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SENTENZA

Coppie gay, anche il Tar boccia Marino

Dopo il ministro dell'Interno e il prefetto anche il Tar del Lazio ha dato torto al sindaco di Roma sulla trascrizione dei matrimoni omosessuali stipulati all'estero. Ora aspettiamo di vedere se Marino delegittimerà anche il potere giudiziario.

Famiglia 05_11_2014
Ignazio Marino

Nella sua folle ed eversiva corsa verso il cortocircuito istituzionale, il Sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino, ha incontrato anche l’ostacolo della magistratura.

La sua bizzarra teoria sulla trascrivibilità dei matrimoni gay, infatti, non è stata bocciata solo dai Giuristi per la Vita e Pro Vita Onlus (che lo hanno denunciato alla Procura della Repubblica),  dal Ministro dell’Interno, dal Prefetto di Roma, ma anche dal Tribunale Amministrativo del Lazio che il 5 novembre si è pronunciato confermando la piena legittimità del provvedimento prefettizio con cui è stata annullata la trascrizione farsa delle nozze stipulate all’estero tra persone dello stesso sesso. 

Tutti si chiedono cosa farà ora il Sindaco Ignazio Marino. Dopo la delegittimazione pubblica del Ministro dell’Interno e del Prefetto, toccherà adesso assistere anche a quella della magistratura? Marino arriverà a mettere in discussione non soltanto il potere legislativo ed esecutivo ma anche quello giudiziario? Che il Sindaco di Roma Capitale non riconoscesse più al parlamento il ruolo di legiferare in materia di matrimonio e famiglia, lo si era ben capito. Così come si era capito che lo stesso Marino non riconoscesse al governo, nelle sue articolazioni territoriali, il potere di vigilare sull’osservanza della legge. Vediamo se ora l’inquilino del Campidoglio si fermerà dinnanzi all’ultimo potere rimasto. 

Nel caso il Sindaco di Roma Capitale arrivasse al punto di screditare persino le pronunce dei giudici, riuscirebbe a mettere a segno un filotto capace di far rivoltare nella tomba il povero Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu, meglio noto come Montesquieu, padre dell’omonima teoria della tripartizione dei poteri.

Quando bisogna andare avanti prima che si possa ritenere raggiunto il senso del ridicolo? Quante altre risorse – in termini di tempo e denaro pubblico – devono essere impiegate prima che i romani possano dire: ora basta! Quanto tempo dovrà passare prima che gli stessi romani arrivino ad imitare il loro antico concittadino Cicerone quando perse la pazienza con Lucio Sergio Catilina, e chiedere all’attuale Sindaco:  «Quousque tandem abutere, Marino, patientia nostra?» (Fino a quando, Marino, abuserai della nostra pazienza?).