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LETTERA

Europa e islam, chi ha paura di Giovanni Paolo II?

Caro direttore,
Sono sorpreso per l'eco che hanno avuto le mie parole pronunciate nella conferenza tenuta a Bienno il 22 ottobre scorso. Vedo che alcuni le interpretano in chiave di "battaglia tra cristiani e musulmani"....

Editoriali 23_11_2017
Ratzinger e Giovanni Paolo II

Caro direttore,

Sono sorpreso per l'eco che hanno avuto le mie parole pronunciate nella conferenza tenuta a Bienno il 22 ottobre scorso. Vedo che alcuni le interpretano in chiave di "battaglia tra cristiani e musulmani". Mi addolora molto questa lettura e chiedo scusa se, per mancanza mia di chiarezza, posso aver indotto a questa interpretazione: nella mente di Giovanni Paolo II non c'era alcuna idea di "battaglia", al contrario c'era ricerca di relazioni.
Nella conversazione con il Papa di cui ho parlato nella conferenza e che è stata diffusa dalla "Nuova Bussola Quotidiana", il Papa si riferiva a certi gruppi di terroristi che già allora iniziavano ad agire, utilizzando il nome di Dio (come tante volte ricorda oggi Papa Francesco) e nei suoi commenti non c'era nessun tipo di generalizzazione.

                                                                                                                  Mauro Longhi

Caro monsignor Longhi,

non si deve scusare. Lei è stato molto chiaro nel riportare semplicemente un episodio della vita di san Giovanni Paolo II di cui è stato personalmente testimone e che apre una finestra sull’esperienza mistica di Karol Wojtyla. A scusarsi dovrebbero essere piuttosto quegli ambienti curiali che hanno voluto ridurre la visione di Giovanni Paolo II nei propri schemi ideologici o quelle testate clericali che hanno costruito improbabili dietrologie sui motivi del suo racconto e del nostro articolo. Noi abbiamo semplicemente riportato le sue parole secondo cui Giovanni Paolo II ha pre-visto una invasione islamica dell’Europa, e ha detto che bisogna opporsi soprattutto con la nostra «fede vissuta con integrità».

Disturba parlare di invasione? Ma se lo ha detto anche papa Francesco in una intervista del 2 marzo 2016 al settimanale francese La Vie: «È in atto una invasione araba dell’Europa», aveva affermato pur mostrandosi ottimista sull’esito di questa invasione. E appena due mesi fa, come ha ricordato ieri Marco Tosatti su queste colonne, è stato il cardinale Schönborn a paventare una «conquista islamica» dell’Europa.

Disturba allora parlare della necessità di una «fede vissuta con integrità»? Ma non è questo il compito di tutti i cattolici, islam o non islam? E comunque la reale alternativa che l’Europa ha di fronte l’aveva spiegata molto bene il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, più o meno nello stesso periodo della visione di san Giovanni Paolo II: «L'Europa – aveva detto - o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la "cultura del niente", della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l'atteggiamento largamente dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa "cultura del niente" (sorretta dall'edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all'assalto ideologico dell'islam, che non mancherà: solo la riscoperta dell'avvenimento cristiano come unica salvezza per l'uomo - e quindi solo una decisa risurrezione dell'antica anima dell'Europa - potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».

Significa questo forse chiamare alle crociate? O rifuggire dal dialogo e dalla relazione? Ma un vero dialogo è possibile soltanto tra due identità chiare; se io sono consapevole della mia identità e conosco il mio interlocutore, i suoi valori, cosa e come pensa. Ma il cattolicesimo oggi dominante sta allegramente rinunciando alla propria identità e non ha neanche la minima idea di chi ha di fronte, solo un po’ di solidarismo sentimentale.

San Giovanni Paolo II aveva visto proprio questo e nel riascoltare la sua testimonianza, caro monsignor Longhi, non possiamo non guardare con stupore ai grandi doni spirituali che san Giovanni Paolo II aveva ricevuto. Chi poteva immaginare nel 1993 ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti?

Solo pochi allora in Europa erano in grado di riconoscere il manifestarsi di una rinascita islamica, figurarsi pensare a una “invasione” dell’Europa. Addirittura in quel marzo 1993, data del suo dialogo con san Giovanni Paolo II, si respirava un grande clima di ottimismo internazionale: c’erano in atto promettenti colloqui di pace tra Israele e palestinesi che di lì a pochi mesi (settembre 1993) sarebbero sfociati negli storici accordi di Oslo che sarebbero valsi anche il premio Nobel per la Pace al premier israeliano Yitzhak Rabin e al leader palestinese Yasser Arafat. Il terrorismo islamista era ancora di là da venire, mentre il comunismo sovietico era appena crollato e con esso era finita la Guerra Fredda, lasciando spazio alla speranza di un Nuovo Ordine Mondiale pacifico.

Certo, ben presto gli avvenimenti avrebbero preso un’altra piega e a maggior ragione oggi possiamo dunque apprezzare quanto le parole di san Giovanni Paolo II fossero profetiche, e non solo riguardo all’invasione islamica. Così come profetiche restano le parole pronunciate da Benedetto XVI a Ratisbona, laddove sfida sia l’Occidente sia l’islam a coniugare ragione e fede.

Ma oggi purtroppo sembra che la principale preoccupazione di certo mondo cattolico sia solo quella di mettere a tacere queste voci.