Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

LA TESTIMIONIANZA

Cadere dalle scale per scoprire quanto Dio ci ama

A metà ottobre sono caduto sulla scala che porta al mio ufficio e ho trascorso due mesi in clinica e poi nella casa di riposo dell’Istituto a Lecco. Due mesi di malattia mi hanno cambiato. A 85 anni voglio assicurare che anche il tramonto è bello, se si vive col Signore che in questi giorni rinasce nei presepi e nei nostri cuori.

Ecclesia 21_12_2014
Piero Gheddo

Anzitutto auguro Buon Natale agli amici lettori dei miei blog, per informarli che sono tornato al Pime di Milano e spero di poter presto riprendere il lavoro che faccio da una vita. Vorrei raccontare in breve la mia esperienza e soprattutto comunicarvi alcune riflessioni che la malattia e la preghiera mi hanno ispirato.  Com’è noto (vedi il blog precedente), a metà ottobre sono caduto sulla scala che porta al mio ufficio, inciampando in un gradino e ho trascorso due mesi alla Clinica Columbus a Milano e nella casa di riposo dell’Istituto a Lecco. Due mesi di malattia mi hanno cambiato. A 85 anni ho iniziato la parabola discendente della vita e voglio assicurare soprattutto gli anziani che mi leggono, che anche il tramonto è bello, se si vive col Signore Gesù che in questi giorni sta rinascendo nei Presepi e nei nostri cuori. Mi spiego.

La prima verità che ho sperimentato è che la sofferenza fisica, fa rientrare l’uomo in se stesso. Noi credenti preghiamo, ma spesso (anche noi preti) facciamo una vita superficiale. Specialmente nel mondo d’oggi, così frenetico e ricco di informazioni e distrazioni, rientrare in se stessi e interrogarsi davvero sulla propria vita è difficile. Ma quando la malattia, il male fisico ti costringe quasi a isolarti dal mondo esterno, ti ritrovi con te stesso e sperimenti la tua miseria, la tua pochezza, la tua impotenza; pregando, ripensi alla tua vita e alle grandi grazie che Dio ti ha fatto, ai tuoi sbagli e peccati; allora, se preghi, capisci in modo profondo che solo Dio conta. Tutto il resto, certo va vissuto con dedizione e amore, ma passa presto.

Quando sono entrato nella “casa di riposo” del Pime a Lecco, con più di trenta missionari anziani e ammalati, il rettore padre Daniele mi ha detto: «Benvenuto in questa casa dalla quale riparte la rinascita del Pime, perché qui si prega e si soffre molto». Le nostre sofferenze, se sono sopportate in unione alla Passione di Cristo, hanno un valore salvifico per la salvezza del mondo e la rinascita del nostro Pime, che oggi soffre per la scarsezza di vocazioni e per le crescenti difficoltà e persecuzioni in vari paesi di missione alle genti. Nell’ultima S. Messa a Lecco, ho detto ai miei confratelli: «Noi, anziani e ammalati, siamo ancora missionari in azione, con le nostre preghiere e sofferenze». E ho raccontato di aver visitato più volte tutte le missioni che la Chiesa ha affidato al Pime e ovunque i confratelli mi hanno chiesto di dire ai missionari di Lecco di pregare e di offrire le loro sofferenze per loro.

Ecco quindi il nostro compito, il senso della nostra vita in questa benedetta casa di Lecco. Noi siamo i missionari di prima linea, perché tutto viene da Dio e la sofferenza, la debolezza fisica, l’impotenza, ci mettono in stretto contatto con Gesù che ha salvato l’umanità con la morte in Croce e la Risurrezione. Non è facile, cari amici e lettori, accettare la Croce «con gioia», ha aggiunto domenica Papa Francesco, «perché con Gesù c’è sempre la gioia». Però questa è la “via stretta” di cui parla Gesù nel Vangelo, che ci aprirà, il più tardi possibile, le porte del Paradiso.