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LA CAMPAGNA CHICCO

"Fatelo per l'Italia": spot importuno, ma opportuno

Lo spot Chicco è importuno perché presenta amplessi espliciti in fascia libera. Però porta con sè due messaggi contro-rivoluzionari per l'Italia: il sesso legato alla procreazione e la risalita demografica. Uno scandalo per le truppe benpensanti e Lgbt. 

Editoriali 13_07_2018
Lo spot Chicco

E’ davvero paradossale che in un Paese come l’Italia che ha abbattuto negli ultimi 30 anni ogni forma di morale, relegando all’angusto ambito del moralismo ogni pur piccola osservazione circa l’etica sessuale, ci si indigni per l’ultimo spot della Chicco (GUARDA IL VIDEO). Indignazione è tipica dei moralisti perché lo spot Chicco che sta andando in onda queste sere è nel suo piccolo una rivoluzione che nel nostro Paese non conoscevamo. L’indignazione probabilmente proviene da questo: dal fatto che finalmente anche in Italia si inizia a parlare di crisi demografica.

Certo, il problema del modo è sicuramente determinante. Anche perché lo spot va in onda in fascia libera e l’idea che minori possano assistere a immagini di amplessi neanche tanto accennati è decisamente importuna. Immorale, se vogliamo, è lo stile usato dall’azienda che produce il marchio “Chicco” dove tra le altre cose si dice “facciamolo per amore o semplicemente per il piacere di farlo”. Perché è evidente che non si può accettare uno spot che proponga l’idea di fare figli per il solo piacere di farlo. Non c’è alcuna libertà né responsabilità in questo stile.

Ma, superata e affrontata questa incontrovertibile ambiguità, che ha a che fare con la virtù del pudore, che prima o poi bisognerà recuperare, bisogna ammettere che non è immorale il messaggio generale che lo spot divulga. Che è un tabù di lunga data. E cioè che senza figli la società muore. Non è un caso che a strepitare come Erinni siano stati le solite sigle Lgbt, tenute fuori per una volta da cotanto messaggio.

Finché la natura sarà così, maschio e femmina, dovranno farsene una ragione. Certo, l’Italia sconta un gap profondissimo rispetto anche solo ad altri paesi europei. Infatti, non bisogna dimenticare che quello che sta andando in onda in queste sere è lo spot di un’azienda che dietro la facciata del “facciamolo per l’Italia” in realtà cerca di salvare i suoi profitti. Non è un reato favorire con spot la maternità naturale per vendere biberon e culle, ma almeno anche voi, risparmiateci che lo fate per l’Italia.

Però il messaggio, dicevamo, funziona, è portatore sano di un principio di cui l’Italia ha bisogno come il pane. Se domani non fosse una casa di passeggini e girelli a farsene carico, ma magari un ministero della Famiglia, probabilmente avremmo abbattuto un altro muro invalicabile: quello di un Paese e di un costume votato alla sterilità e alla pretesa del figlio come oggetto e non come atto d’amore. Lo spot in buona sostanza è positivo perché per la prima volta mette il sesso legato alla procreazione e in anni in cui tra contraccettivi, aborti e fecondazioni artificiali abbiamo fatto il pieno, giova rallegrarsene. Certo, come in tutte le cose, spesso lo stile è decisivo. Non che gli italiani debbano cambiare per forza le loro abitudini dopo aver visto uno spot, però è pur sempre vero che la società cambia anche se un pensiero si fa cultura.

E una pubblicità è un sasso nello stagno, ma va nella direzione giusta. Aspettiamo ora una mossa istituzionale per parlare di inverno demografico con coraggio e magari un pizzico di ironia. Gli esempi non mancano: alla Nuova BQ ne avevamo parlato commentando positivamente lo spot danese e quello ancor più simpatico polacco, entrambi con una malizia più delicata e una ironia maggiore. Ma dallo stesso obiettivo. Per lo meno è la spia che in Italia qualcuno inizia a riconoscere il problema delle culle vuote.