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ASSEDIO A TRUMP

Altro che "fake news". Il Russiagate è la vera bufala

La nuova puntata della telenovela del cosiddetto “Russiagate” è una bufala inventata da un giornalista dell’emittente televisiva statunitense ABC News, attualmente sospeso per un mese senza stipendio. Non c'è nulla di illecito nei contatti che il generale Flynn ebbe con i russi, c'è solo una questione di falsa testimonianza.

Esteri 04_12_2017
Michael Flynn

La nuova puntata della telenovela del cosiddetto “Russiagate” è una bufala inventata da un giornalista dell’emittente televisiva statunitense ABC News, che per questo è stato sospeso. Il mattino di venerdì 1 dicembre il giornalista 69enne Brian Ross ha lanciato la bomba: l’ex Consigliere della presidenza statunitense per la sicurezza nazionale. Michael T. Flynn, ha mentito al mondo, l’FBI lo ha incriminato e lui è pronto a testimoniare che sarebbe stato proprio l’allora candidato presidenziale Donald J. Trump a costringerlo a cercare abboccamenti con il governo russo, il sottinteso essendo che quegli abboccamenti coincidono con l’ingerenza di Mosca nelle elezioni americane del 2016 a favore di Trump e su richiesta di Trump. I media del mondo, Italia compresa, rilanciano subito la notizia con tanto di titoloni e ghigno soddisfatto, ma è una fake news mastodontica.

Nulla di tutto questo è mai accaduto. Chi lo dice? Sempre il pallonaro Ross. Il quale, dapprima ha omesso di ripetere per iscritto questa clamorosa notizia sul sito di ABC News e poi ha fatto mea culpa quando la concorrente CNN gliene ha chiesto conto. Morale, la ABC NEWS ha messo Ross in quarantena per quattro settimane senza stipendio. RealClearPolitics l’informatissimo aggregatore di notizie, statistiche e sondaggi politici, ne lascia documentazione sul web a futura memoria.

Tornando a Flynn, quel che è successo è ben altra cosa. Questo. Durante le fasi finali della campagna elettorale dell’anno scorso, Trump individuò nell’ex tenente generale Flynn la persona a suo avviso adatta a gestire, in futuro, le relazioni con i russi. In futuro cioè qualora Trump avesse vinto le lezioni per la Casa Bianca. Avendole poi vinte, Trump ha confermato la scelta di Flynn e lo ha pensato come Consigliere della presidenza per la sicurezza nazionale: è un militare di carriera, conosce il mondo, conosce i dossier della sicurezza, per Trump era l’uomo giusto. La sua nomina ufficiale è venuta il 20 gennaio 2017, giorno dell’insediamento ufficiale di Trump, ma Flynn agiva già in quella veste, seppur in pectore, durante quel periodo di transizione (dal giorno dell’elezione del nuovo presidente, nel nostro caso l’8 novembre 2016, alla sua entrata in carica ufficiale, nel nostro caso il 20 gennaio successivo) in cui non solo è normale ma persino lecito che ancora tutti i tasselli del governo siano in fieri e così pure l’ufficialità, ma non la sostanza, delle cariche.

Ora, in quel ruolo Flynn ha cercato contatti con il governo russo perché Trump, in quel momento storico, alla vigilia cioè della sua entrata in carica ufficiale, stava cercando di tamponare gli effetti della polpetta avvelenata lasciata sul terreno dal suo predecessore, Barack Obama, il quale, motus in fine velocior, si era affrettato a chiudere le serrande e il gas della Casa Bianca appena prima di uscirne comminando nuove, idiotiche sanzioni contro Mosca per la questione ucraina (il che non significa che sia automaticamente idiotica anche la questione ucraina). Trump ha dunque incaricato Flynn di cercare contatti per offrire ai russi un segno di buona volontà e di discontinuità con il passato mentre si accingeva a prendere il comando del Paese. Non solo. Sul piatto pesava pure la questione ISIS, e Trump, dopo la paralisi dell’era Obama, ha cercato immediatamente (come da promessa elettorale) di risolvere il problema vedendo quanto sarebbe stato possibile fare assieme a Mosca. Poi le cose sono andate diversamente, Trump e la Russia hanno sviluppato nuovi motivi di contrasto, ma questo è ciò che accadde allora. Tutto perfettamente legale e lecito: ci mancherebbe che un presidente degli Stati Uniti non potesse gestire i rapporti con una potenza estera.

E Flynn che venerdì si è dichiarato colpevole di menzogna davanti al procuratore speciale dell’FBI, Robert Mueller? Flynn è il coniglio che sbuca dal cilindro fuori tempo massimo. Ha detto di avere mentito negando rapporti con i russi che in realtà ci sono stati. Malissimo. Ma dove sta la novità? Flynn ha infatti già ammesso di avere mentito. Trump lo aveva nominato Consigliere del presidente per la sicurezza nazionale il 20 gennaio e Flynn il posto da Consigliere del presidente per la sicurezza nazionale lo ha perso dopo appena 24 giorni, il 13 febbraio, esattamente perché mentì su quei rapporti con i russi. Mentì dicendo di non averne mai avuti e invece ne aveva avuti. Mentì di persona persino al vicepresidente Mike Pence, il quale allora si prodigò in buona fede in una sua difesa pubblica, persino televisiva, rimediandoci alla fine una figuraccia di cui poi lo steso Flynn ha appunto, e giustamente, pagato il conto. Perché Flynn mentì in quella circostanza? Bisognerebbe domandarlo a lui, ma è evidente che il clima di caccia alle streghe scatenato dai media per tutto ciò che aveva lontanamente a che fare con i russi lo ha portato a commettere una sciocchezza gigantesca (mentire, mentire al vicepresidente, costringerlo a una magra pazzesca) per la quale, sottolineiamolo ancora, ha comunque pagato.

Va bene, si dirà, ma ciò non toglie che Flynn i contati illeciti con i russi li abbia avuti; ed essendo stato Flynn nominato da Trump in un posto chiave del governo, ciò porta direttamente a Trump. Errore da matita rossa. I contatti avuti da Flynn con i russi non sono stati affatto illeciti. Si tratta di telefonate con l’ambasciatore russo a Washington, Sergej I. Kisljak. Da quando è reato avere contatti con un rappresentante di un Paese estero che si guadagna quotidianamente lo stipendio proprio gestendo i contatti fra il governo che egli rappresenta (in questo caso la Russia) e il governo del Paese che lo ospita (in questo caso gli Stati Uniti) per un solo e unico motivo, vale a dire fare da intermediario con il proprio governo (stiamo sempre parlando della Russia)?

Sì, ma quei contatti sono loschi perché Flynn li ha cercati e gestiti certamente per conto e ordine di Trump durante la campagna elettorale dell’anno scorso proprio affinché i russi lo aiutassero a manometterne il risultato. Bugia enorme, quella messa appunto in circolo dal giornalista Ross di ABC News. Flynn ha cercato abboccamenti con Kisljak, e sì per ordine e conto di Trump, ma dopo la campagna elettorale e dopo l’elezione di Trump alla Casa Bianca. Accadde alla fine del dicembre dello scorso anno, Trump era già presidente eletto da un mese e mezzo, e d’illecito non c’è nulla. E, in sé, la notizia è vecchia di quasi dieci mesi.

Già che ce n’è l’occasione, vale la pena di ricordare chi è Flynn. Classe 1958, ha servito nell’esercito degli Stati Uniti per 33 anni dal 1981 al 2014 raggiugendo il grado di tenente generale. Nella sua carriera di comandante di unità operative e di operazioni speciali, ha accumulato una esperienza enorme nell’antiterrorismo in Afghanistan e Iraq. Per questo nel giugno 2012 e fino al suo ritiro dall’esercito, nell’agosto 2014, è stato voluto da Obama come direttore della DIA, la Defense Intelligence Agency che è principale agenzia militare statunitense di controspionaggio per i teatri esteri. Per questo anche Trump lo ha poi voluto alla Casa Bianca, prelevandolo dall’azienda privata di consulenza d’intelligence che aveva messo in piedi dopo avere chiuso con l’esercito, la Flynn Intel Group. Tra l’altro, Flynn è registrato nelle liste elettorali del Partito Democratico.