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l'analisi

Con la bocciatura del Mes inizia il derby elettorale FdI-Lega

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Il voto di bocciatura del Mes segna l'avvio della campagna elettorale per le europee. La Meloni ha scelto la linea dura togliendo a Salvini un’arma importante per distinguersi dal resto della coalizione e per intestarsi in solitudine la bocciatura del Mes.

Politica 23_12_2023

Gli studiosi di politica economica e gli addetti ai lavori si stanno confrontando in queste ore sugli effetti della bocciatura del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) da parte della Camera. C’è chi la valuta positivamente, chi negativamente. Secondo i sostenitori del governo si tratta della dimostrazione che l’esecutivo Meloni sta dimostrando autorevolezza in sede europea e riesce a puntare i piedi e a dire dei no agli alleati. I più entusiasti tra loro leggono questa decisione come una ripicca della Meloni contro la Germania, che avrebbe trattato male l’Italia nella revisione del Patto di Stabilità. A detta, invece, di chi contesta le scelte di Palazzo Chigi, si tratta di un autogol pericoloso che rischia di far perdere alle banche italiane il paracadute del sostegno solidale dell’Europa, con conseguente indebolimento dell’economia nazionale. 

Dopo mesi di dibattiti e rinvii, due giorni fa la proposta di ratifica della riforma del Mes presentata dalle opposizioni è arrivata al voto in aula a Montecitorio ed è stata bocciata da una parte della maggioranza, che si è divisa. Fdi e Lega hanno votato contro, Forza Italia si è astenuta. Ma anche l'opposizione si è divisa, con Pd, Iv, Azione e +Europa che hanno votato a favore, Avs che si è astenuta e i 5 Stelle, come ampiamente annunciato da Giuseppe Conte, che hanno votato contro. Vista, dunque, la trasversalità registrata nella votazione, si potrebbe parlare di rivincita dei sovranisti. In realtà la lettura più aderente alla realtà è un po diversa e va ricondotta all’ormai piena campagna elettorale nella quale siamo immersi in vista dell’appuntamento con le urne del 9 giugno prossimo per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. 

Ma andiamo con ordine. Anzitutto sembra davvero certo che il Quirinale non fosse stato informato dell’accelerazione sulla votazione alla Camera. Mattarella non ha mai citato il Mes nei suoi interventi di quest’anno, ma ha più volte caldeggiato la strada dell’integrazione “anche a costo di qualche compromesso”. Di qui l’interpretazione di qualcuno che intravvede irritazione nel silenzio del Colle dopo la bocciatura del Mes di due giorni fa. 

Ma il voto con cui il Parlamento italiano mette la parola fine alla riforma del fondo salva-Stati è stato accolto sicuramente con freddezza e sconcerto in alcuni ambienti europei. Ora il completamento dell'Unione bancaria è a rischio - è il monito comune dai toni duri del direttore generale del Mes, Pierre Gramegna, e del presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe -, con il paracadute per le crisi bancarie previsto nella nuova versione del Mes che, senza il sì dell'Italia, non potrà più essere azionato il 1° gennaio come invece concordato da tutti i leader nel pieno della crisi del Covid.  

Che questo possa mettere a repentaglio la stabilità finanziaria dell’intera Eurozona lo credono in pochi, ma certamente si tratta di un intoppo non da poco nel processo di unificazione bancaria e finanziaria dell’Ue, già molto tormentato. 

Venendo alle questioni di più stretta politica interna, il voto di due giorni fa a Montecitorio segna l’ufficiale avvio della campagna elettorale per le europee. Ogni partito viaggia da solo e punta a massimizzare il suo tornaconto nelle urne rispolverando i suoi cavalli di battaglia più identitari. La Lega aveva sempre detto no al Mes in modo perentorio (così come i 5 Stelle) e quindi gioisce per la decisione presa dall’Italia, ma avrebbe probabilmente potuto incassare un più cospicuo dividendo di voti alle prossime europee se Meloni e Fratelli d’Italia fossero stati più tiepidi sul tema. Invece Palazzo Chigi ha preferito la linea dura e quindi ha tolto al Capitano un’arma importante per distinguersi dal resto della coalizione e per intestarsi in solitudine la bocciatura del Mes. Una mossa abile di Fratelli d’Italia, che però potrebbe creare dei problemi alla Meloni in sede europea. Forza Italia si è astenuta non per intima convinzione, ma per non appiattirsi e per potersi presentare agli elettori con una propria posizione autonoma. 

Fra sei mesi il tema della ratifica del Mes potrebbe anche riproporsi e a quel punto lo stesso premier italiano potrebbe cambiare idea. Non ci sarebbe più, infatti, il movente elettoralistico a motivare, come in questo caso, una posizione identitaria e meno dialogante con le cancellerie europee. Anzi un eventuale ripensamento sul Mes potrebbe essere la carta di Palazzo Chigi per tentare di affermare nuovi equilibri nella governance europea in caso di indebolimento dell’asse franco-tedesco.