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INTERVENTO

«Family Act, ecco perché l'abbiamo voluto»

Intervenendo nel dibattito politico aperto dalla Nuova Bussola Quotidiana, l'onorevole Eugenia Roccella (NCD) spiega le ragioni del Family Act del prossimo 15 novembre e difende la scelta del Nuovo Centro Destra di restare al governo: i cattolici sono un'esigua minoranza parlamentare, al governo si può incidere di più. L'alternativa è la scomparsa.
- FAMILY ACT, CHI SCENDE IN PIAZZA, di G. Tanel

Famiglia 10_11_2014
Eugenia Roccella

Cari amici,

è bene che abbiate aperto un dibattito sulla politica, utilizzando l’occasione rappresentata dalla manifestazione per la famiglia promossa dal Nuovo Centrodestra. Perché una discussione seria sull’argomento per i cattolici è urgente, indispensabile, anzi: vitale. L’Italia è stata per molto tempo il punto di resistenza e di tenuta che impediva all’Europa di prendere una deriva anticristiana che portava alla negazione di sé e delle proprie radici. Ora il nostro paese è a un punto di svolta. Giovanni Paolo II parlava di eccezione italiana, altri definivano la nostra peculiarità, leggibile nei dati e nelle indagini sociologiche, in negativo, come un’anomalia che andava superata e corretta. L’idea che il paese fosse arretrato, in affanno nei confronti del moderno, arcigno e ingeneroso sul piano dei diritti individuali, si è diffusa anche grazie al sostanziale anticattolicesimo delle élite transnazionali e tecnocratiche, le stesse che da tempo cercano di imporre la rivoluzione antropologica che nega la natura dell’uomo, a partire dalla differenza sessuale.

Oggi un fattore importante di questa eccezione è già stato eliminato. Per la prima volta nella storia della repubblica italiana, i cattolici in Parlamento sono assoluta minoranza. Dai tempi di tangentopoli, non c’è più un partito che li riunisca, ma questo non è di per sé un male; fino alla scorsa legislatura i parlamentari cattolici, presenti in entrambi gli schieramenti, trovavano forme trasversali di convergenza, più o meno accentuata, su valori fondamentali. Erano convergenze a volte spontanee, a volte stimolate da una Chiesa italiana tradizionalmente partecipe e attenta alle vicende politiche del paese. Ma la presenza di una nutrita pattuglia di cattolici popolari, più o meno adulti, anche a sinistra, ha sempre frenato la tentazione di una deriva laicista e radicale quando quello schieramento era al governo.

Oggi tutto è cambiato. L’onda anomala della questione antropologica e del pensiero relativista è qui, lambisce i nostri piedi. E in Parlamento siamo drammaticamente pochi. Pochi a metterci la faccia, a giocare la partita con piena convinzione, a voler vincere, come giustamente ha scritto Introvigne. Anch’io ne sono sempre stata convinta: come credenti si fa testimonianza sempre, ma la politica si fa per vincere, o perlomeno (e non è affatto poco) per non perdere, per salvare la postazione, scavare la trincea, e tornare a vincere domani. La mia è un’ambizione grande, che so condivisa da tanti amici del mio partito: vorrei che il mio paese fosse capace di restare se stesso, vorrei che, attraversando e vivendo la modernità, non smarrisse la tradizione, le proprie radici profondamente cattoliche, la straordinaria eccezione che ha rappresentato e che ancora, nonostante tutto, rappresenta.

Nel Nuovo Centrodestra alcune cose sono chiare, e consentono una larga agibilità per le battaglie che abbiamo a cuore. Siamo riformisti sul piano sociale, e conservatori su quello antropologico. La sinistra è ormai diventata radicale, come anticipava Augusto Del Noce, e sventola la bandiera identitaria dei diritti individuali e del politicamente corretto. Ma questa deriva era già nel suo Dna, perché la sua cultura ha sempre mantenuto il segno utopico e il sogno rivoluzionario,  ha sempre mirato a cambiare l’uomo. Prima ha tentato di farlo attraverso la trasformazione autoritaria e violenta della società, per creare “l’uomo nuovo”. Oggi può farlo con strumenti più raffinati, grazie alla tecnoscienza e a un individualismo che finisce col mettere in ombra e forse distruggere l’aspetto relazionale della persona. Chi è di destra dovrebbe invece partire dall’accettazione del limite e della natura umana; per un cattolico, dalla consapevolezza della creaturalità.

Forse ho aperto una digressione troppo lunga; in fondo dovevo solo parlare dell’iniziativa dell’Ncd sulla famiglia, raccontare perché è importante venire tutti a Piazza Farnese sabato prossimo. Ma mi preme spiegare che nella situazione di minoranza che viviamo, come cattolici, essere al governo è l’unico modo per contare qualcosa, e per aiutare (e condizionare) Renzi nell’operazione di trasformazione della sinistra che sta tentando. Il quadro politico è molto mutato in questi anni, e continua ad essere estremamente fluido. L’Ncd è un piccolo partito, ma ha funzionato da lievito, da elemento essenziale che ha favorito questo dinamismo, scombinando i vecchi equilibri e i vecchi schieramenti. Con quali risultati oggi è impossibile prevedere, ma io chiedo al mondo cattolico, al mio mondo, di fare i conti con tutto questo, cioè con il contesto e gli scenari possibili. Anche giudicando i politici e i partiti sulle battaglie che per noi contano di più - vita, famiglia, libertà di educazione- non possiamo prescindere da quello che accade intorno, come conseguenza delle nostre scelte. Il nostro compito di parlamentari oggi è lottare per guadagnare qualcosa, centimetro per centimetro, soprattutto nel complicato lavoro quotidiano di commissione, fuori dalle luci mediatiche. Un lavoro che a volte è difficile tradurre in risultati che scaldano il cuore, un lavoro che si svolge trattando e talvolta forzando, ma coscienti che tra forzare e strappare c’è un abisso di responsabilità.

Perché se facciamo cadere il governo i casi sono due. Il primo: si trova una maggioranza alternativa, senza l’Ncd, e già esistono ipotesi concrete, e fin troppe forze politiche e gruppi che si offrono. Molti dei recenti attacchi al ministro Alfano vanno letti in questa chiave: colpendo il leader del Ncd si colpisce l’attuale assetto della maggioranza e si fa traballare il governo, puntando a una nuova maggioranza. Forza Italia, per esempio, si offre insistentemente a Renzi proprio sui temi etici, sapendo che è l’ambito di frizione più forte tra Ncd e Pd. Ricordo che poche settimane fa, Mara Carfagna e Ivan Scalfarotto si sono espressi a favore di un allargamento del “patto del Nazareno” ai diritti civili, e se poche ore dopo Scalfarotto è tornato indietro, affermando che, pur apprezzando la svolta pro-gay di Forza Italia era bene che il patto del Nazareno restasse confinato alle riforme istituzionali, lo si deve presumibilmente a uno stop di Renzi. C’è poi una parte del Pd che sarebbe felicissima di spostare il governo a sinistra, grazie a una pattuglia di fuoriusciti dal Movimento Cinque stelle, da Sel e da altri gruppi. In entrambi i casi, il risultato, per i temi della vita e della famiglia, sarebbe disastroso.

L’altro scenario possibile sono le elezioni. Se si arrivasse al voto, probabilmente  la sinistra vincerebbe e sarebbe forse in grado di governare da sola. Nel migliore dei casi (molto naturalmente dipende dal sistema elettorale) si produrrebbe una situazione simile a quella attuale, con una maggioranza composita. Il rischio di un nuovo Parlamento dove la componente cattolica abbia ancora meno peso di oggi, o sia irrilevante perché si può governare facendone a meno, sarebbe assai alto.

Basta pensare quello che è accaduto con gli incontri di Todi, in cui si è parlato di irrilevanza dei cattolici (quando in realtà i cattolici in parlamento condizionavano le scelte sui temi etici) proponendo obiettivi ambiziosi. Nella realtà, però, quegli incontri hanno prodotto solo l’appoggio di tanti a Monti, che ha portato all’attuale situazione di vera irrilevanza dei cattolici, ormai ridotti a minoranze silenziose e silenziate dentro quasi tutti i partiti. Di tutto questo dobbiamo tenere conto: la posizione del Ncd al governo è oggi essenziale per contare, ma decidere dove collocare il punto di non ritorno, i paletti irrinunciabili che mettono in gioco la nostra presenza al governo, vuol dire assumersi una responsabilità grave proprio nei confronti dei principi che vogliamo difendere. Quando si valuta il singolo provvedimento, non si può prescindere da queste considerazioni, dal contesto, dalle conseguenze che ogni decisione apre. E anche su questo sarebbe utile aprire la discussione, altrimenti diventa fin troppo facile sbandierare una posizione massimalista e astratta come la più corretta, senza assumersi le responsabilità di tutte le conseguenze. A volte è molto più facile limitarsi ad alzare una bandiera, per essere facilmente riconoscibile da tutti, piuttosto che faticare per costruire una strategia e giungere a una trattativa di cui non è sempre agevole trasmettere, attraverso i mezzi di comunicazione, gli effettivi risultati raggiunti.

In passato, la delega di massa dei cattolici alla Dc è stata mantenuta per tanti anni tra mille contraddizioni, e se oggi facessimo un bilancio dell’azione democristiana giudicando le battaglie non fatte, quelle gestite in modo sbagliato, l’abbandono totale del territorio della cultura all’opposizione, l’eccesso di tatticismo che ha spesso contraddistinto la Dc, dovremmo chiederci perché si è continuato a votare per tanto tempo un partito che, avendo tanta forza elettorale, ha giocato così spesso al ribasso. Ma oggi non si tratta di votare turandosi il naso o di accontentarsi del meno peggio: si tratta piuttosto di assumersi la responsabilità di un giudizio a tutto tondo, di scelte che tengano conto dei dati di realtà - dalla situazione politica complessiva a un clima diverso nella Chiesa - e delle strettoie in cui, come cattolici, ci muoviamo.

È tenendo conto di tutto questo che abbiamo organizzato la manifestazione del 15 novembre, e che vogliamo sia una sorta di “piazza di servizio”, per dare voce a tutte le associazioni, i gruppi, i movimenti, che difendono la famiglia naturale e vogliono che i propri figli, e i propri nipoti, possano ancora dire “mamma” e “papà”. Perché la politica ha bisogno di un popolo a cui riferirsi, di un’opinione pubblica che la sostenga e la affianchi. E perché anche chi invece vuole il matrimonio omosessuale, l’utero in affitto, la compravendita di gameti, la cancellazione della differenza sessuale, e così via, sappia che quell’opinione e quel popolo esistono, e non resteranno in silenzio. La politica si nutre di consenso popolare, e d’altra parte il percorso della Manif pour Tous, in Francia, ha dimostrato come senza una rappresentanza politica significativa anche le piazze più affollate, effervescenti e coraggiose, ottengono poco o niente. Saremo a piazza Farnese per dire che a difesa della famiglia noi ci siamo, insieme a tanti altri - un popolo - fuori dal parlamento.

*Deputata NCD 

Nell'editoriale la risposta del direttore Riccardo Cascioli

 

- FAMILY ACT, CHI SCENDE IN PIAZZA, di G. Tanel
Il Family Act, che si terrà a Roma il prossimo sabato 15 novembre, in Piazza Farnese, vedrà l'alternarsi sul palco dei rappresentanti della politica e delle diverse realtà associazioniste che difendono la famiglia naturale. Un lungo elenco di personalità e di associazioni che infonde speranza: così tanti si sono mobilitati in solo pochi giorni.