Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
PAESE LACERATO

Brasile ad alta tensione, Lula alimenta le divisioni

Clima esplosivo in Brasile a pochi giorni dall’inaugurazione (1 gennaio) del mandato di Lula. Le nomine per il Governo, che includerà anche estremisti di sinistra, non facilitano la riconciliazione. E l’arresto del 24 dicembre, a Brasilia, di un improvvisato attentatore diventa l’occasione per demonizzare ulteriormente Bolsonaro e le opposizioni.

Esteri 28_12_2022
Proteste di indigeni pro-Bolsonaro

A pochi giorni dall’inaugurazione del mandato di Lula da Silva come presidente del Brasile, il Paese rimane sempre più diviso. Certamente il colloquio cordiale, strategico e amichevole tra Lula e Putin, non deve aver tranquillizzato gli elettori moderati e conservatori interni, né Paesi come gli Stati Uniti di Joe Biden che, pur odiando Bolsonaro per la sua amicizia con Trump, non desidera vedere il Brasile ritornare nelle braccia di Russia e Cina.

Il 22 dicembre Lula da Silva, rimangiandosi l’impegno di ricucire il Paese lacerato, ha deciso di anticipare alla stampa la nomina dei ministri del suo prossimo esecutivo: 16 personaggi tutti appartenenti alla coalizione di sinistra che l’ha sostenuto con l’inserimento di estremisti di sinistra, ad esempio Luciana Santos del Partito Comunista del Brasile, futuro ministro della Scienza e della Tecnologia, anche se è stata condannata recentemente per abuso d’ufficio e irregolarità amministrativa. Nomine che divideranno ancor più un Paese in crescita e che grazie al Governo Bolsonaro ha ridotto al minimo storico il debito pubblico, ottenuto un surplus della bilancia commerciale del primo semestre del 2022 di 6.5 miliardi di dollari e ottenuto il 23 dicembre scorso 500 milioni di dollari dalla Banca Mondiale per contrastare l’emergenza climatica.

A fronte di questi dati economici, Lula ha indicato come prossimo ministro delle Finanze un suo fedelissimo del Partito dei Lavoratori, l’ex sindaco di San Paolo Fernando Haddad, ignorante in economia, contrario alla libertà del mercato e statalista. A conferma di una prossima politica economica che aumenterà debito e spesa pubblica, il parlamento ha approvato nei giorni scorsi un emendamento costituzionale che permetterà a Lula di aumentare a 28 miliardi di dollari la spesa pubblica per la lotta alla povertà e il sostegno alimentare alle famiglie. Per inciso, la scelta di Haddad alle Finanze certamente ha convinto Binance, uno dei colossi delle criptomonete americane e sostenitore del Partito Democratico nelle elezioni di novembre, a nominare il nipote di Haddad come nuovo amministratore delegato delle proprie attività in Brasile.

Il presidente Lula ha deciso anche di vietare la presenza e le riprese della sua inaugurazione e del suo giuramento al network radiotelevisivo conservatore brasiliano Jovem Pan TV. Il clima è torrido, tanto che sabato 24 dicembre è stato arrestato a Brasilia un improvvisato attentatore che voleva far esplodere un ordigno per impedire l’inaugurazione di Lula. L’arresto dell’improbabile dinamitardo ha dato l’occasione al nuovo ministro alla Giustizia in pectore, Flavio Dino, per ribadire che i campi 'patriottici' (tende e sit-in di protesta fuori dalle caserme dell’esercito per chiederne l’intervento contro i brogli di Lula), sono “diventati incubatori di terroristi” e promettere che “non ci sarà alcuna amnistia per i terroristi, i loro sostenitori e finanziatori”. Vendetta anche dopo la vittoria, come già annunciato dallo stesso Dino il 20 dicembre.

Ad accrescere il clima di tensione e aizzare la voglia di sterminio politico delle opposizioni, sono le voci sulle dichiarazioni dell’uomo arrestato, tal George Washington de Oliveira Sousa, il quale avrebbe detto ai magistrati che l'ispirazione del suo gesto l’aveva tratta dai discorsi patriottici di Bolsonaro e da una ‘chiamata’ alle armi che però l’ex presidente del Brasile mai ha fatto. Trombe e rulli di tamburo risuoneranno a Brasilia nell'inno nazionale durante il giuramento di Luiz Inácio Lula da Silva il 1° gennaio prossimo; le sonate ufficiali però presto lasceranno il posto agli inni dei sostenitori del Partito dei Lavoratori che invitano il presidente uscente Jair Bolsonaro ad andarsene dal Paese e scomparire per sempre dalla vita politica brasiliana. Non sarà facile riconciliare un Paese così diviso. Le nomine del Governo di Lula, che finora hanno favorito la sinistra e i fedelissimi di partito, hanno allontanato le speranze di coloro che speravano nell’unità almeno con i moderati del Paese e con le forze produttive delle piccole e medie imprese. Il Brasile sconta anche una classe politica di sinistra assetata di vendetta e desiderosa di eliminare dallo scenario politico interno ogni leader che possa coalizzare una opposizione capace, almeno per i numeri in parlamento, di opporsi allo sperpero di denaro pubblico e alle prossime misure favorevoli ad aborto, gruppi Lgbt ed educazione all’ideologia del gender che certamente Lula proporrà e vorrà far approvare.

In questo clima, che ci siano teste calde da entrambi i lati della contesa politica è scontato; preoccupa però come il Governo e alcuni ministri e magistrati si ergano a novelli Robespierre, ‘tagliatori’ di teste di chiunque non si adegui al nuovo verbo socialcomunista carioca e di chi, nel rispetto delle procedure istituzionali, chieda una indagine seria sulle frodi elettorali e le azzardate decisioni dei magistrati ‘rossi’.

Il Brasile scivola verso la democrazia socialista e bolivariana che in Venezuela governa da decenni con l’applauso e il sostegno del Gruppo di Puebla e del Foro di San Paolo, di leader di sinistra intolleranti, anti-democratici, foraggiati da Russia e Cina e, ahinoi, coccolati dai Socialisti europei e dai Democratici statunitensi.