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San Domenico Savio a cura di Ermes Dovico

TESTIMONIANZA

Bangladesh, la forza del Vangelo tra i pagani

Padre Ciceri: il cambiamento
che la fede opera nei singoli
e nei villaggi è una testimonianza che porta altri villaggi al Cristianesimo.

Attualità 06_12_2011
bangladesh

Padre Paolo  Ciceri è un missionario del Pime in Bangladesh da quarant’anni, in vacanza in Italia. Gli chiedo di dirmi come e perché i suoi tribali santal si convertono a Cristo. Racconta: «Nel giugno di quest’anno ho inaugurato in un villaggio vicino a Rajshahi, novanta casette in muratura fatte per i miei cristiani. Prima vivevano in capanne di paglia e fango,per loro è stato un grande balzo in avanti nelle loro condizioni di vita. Abbiamo lavorato forte per finire prima che venissero le piogge del monsone. Abbiamo anticipato la scuola dalle 6 alle 11 del mattino, poi i bambini andavano con un cestino nei campi di patate appena raccolte. Anche in Bangladesh seguono la legge dell’Antico Testamento, nei raccolti lasciano indietro alcune patate per i poveri. I bambini venivano a casa con 6-7 chili di patate raccolte nei campi, che erano la paga della loro giornata. Uomini e donne e io stesso ci siamo impegnati allo spasimo. Molti mi dicevano che le case costavano troppo, ma il Signore mi ha aiutato attraverso tanti amici e benefattori».

«Quando abbiamo finito, i capi famiglia sono venuti a dirmi: “Prima di entrare nelle case ci vuole una benedizione solenne e poi un dono così grande che ci viene da Dio e che noi non pensavamo possibile, dobbiamo fare una riconciliazione fra le nostre famiglie, perché ci sono molte inimicizie e antipatie e vogliamo rinnovare la nostra vita secondo il Vangelo”. Sono rimasto stupito di questo, perché se la  cosa fosse partita da me era logica; ma loro stessi hanno proposto questo atto di riconciliazione nella comunità cristiana. Il sabato precedente la Messa di inaugurazione delle case, ci siamo radunati in chiesa, abbiamo pregato chiedendo a Dio la grazia di perdonarci a vicenda e di rinunziare ad ogni vendetta, che in quel popolo è una cosa sacra. Poi, famiglia per famiglia venivano davanti a tutti e facevano una confessione pubblica delle loro inimicizie, sgarbi, maldicenze, vendette e chiedevano scusa all’altra famiglia. Era per me e per tutti una cosa edificante. Nella loro semplicità avevano capito il Vangelo meglio di quanto glie l’avessi spiegato io. Le famiglie, anche di parenti, si sono incontrate, perdonate, salutate e tornate in amicizia».

«Il giorno dopo, all’inaugurazione delle casette e poi al grande pranzo per tutti, sono venuti amici e parenti pagani e quelli dei villaggi vicini. Hanno trovato una comunità diversa da come era prima. Nel mondo pagano mancano espressioni pubbliche di affetto e di gioia, in quel giorno i cristiani erano tutti contenti, allegri, si salutavano, c’era un’atmosfera di pace e di gioia non comune. Ho spiegato a tutti che le famiglie cristiane si erano rappacificate. Qualche giorno dopo un capo di villaggio pagano, che è venuto alla festa mi diceva: “Padre, noi non abbiamo mai visto nulla di simile. Fra di noi i rancori non si aggiustano mai, alle vendette non si rinunzia mai, le inimicizie sono perpetue, chi può vendicarsi lo fa volentieri e gode nell’umiliare e nel colpire il proprio nemico. Qui ho visto una felicità che non ho mai visto. Mandaci un tuo catechista perché vogliamo capire cosa dice il vostro Vangelo”. Da qui nasce la conversione di un villaggio. Per noi missionari la vita ci mette davanti a della gente che è più sensibile alla novità del Vangelo che la nostra gente cattolica da duemila anni».