremismi ha pensato la Corte Costituzionale, ritenendo incostituzionale quella legge nella parte in cui applica retroattivamente ai reati di corruzione la “stretta” sulla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione. Secondo la Consulta, infatti, l'applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione. Un duro colpo, quindi, alle tesi giustizialiste del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che ignorò tutte le obiezioni sollevate in proposito da autorevoli giuristi e addetti ai lavori.

Si ricorda che contro l’applicazione retroattiva della legge sono giunti alla Corte costituzionale ben 17 ricorsi di Tribunali e Corti che – sollecitati dai difensori dei condannati – ne ipotizzavano l’incostituzionalità, perché in contrasto con l’articolo 25 della Costituzione, secondo il quale, appunto, «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».

La decisione della Corte è giunta dopo che martedì, con una iniziativa di cui non si ricordano precedenti, era stata la stessa Avvocatura dello Stato a “bocciare” la legge proprio nella parte in cui vieta retroattivamente ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione la possibilità di accedere alle misure alternative al carcere.
La riforma era stata varata poco più di un anno fa dal governo giallo-verde, con la supina acquiescenza della Lega, che su questo punto aveva ceduto ai deliri giustizialisti dei grillini. Nella Spazzacorrotti la corruzione viene equiparata a altri reati simili a quelli cosiddetti ostativi (come mafia, terrorismo e traffico di droga), per i quali sono precluse le misure alternative alla detenzione normalmente applicate ai condannati a pene inferiori ai quattro anni di carcere.

La norma è entrata in vigore il 31 gennaio 2019 e, non prevedendo regimi transitori, è stata applicata ai condannati per reati per i quali avrebbero potuto beneficiare dell’affidamento ai servizi sociali o degli arresti domiciliari. Per loro, invece, si sono spalancate il primo febbraio le porte del carcere.
In quei giorni convulsi anche a livello politico si erano levate voci profondamente contrarie, come quella del deputato Enrico Costa, ex vice guardasigilli nel governo Renzi e responsabile giustizia di Forza Italia, che aveva presentato una proposta di legge un anno fa proprio per impedire questa forzatura dei più elementari principi del diritto.

Ma evidentemente il lupo perde il pelo e non il vizio, se è vero che Bonafede ci sta ora riprovando con il suo oltranzismo in materia di blocco dei termini della prescrizione, altro obbrobrio giuridico che risponde alla stessa logica di consegnare le chiavi della democrazia rappresentativa e delle libertà individuali nelle mani della magistratura, teorizzandone l’infallibilità.

Ora, però, si pone un problema di risarcimento per tutti coloro i quali sono finiti ingiustamente in cella, a causa della legge Spazzacorrotti, applicata anche a reati compiuti prima della sua entrata in vigore.

Il caso più eclatante è quello di Roberto Formigoni, ex governatore della Regione Lombardia, condannato a 5 anni e 10 mesi per corruzione nel caso Maugeri. Entrò in carcere il 22 febbraio 2019 ma, come tutti gli over 70, una volta entrato in carcere avrebbe potuto chiedere immediatamente gli arresti domiciliari. Senza la Spazzacorrotti li avrebbe ottenuti immediatamente. Invece ha dovuto subire un calvario ingiustificato di cinque mesi di carcere, a causa di una legge incostituzionale, per la cui scellerata emanazione non pagherà nessuno, tanto meno il Ministro Bonafede che l’ha proposta.

Formigoni ha reagito con comprensibile soddisfazione e ha commentato: «C’è da augurarsi che il pronunciamento della Consulta freni una linea di politica penale giustizialista presente nei governi di questa legislatura». A seguito della pronuncia della Consulta, lui potrebbe richiedere un risarcimento per ingiusta detenzione e l’affidamento in prova ai servizi sociali, fra circa un anno quando la pena residua scenderà sotto i quattro anni.

Ma sono tanti i condannati a meno di quattro anni finiti in carcere a causa della Spazzacorrotti. Ora potranno chiedere di uscire e, legittimamente, potranno nutrire un comprensibile disgusto per una politica giudiziaria, quella di matrice grillina, assolutamente contraria ai più elementari principi della civiltà giuridica.