Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giuseppe a cura di Ermes Dovico
INTERVISTA A PAOLA MESCOLI

Affido condiviso, così non va. Parola di matrimonialista

Paola Mescoli, matrimonialista di fama ed ex presidente dei Giuristi cattolici, esprime alla NuovaBq il problema fondante del disegno di legge presentato in questi giorni che «per tutelare i padri separati sacrifica l’interesse dei minori: abolire il collocamento preferenziale e l'assegno di mantenimento incrementerà il disagio dei figli e la conflittualità. Anche l'obbligo della mediazione è pericoloso oltre che inefficace. Non sarà questo Ddl a risolvere la povertà e i dissidi che il divorzio porta con sé».

Famiglia 13_09_2018

Iscritta all’albo degli avvocati e procuratori di Reggio Emilia dal 1962, Patrocinante in Cassazione, Ufficiale della Repubblica, difensore abilitato alla difesa avanti i Tribunali Ecclesiastici, presidente emerito dei giuristi cattolici, insignita da S.S. Santità Giovanni Paolo II della onorificenza Pro Pontifice et Ecclesia, Paola Mescoli, avvocato nello studio legale Mescoli&Davoli di Reggio Emilia da lei fondato, spiega alla NuovaBQ il suo «profondo disaccordo» con il disegno di legge di cui è primo firmatario il senatore Simone Pillon: "Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità".

Avvocato Mescoli, lei lavora nel campo del diritto matrimoniale da oltre 50 anni. Cosa la turba del Ddl?
È evidente che in nome della tutela dei padri separati, qui si sacrifica l’interesse dei minori. Anche se nella premessa in testa al disegno di legge si dice che l’interesse al centro è quello del minore, tutto il resto della norma dice l’esatto opposto. Al centro c’è invece un solo genitore: il padre. Inoltre, nell’introduzione del Ddl si cita Jemolo per ricordare che il diritto deve entrare in punta di piedi nella famiglia, ma poi lo si contraddice con articoli di legge molto rigidi, e quindi pericolosi. 

Prima di entrare nel merito degli articoli, secondo lei qual è l’obiettivo del disegno di legge?
La legge attuale è una buona legge, perché tutela il minore e lascia che ogni caso familiare sia gestito a sé, come deve essere, perché ogni nucleo ha una sua storia e differenze anche enormi. Ci sono però delle storture nella pratica che sicuramente vanno affrontate. Penso ad interventi a volte pesanti nei confronti dei padri per quanto riguarda la libertà nei rapporti con i figli, tanto che il Parlamento intervenne per introdurre il reato di impedimento ad una frequentazione regolare del minore con il padre. Non dico che non accada che i figli siano usati dalle madri, ma sono dei casi non la generalità. Ci sono poi dei problemi anche nell'ambito dei padri che spesso sottraggono i bambini alla mamma solo perché è il loro giorno di visita e poi li portano dai nonni perché lavorano. Sì, ci sono madri possessive, figli usati e padri che si vendicano. Ma questo è il dramma del divorzio: non sarà un Ddl simile a cambiare le cose.

C’è un ulteriore problema, la norma parla di affido condiviso confondendolo con la collocazione condivisa. Ma sono due cose diverse. Può spiegarci?
Sì, il Ddl sovrappone i due istituti facendo un pastone giuridico, perché se è giusto che l’affido sia condiviso, ossia che i genitori partecipino in egual modo alla vita del figlio e alle decisioni sul minore, ciò non può significare una collocazione condivisa.

Perché no, ci spieghi?
La collocazione preferenziale presso uno dei due genitori è necessaria al bambino dal punto di vista pratico, si pensi alla scuola o al medico di base nel comune di residenza del minore. Il disegno di legge invece abolisce la presenza di una residenza privilegiata, stabilendo che il figlio debba restare con il padre non meno di dodici giorni e quindi non più di diciotto con la madre. Piace ai genitori? Può essere, ma questo punto su cui la norma verte è totalmente contro l’interesse del minore, basti pensare ad un bambino che frequenta una scuola in Piemonte e che si deve spostare in Lombardia. Per questo, grazie a Dio, i tribunali, come quello di Reggio, tendono a sconsigliare la collocazione alternata del minore. Inoltre, la norma vigente oggi, per tutelare i padri, oltre ai week-end, cerca di far recuperare il tempo di convivenza con i figli durante le vacanze. Questo Ddl parla di affido condiviso, ma si dovrebbe chiamarlo alternato.

Il problema del collocamento stabile del minore è solo di natura pratica?
Tutta la mia esperienza e tutta la psicologia dicono che il minore ha bisogno di un riferimento sicuro, tranquillo, un nido che sia suo non solo dal punto di vista pratico, relazionale, scolastico, sportivo o della salute. Inoltre si può incolpare la madre di mettere i figli contro il padre (cosa che può succedere ma che non va risolta così, come dicevo poc’anzi) ma sono tanti i minori che non vogliono andare dal padre, o dalla madre, magari perché lì c’è il loro amante. In casi simili, non rispettare il bambino forzandolo per legge ad assecondare il genitore, è terribile. La tendenza è certamente quella di favorire il collocamento presso la madre, soprattutto se i figli sono piccoli, ma tenendo conto anche delle situazioni e dei desideri dei figli. Questo è un altro esempio del motivo per cui la norma non può essere così rigida.

Di fatto con il collocamento condiviso il disegno di legge riesce ad abolire l’obbligo dell’assegno di mantenimento. Cosa significherebbe relegare questo obbligo a casi isolati e alla discrezionalità del giudice?
Il disegno di legge fa esattamente questo, abolisce il mantenimento e lo ammette in casi particolari che però non vengono delineati, ed è un’altra decisone molto grave. In genere la madre è più debole dal punto di vista economico: è lei che acquista i vestiti, le scarpe, le penne, le medicine etc. E se così avviene, anche nel caso della collocazione condivisa, avendo lei i figli per diciotto giorni, tenderà a fare lo stesso. Ma siccome già ora i padri in generale resistono a dividere le spese a metà, non immagino le liti che sorgerebbero senza l’assegno di mantenimento.

Non si può però negare che spesso i padri si impoveriscono e magari l’uomo si trova a dover lasciare la propria casa per pagare un affitto e versare anche l’assegno di mantenimento.
La tendenza normale oggi è di lasciare che il minore cresca nella casa in cui è nato, questo sempre per il suo miglior interesse. Perciò, nella maggior parte dei casi, si lascia la dimora alla madre e ai figli, anche se la proprietà è paterna. È vero, il fatto che il padre debba magari pagare un affitto e anche versare i contributi per il mantenimento può metterlo in una situazione di grande difficoltà, così come se il padre si trovasse a dover pagare i contributi lasciando la sua casa dove magari vive anche l’amante della moglie senza pagare nulla. Sono questi i punti nodali su cui occorre sicuramente intervenire ma non in questo modo facendola pagare al figlio.

Come intervenire altrimenti?
Ad esempio il giudice deve poter decidere che la madre paghi un affitto minimo al padre, oppure che lo Stato vada incontro al padre riducendo il contributo. Poi dipende da caso a caso. Ma stabilire per norma che la casa non va più al genitore presso il quale il bambino è collocato è un errore. Se infatti è un valore, come lo è, far crescere il minore nella casa in cui ha vissuto da sempre, bisogna favorire questa tendenza. Ripeto, non si possono risolvere alcune ingiustizie verso uno dei genitori, causate dal divorzio, favorendone una ben peggiore, che per altro non farebbe che incrementare la conflittualità fra gli adulti.

Il disegno di legge istituisce anche la mediazione obbligatoria, introducendo una serie di figure di esperti che dovrebbero redimere i conflitti abbassando i costi processuali. Cosa ne pensa?
Sebbene io sia, in generale, favorevole alla mediazione come tentativo per abbassare i toni del conflitto, per questo scelgo persone di cui mi fido, la mediazione obbligatoria con crescenti figure di esperti prima della separazione è una burocratizzazione delle relazioni umane che quando istituita negli altri diritti di natura civile è stata fallimentare. Inoltre tutte queste figure introdotte dal Ddl, come quella del coordinatore genitoriale, hanno un costo. Per questo io stessa quando vedo che la mediazione non funziona la fermo immediatamente, evitando anche di allungare i tempi.