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IL CASO

E Roma chiude le chiese alle veglie anti-omofobia

«Non amo la parola omofobia perché è ideologicamente strumentalizzata per chiudere la bocca a chi si oppone alla propaganda che propone un unico modo di vivere le tendenze omosessuali». È quanto afferma monsignor Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare di Roma, in una intervista che comparirà sul numero di giugno del mensile Il Timone

Ecclesia 16_05_2017
Monsignor Marciante

«Non amo la parola omofobia perché è ideologicamente strumentalizzata per chiudere la bocca a chi si oppone alla propaganda che propone un unico modo di vivere le tendenze omosessuali». È quanto afferma monsignor Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare di Roma, in una intervista che comparirà sul numero di giugno del mensile Il Timone. Come incaricato della pastorale per le persone con attrazione per le persone dello stesso sesso, nella diocesi del Papa, le sue parole assumono un significato particolare nei giorni in cui in diverse chiese italiane si svolgono veglie per le vittime dell’omofobia organizzate da gruppi Lgbt cristiani.

Al proposito è importante notare che contrariamente a quanto era accaduto l’anno passato (nella parrocchia di san Fulgenzio), quest’anno nella diocesi di Roma tale veglia è stata vietata dal Vicariato. Al contrario, la diocesi di Roma per l’accompagnamento spirituale delle persone che hanno attrazione per persone dello stesso sesso si è affidata anche all’Apostolato Courage, che educa alla virtù della castità, in questo traducendo «in maniera coerente ed efficace l’insegnamento della Chiesa in un’azione pastorale ampiamente sperimentata ed approvata», come spiega ancora monsignor Marciante. È un segnale importante perché è evidente che una posizione di tal genere su un tema così delicato, non può non essere condivisa da papa Francesco.

Nella stessa intervista il vescovo ausiliare di Roma afferma anche quanto sia «deludente constatare come l’ideologia gay sia penetrata dentro la Chiesa attraverso gruppi di pressione al fine di mutare la sua posizione nei confronti di disegni legislativi e di costumi, conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, di alcuni pastori». È quanto anche denunciava già nel 1986 l’allora cardinale Joseph Ratzinger nella “Lettera ai vescovi cattolici sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, che firmò in qualità di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Già in questo documento peraltro ci sono chiare disposizioni che impediscono l'uso di chiese per veglie organizzate da gruppi che hanno posizione diversa dall’insegnamento della Chiesa o, peggio, si propongono di cambiare il magistero in tema di omosessualità, seppure per via pastorale. Ecco il passaggio:

«Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l'apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all'uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori. A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo».