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REFERENDUM

Aborto: milioni di dollari per convincere l'Irlanda

Si festeggia il referendum indetto dal premier irandese per sovvertire una delle poche Costituzioni che protegge ancora la vita degli innocenti. Una vittoria contro le ingerenze della Chiesa, dicono i progressisti. Ma siamo sicuri? Ecco le pressioni economiche che in 15 anni hanno convinto un paese ad abbandonare la retta via. 

Vita e bioetica 28_09_2017
Donazioni aborto Irlanda

Annunciando la decisione del premier irlandese di indire nel maggio/giungo 2018 un referendum per legalizzare l’aborto in Irlanda, ieri Repubblica.it cantava vittoria contro la mentalità “bigotta” e “illiberale” dei cattolici, ormai debellata nel paese.

Ma chi sostiene che la Chiesa plagiasse le menti e volesse costringere le donne ad essere madri e a non uccidere i loro figli, dovrebbe spiegare a tutti come definisce invece l’attività degli organismi internazionali, delle Ong e dei “filantropi” non irlandesi, che da oltre 10 anni fanno pressione sul paese per costringerlo attraverso ingenti somme di denaro e ricatti a legalizzare l’omicidio dei bambini innocenti. 

Basti pensare che se l’Irlanda, grazie ad un referendum del 1983, aveva stabilito il divieto assoluto all’aborto tranne in caso di pericolo di vita della donna, dagli anni duemila, in cui già le grandi fondazioni abortiste e le istituzioni internazionali parlavano dell’omicidio dei nascituri come di un “diritto”, aveva poi cominciato a ricevere finanziamenti in dollari per mutare l’opinione comune sull'aborto. Così nel 2013, dopo una feroce campagna sul caso di una donna morta l'anno precedente, a detta di tutta la stampa per colpa del divieto costituzionale, che poi si rivelò essere un episodio di malasanità quando ormai era troppo tardi, si riuscì a far passare una norma che ammetteva l’aborto in caso di pericolo “per la salute”, non solo fisica ma “mentale” della madre (criterio soggettivo e opinabile). 

Evidentemente, però, questa fu considerata solo una battaglia riuscita di una guerra tutta da vincere. Tanto che, subito dopo l’approvazione del cosiddetto “matrimonio” fra persone dello stesso sesso nel maggio del 2015, è cominciata un’ulteriore campagna abortista. Incrementata grazie anche ad un premier come Leo Varadkar, sodomita dichiarato e figlio di immigrati indiani, che ha fatto di tutto per indire il referendum, fissato appena prima dell’arrivo del papa in occasione dell’incontro mondiale delle famiglie a Dublino. 

Nonostante la legge irlandese vieti l’uso di donazioni estere per campagne politiche nazionali è un fatto, ad esempio, che Amnesty Irlanda, che fino a prima non si era mai espressa sulla legge antiabortista, abbia ingaggiato una lotta per la cancellazione del divieto costituzionale quando l’Atlantic Philantropies, fondata da miliardario americano Chuck Feeney (la cui visione del mondo è dichiaratamente massonica), ha cominciato a finanziarla (fino ad arrivare ad una cifra di oltre 5 milioni di dollari) per l’incremento dei “diritti umani”. Fra cui ovviamente Feeney contempla l’aborto. Così nel 2015, a pochi mesi dalle legalizzazione del cosiddetto “matrimonio” per tutti, Amnesty lanciava una video pubblicità in cui si parlava della Chiesa come di uno spettro del passato che ha avuto la colpa di far approvare un emendamento Costituzionale che “incatena l’Irlanda al suo passato”, portano sofferenza, addirittura morte, motivo per cui “va cambiata”. La Ong Amnesty in questi anni ha speso ingenti somme anche per forum ed eventi di propaganda pro choice. 

Insieme alla Ong a fare pressione sul tema in questi ultimi anni è stato l’Irish Council Civil Liberties, prima un piccolo gruppo che raccoglieva circa 9 mila dollari all’anno, che poi ha ricevuto oltre 11 milioni di dollari sempre dall'Atlantic Philantropies, trasformandosi in una macchina da propaganda. Sempre Feeney (dopo i milioni di dollari spesi per la campagna a favore del cosiddetto “matrimonio” fra persone dello stesso sesso, come denunciò la giornalista irlandese Breda O’Brien sul The Irish Times) ha versato oltre un milione di dollari anche al National Women’s Council of Ireland, che ha cominciato a lavorare sui politici e ad organizzare conferenze abortiste. In tutto i finanziamenti esteri ad organismi irlandesi che lottano per la legalizzazione dell'aborto si aggirano intorno ai 18 milioni di dollari. 

Ma spinte dall’estero sono venute anche dallo Human Rights Watch, che nel 2010 ha chiesto l’immediata decriminalizzazione dell’aborto (si veda la pubblicazione sull’“Accesso all’aborto delle donne in Irlanda” in cui si ripete continuamente che si tratta di un “diritto umano”) appena dopo aver ricevuto dall’americano George Soros 100 milioni di dollari. Il Center for Reproductive Rights, invece, ha raccolto nel 2014 circa 25 milioni di dollari da fondazioni come quella di Bill Gates e come la Ford Foundation. Fra le ingerenze più forti bisogna ricordare anche il pronunciamento della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite, che l’anno scorso ha incolpato l’Irlanda di violazione dei diritti umani in seguito al fatto che una donna si era dovuta recare all’estero per uccidere il figlio in grembo solo perché malato. 

Dunque, in un paese che è fra i più sicuri al mondo, con solo 3 decessi materni su 74.976 nati vivi ed un tasso di mortalità di 4 per 100 mila nati vivi (si pensi che in Francia dove l'aborto è legale è di 10,3), bisognerebbe davvero domandarsi chi sia, per usare le parole del video di Amnesty rivolte alla Chiesa cattolica, ad “incatenare l’Irlanda”. E, per usare quelle di Repubblica, ad essere “il più integralista”. Lo capiremo anche nei prossimi mesi.