Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

INTERVISTA

Chiusa la porta all'adozione per i single

Il Senato chiude la porta alla possibilità di adottare un bambino da parte di un genitore single che ne sia già affidatario. Affidamento e adozione restano per i single due percorsi diversi: solo le coppie sposate, terminato l'affido, potranno richiedere l'adozione. Ritirato l'emendamento del Pd. Una decisione che Marco Mazzi, Presidente dell’Associazione Famiglie per l’Accoglienza commenta con soddisfazione. 

Famiglia 12_03_2015
Salta l'ipotesi dell'adozione per i single

Sfuma al Senato la possibilità di adottare un bambino da parte di un genitore single che ne sia già affidatario. Affidamento e adozione restano per i single due percorsi diversi e distanti: solo le coppie sposate, terminato l'affido, potranno richiedere l'adozione del minore. L'aula di Palazzo Madama sta discutendo del disegno di legge di adozione dei minori da parte delle famiglie affidatarie e la senatrice Pd Francesca Puglisi ha deciso di ritirare l'emendamento che conteneva questa possibilità. «Si è allontanato rischio che l’affido venga usato strumentalmente per ottenere l’adozione». 

La materia è quella assai delicata delle adozioni e la proposta normativa – che modifica la legge del 4 maggio 1983, n. 184 - ha il merito, fra l’altro, di abolire il divieto di adottabilità per i genitori affidatari, senza creare automatismi fra la condizione dell’affidamento temporaneo - anche prolungato - e l’adozione, ma lasciando al giudice la facoltà di decidere di volta in volta, in funzione del bene prevalente del minore. Una norma che mira a rimuovere un limite che nel tempo si è rivelato un inciampo, piuttosto che un facilitatore, lungo il percorso verso il benessere del bambino, e che ha incontrato un sostegno trasversale in Parlamento.  A inquinare l’apprezzabile progetto c’era però un emendamento, depositato dopo che il testo è stato licenziato dalla Commissione Giustizia di Palazzo Madama, alla vigilia dell’approdo in Aula: l’obiettivo dell’iniziativa era quello di abolire quella parte dell’articolato che lega la possibilità per la coppia affidataria di adottare il minore ad un requisito chiaro: che i coniugi siano “uniti in matrimonio da almeno tre anni”. In poche parole, la proposta di modifica, se approvata, avrebbe consentito l’adozione a prescindere dal requisito del matrimonio, dunque anche ai single e alle coppie di fatto. Va detto che la legge in vigore già prevede alcune circostanze che consentono l’adozione ai single, ma si tratta di casi specifici molto chiaramente precisati. Della nuova normativa sull’adozione, abbiamo parlato con Marco Mazzi, Presidente dell’Associazione Famiglie per l’Accoglienza: 

Presidente, cosa pensa del tentativo, poi fallito, di consentire le adozioni anche alle persone single? 

«L’esperienza della nostra associazione ci dice che questa possibilità creerebbe delle problematiche in più, e si tratta di un orientamento che condividiamo con la maggior parte delle associazioni che fanno parte del Tavolo nazionale dell’affido e del Forum delle associazioni familiari. Per un minore sofferente noi vogliamo garantire il massimo delle possibilità di essere accolto, accompagnato, seguito, educato e accudito. É vero che la legge deve valorizzare ciò che esiste e dunque contemplare anche dei casi speciali, per esempio di adozione da parte di single - proprio la proposta di legge sulla continuità degli affetti di cui parliamo oggi è nata dalla necessità di guardare ciò che succede e di rimuovere delle rigidità - ma noi avevamo auspicato che l’equilibrio raggiunto nel testo non venisse vanificato con interventi dell’ultimo minuto che potevano creare automatismi che non garantiscono il bene del bambino, che è invece quello di avere una famiglia vera». 

Quali rischi c’erano nell’emendamento poi ritirato? 

«Il rischio che l’affido venga usato strumentalmente per ottenere l’adozione. Se facciamo sì che l’affido diventi la porta attraverso cui i single possono adottare allora questo potrebbe diventare una strategia per ottenere una cosa diversa: l’affido nasce come gesto di gratuità totale, è il mettere a disposizione la propria casa e la propria famiglia per accompagnare un minore che sta attraversando un momento di difficoltà. Non va inteso come possesso, nella prospettiva di incamerare il bimbo nella propria casa e nel proprio vissuto: sarebbe un automatismo che non deve valere per i single e nemmeno per le famiglie affidatarie, perché snaturerebbe il senso dell’affido». 

Perché per l’adozione non può valere lo stesso discorso che vale per l’affido, permesso ai single anche per diversi anni? 

«Tra l’istituto dell’affido e quello dell’adozione ci sono differenze sostanziali: l’affido è uno strumento per cui un minore che ha una sua famiglia, per quanto problematica, complessa e con delle difficoltà anche significative, viene posto in un’altra famiglia che lo accompagna per un periodo della sua vita. Un periodo necessario affinché i suoi genitori naturali possano sanare la ragione per cui questa famiglia è stata riconosciuta inadeguata e si è pensato al collocamento del minore presso un’altra realtà. Le caratteristiche dell’affido sono infatti la temporaneità - è un progetto che inizia e va verificato nel suo proseguimento, non è un percorso senza fine - e la consapevolezza che c’è una famiglia di origine che rimane nella vita del minore». 

C’è chi dice “meglio un solo genitore che non averne nessuno”. Cosa risponde?

«Dico che sono meglio due genitori. Ma certo gli slogan non aiutano a capire, perché dietro ogni minore c’è una storia, tante volte dolorosa, che va ascoltata, guardata, condivisa, abbracciata per il bene suo. Noi abbiamo fatto centinaia e centinaia di affidi e a fronte della nostra esperienza trentennale possiamo dire che non c’è dubbio che la famiglia sia il luogo più capace di accompagnare un minore che si trova temporaneamente fuori della sua famiglia. É chiaro che se il minore ha sei mesi la famiglia che lo accoglie gli darà tutto quello di cui ha bisogno, pur tenendo conto del fatto che esiste un’altra famiglia. Se invece ha dodici anni ed è già radicato nella sua famiglia di origine, i genitori affidatari possono diventare come degli zii. Questo bambino avrà bisogno di essere ascoltato e accompagnato, ma è meglio per il bambino se questo avviene dentro un’altra famiglia». 

Che tipo di garanzie in più offre al bambino adottato una coppia sposata? 

«Per esperienza abbiamo visto che un minore nasce e viene accolto dentro una relazione. Pertanto una cosa è inserire il bimbo in un rapporto a due dove un adulto si prende cura di lui, altra cosa è l’accoglienza che una famiglia fa verso il bimbo: il minore viene qui inserito dentro un legame, una storia, una casa affettiva che esiste già e che è diversa da un qualunque altro luogo educativo. Nella famiglia è già presente la dinamica affettiva dell’accoglienza, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra nonni e nipoti: il minore entra pertanto dentro una trama di rapporti che lo abbraccia e in cui viene accolto. Tra l’altro, noi abbiamo osservato che un bimbo che cresce ha bisogno non solo di una famiglia, ma di un popolo, una comunità dove ci sono diverse figure, altre famiglie amiche. É dentro questo confine, dentro queste relazioni che il minore trova un significato per cui vivere. La cura fisica e materiale quotidiana dunque non basta, il bambino ha bisogno che qualcuno gli faccia comprendere che lui vale e lo aiuti a scoprire il senso della sua vita.  Il single lo può fare, pensiamo a quei genitori che restano vedovi ad esempio e fanno quello che possono, ma la famiglia lo fa in maniera peculiare, perché è un luogo dove l’accoglienza già esiste ed è vissuta in maniera partecipata e gratuita. 

Se il discusso emendamento fosse stato approvato, avrebbe facilitare in futuro anche l’adozione da parte di single o coppie omosessuali?

«Mi sembra una prospettiva ancora lontana, ma l’emendamento sarebbe stato un piccolo passo verso questo obiettivo. Del resto, questo è uno di quegli interventi che negano la peculiarità di valore che è la famiglia nella sua originalità come di luogo di accoglienza naturale e totalizzante. Il rischio di questo intervento è che venga sminuito questo valore che noi invece vogliamo salvaguardare». 

In generale come valuta l’intero disegno di legge?

«Il disegno di legge in discussione al Senato nasce per superare una rigidità che c’era prima tra l’istituto dell’affido e quello dell’adozione. In passato, quando veniva dichiarato lo stato di adottabilità durante un periodo di affido, solo in rarissimi casi accadeva che, se tra il minore e la famiglia affidataria si era instaurato un rapporto significativo per cui il distacco avrebbe creato un ulteriore trauma nell’esperienza del bambino già sofferente, allora si prendevano in considerazione i rapporti che il minore aveva già instaurato. Nel tempo questo è accaduto più di frequente, ma in presenza di un vuoto legislativo. Questa proposta di legge nasce proprio per dare la possibilità ai giudici di cogliere con maggiore libertà qual è il bene del minore».