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Conformismo di Elite: i buoni solo islamici e omosessuali

Nella serie tv spagnola Elite non c’è serenità, ma arrivismo, apparenza e perversione. Sullo sfondo, una società dove non esistono più coppie normali e dove l’unica famiglia felice è quella formata da “due mamme”; dove il ragazzo più sensibile è un tormentato omosessuale innamorato del musulmano Omar e dove l'unica saggia è una islamica. 

Cinema e tv 31_10_2018

Esisteva una volta la Spagna. Dopo l’avvento delle forze popolari e socialiste, quella terra cristiana è diventata qualcosa d’altro nel giro di pochi decenni. Certo, non esiste soltanto il caso spagnolo, il fenomeno è europeo ma in Spagna, rispetto a Germania, Francia, Inghilterra e Italia, la Storia è passata più veloce. Negli ultimi 20 anni il processo di erosione culturale e religioso si è fatto velocissimo. Una testimonianza viene dalle serie televisive spagnole che, grazie al volano della lingua parlata in molta parte del Sudamerica, sono sempre più diffuse.

Esse mostrano come sembrano svaniti senza lasciar traccia i residui di ciò che la Spagna è stata per secoli, con le sue tradizioni, la sua religiosità, i comportamenti, la mentalità e le credenze religiose. Ovviamente, una serie televisiva non va scambiata con la realtà, non rappresenta tutta la realtà ma è comunque un sintomo, l’espressione di un desiderio che riguarda parte dell’opinione pubblica.

Prendiamo come esempio una serie del 2018, Elite (prima stagione: 8 puntate, 2018) trasmessa in molti paesi con discreto successo. Il successo deriva dall’aver miscelato in una trama di gusto internazionale, collocabile in qualsiasi paese dell’Occidente, tradimenti, passione, sangue, sesso, qualche implicazione d’attualità come l’immigrazione e l’islam, l’omosessualità e una bisessualità mostrata come naturale. La vicenda, in realtà, tolte tutte le complicazioni di trama, è assai semplice: i giovani Christian, Nano e Nadia, che provengono da famiglie che non potrebbero permettersi la retta di una scuola prestigiosa, grazie a una borsa di studio vengono accettati e inseriti in una classe.

Nella scuola studiano i rampolli di famiglie ricche. Christian e Nano sono fratelli e la loro famiglia è disastrata: il padre è assente, la madre è alcolizzata. Non va meglio fra i ricchi: tra i compagni di classe dei tre, infatti, vi sono due coppie di fidanzati dove le ragazze sono prive di scrupoli, arriviste e i ragazzi deboli, isterici, poco virili oppure violenti e capaci di tutto. Sullo sfondo, anche qui, famiglie facoltose e prive di ogni morale privata o sociale. I genitori di alcuni dei ragazzi ricchi sono speculatori senza scrupoli che, per aver malcostruito una scuola, ne hanno causato il crollo: simbolo della vecchia scuola e della vecchia società crollata.

Nel mondo di Elite ci troviamo in una Spagna irriconoscibile che potrebbe essere la California o l’Olanda. Non c’è felicità o serenità ma soltanto un arrivismo di stile americano, apparenza, spesso perversione. Accadono furti, tradimenti, e almeno metà dei maschi e delle femmine si scoprono bisessuali. I più romantici sono i due gay, Omar, che viene da una famiglia islamica, e il suo amico Samuel. I due hanno problemi perché il padre di Omar vorrebbe farlo sposare e lui non vuole. Marina, la ragazza (il “femminicidio” è inevitabile) che verrà infine assassinata è sieropositiva e scatena gelosie che la porteranno ad essere uccisa. La sua ricca famiglia è gravida di segreti inconfessabili.

L’unico personaggio che si salva lungo gli 8 episodi per la sua saggezza, purezza, intelligenza, è Nadia che, nonostante il nome russo, è una ragazza araba e islamica con tanto di velo. Nell’improbabile scuola di Elite, tutta pavimenti lucidi e muri luminosi, si conosce un po’ di “islamofobia” ma non tanto da impedire al ricco e facoltoso Guzmán di innamorarsi di Nadia e della sua integrità. Il giovane è stanco del proprio cinismo e di quello della sua fidanzata, Lu, che vorrebbe un matrimonio ma soltanto per perbenismo. E vede nella giovane islamica quella rigenerazione che tra le sue coetanee “cristiane” non vede più.

Sullo sfondo, una società dove non sembrano più poter esistere coppie eterosessuali normali; dove l’unica famiglia felice è quella formata da “due mamme”; dove il ragazzo più sensibile è un tormentato omosessuale innamorato del musulmano Omar; dove le ragazze più pulite hanno perlomeno l’HIV e sono traditrici seriali; dove il giovane più vitale è uno spacciatore e i professori sono corrotti. La storia si svolge in una non nominata cittadina storica disegnata da antiche pietre. Ma in essa non compaiono chiese e niente di “etnicamente” spagnolo, nemmeno il cibo. I discorsi e la mentalità di questi spagnoli sembrano globalizzati, apolidi, distaccati dalle “radici”.

Questo distacco risulta evidente, eccessivo e dunque ideologico; non si era visto niente di simile nemmeno nella serie spagnola di maggior successo e maggiore intelligenza come La casa di carta. Insomma, per far accettare un prodotto audiovisivo spagnolo, come del resto già accade in Italia, si abiura totalmente alla propria identità, anzi la si tradisce. Infine, la protagonista, Marina, corrotta ma non troppo, sogna di riscattarsi fuggendo con uno spacciatore buono e proletario; sogna di nascondersi dalla sua famiglia di ricchi imprenditori che hanno causato con la loro rapacità il crollo di una scuola ma viene uccisa da un ragazzo della sua “elite”, che la considera traditrice. Infine, la vera eroina è la musulmana Nadia, tradizionalista quanto basta ma progressista quando occorre in quanto proteggerà il fratello Omar, vittima tre volte: come omosessuale, immigrato e islamico.

Una serie non dipinge una società, certo: ma dalla Spagna ci arrivano sempre più spesso produzioni televisive con queste caratteristiche. Spagna, addio?