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Bulgaria e Moldova virano verso la Russia

Elezioni in Bulgaria e in Moldova. In entrambi i casi vincono i candidati socialisti che guardano a Mosca. In Bulgaria vince l'ex generale Radev, in Moldova il candidato russofilo Igor Dodon. La Bulgaria non ha intenzione di rompere con la NATO e con l'UE, ma vuol fare da ponte col Cremlino. La Moldova potrebbe invece entrare nell'unione doganale russa.

Esteri 14_11_2016
Radev

Una parte dell’Europa orientale vira a sinistra e verso la Russia. Anche se i risultati definitivi non sono ancora arrivati, infatti, si può ormai affermare con certezza che i ballottaggi delle elezioni presidenziali in Bulgaria e Moldova sono state vinte dai due candidati socialisti e favorevoli ad intrattenere migliori relazioni con Mosca. Si tratta di un risultato particolarmente deludente per la UE, in quanto evidenzia chiaramente il forte malcontento della popolazione nei confronti di quegli schieramenti che hanno fatto della vicinanza a Bruxelles il proprio tratto distintivo, ma che hanno fallito nel tentativo di migliorare le condizioni di vita della gente comune. 

Scendendo maggiormente nel dettaglio, il nuovo Presidente bulgaro sarà il 53enne Rumen Radev, generale in congedo ed ex Comandante della Forza Aerea di Sofia, che pur non avendo mai fatto politica, pochi mesi fa ha deciso di scendere in campo con il BSP (Partito Socialista). Quest’ultimo, infatti, stava affrontando un periodo difficile ed essendo la principale forza di opposizione, aveva la necessità di trovare un volto nuovo che potesse mettere in crisi la potente macchina elettorale guidata da Bojko Borisov, leader del partito conservatore GERB (Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria) ed attuale Primo Ministro, che aveva scelto di candidare la sua fedele alleata Tsetska Tsa?eva. Questa, pur essendo stata a lungo in vantaggio nei sondaggi, ha finito per pagare le tempistiche con cui è stata annunciata la sua partecipazione alle elezioni (solamente il 3 ottobre), il maggior carisma del suo avversario e la diffusa opinione che essa fosse un candidato troppo debole per una posizione così prestigiosa.

Il primo risultato tangibile della netta vittoria dei socialisti (gli ultimi dati accreditano Radev del 58% dei consensi), è arrivato poco dopo la chiusura delle urne, quando Borisov ha dichiarato la propria intenzione di dimettersi in quanto, a suo dire, il voto popolare ha dimostrato che la maggioranza non è più tale. Se egli manterrà fede alle proprie parole, quindi, il primo atto del Presidente eletto sarà quello di verificare la possibilità di nominare un nuovo Esecutivo o indire le elezioni. È importante comunque sottolineare che, a differenza di quanto riferito in maniera un po’ troppo enfatica da alcuni media, in Bulgaria il Capo di Stato ha una funzione prettamente cerimoniale e pertanto il trionfo di Radev non porterà ad un cambiamento radicale della politica estera di Sofia, né implicherà l’immediato allontanamento dalla NATO o dalla UE. Stando a quanto affermato dal vincitore in campagna elettorale, infatti, ci si può piuttosto aspettare che il Paese entri a far parte di quella schiera di Stati europei che, pur fedeli al proprio orientamento EuroAtlantico, chiedono a gran voce una distensione con Mosca, sia per motivi economici che politico-culturali. 

Un copione simile si è ripetuto anche in Moldova, la piccola repubblica incastonata tra Romania e Ucraina, dove il russofilo Igor Dodon (Partito dei Socialisti di Moldova) dovrebbe aver conquistato circa il 57% dei voti e sconfitto quindi nettamente Maia Sandu, la sua avversaria sostenuta da tutti i partiti filo-europei. Sebbene si sappia poco sul suo conto, il nuovo Presidente ha affermato in diverse occasioni che, in caso di vittoria, avrebbe immediatamente proceduto a riorientare verso Mosca la politica estera del suo Paese, revocando anche l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea a favore di quello con l’Unione Doganale guidata dalla Russia. In realtà, neanche in Moldova il Capo di Stato ha i poteri necessari per imporre da solo un cambiamento del genere, ma la netta vittoria di Dodon dimostra comunque che le sue posizioni sono condivise dalla gente comune, sempre più insofferente verso la corruzione endemica e della povertà diffusa (secondo la BBC un pensionato moldavo sopravvive con 50$al mese). 

In conclusione, le affermazioni dei due candidati socialisti e russofili dimostrano, ancora una volta, la difficoltà che stanno incontrando i partiti tradizionali e filo-europei, ma soprattutto che la politica di scontro frontale con Mosca promossa dal Regno Unito e dall’uscente Amministrazione Obama non ha portato i risultati sperati. Nel corso di questi anni, infatti, il forte sviluppo economico ha reso il mercato russo estremamente importante per tutti quei paesi storicamente legati a Mosca e non ancora in grado di competere su quelli dei paesi europei più ricchi, motivo per cui le sanzioni imposte in seguito alla crisi ucraina,     non solo non sono state apprezzate, ma hanno anche avuto delle conseguenze negative per alcune piccole economie dell’Est. Ciò detto, è ipotizzabile che la Bulgaria, nel caso in cui anche le elezioni politiche dovessero essere vinte dai socialisti, possa in futuro cercare di rivestire il ruolo di trait d’union fra il Cremlino e Bruxelles, il che, come già detto, non rappresenterebbe una minaccia per l’integrità della UE e della NATO, organizzazioni da cui Radev non ha nessuna intenzione di separarsi. Diversamente, la situazione della Moldavia risulta più complessa, sia perché si tratta di una realtà poco conosciuta in Europa, sia perché la sua oscillazione fra Europa e Russia può avere delle conseguenze di gran lunga superiori alle dimensioni del Paese. Se il nuovo Presidente dovesse realmente decidere di spingere per l’adesione all’Unione Doganale promossa da Putin, infatti, è probabile che ciò scatenerebbe le reazioni stizzite della Romania, cui è legata per motivi etnico-linguistici, e dell’Ucraina, che vede di cattivo occhio qualsiasi cosa che sembri richiamare anche lontanamente la Russia.