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ROMA

Fuga dalla giunta Raggi, resa dei conti fra grillini

I nodi vengono al pettine e la navigazione della Raggi come sindaco di Roma si rivela a dir poco tempestosa. La sua giunta allontana il capo di gabinetto, Carla Raineri e perde (per dimissioni) l’assessore al Bilancio e alle partecipate, Marcello Minenna, un esempio di tecnico incluso nella giunta anche se non grillino.

Politica 03_09_2016
Virginia Raggi

I nodi vengono al pettine e la navigazione della Raggi come sindaco di Roma si rivela a dir poco tempestosa. A 70 giorni dalle elezioni, la sua giunta perde pezzi e, a seguito dell’allontanamento del capo di gabinetto, Carla Raineri, nelle ultime ore registra le dimissioni dell’assessore al Bilancio e alle partecipate, Marcello Minenna, una sorta di alter ego del primo cittadino, di plenipotenziario con deleghe pesanti e decisive per la gestione del Campidoglio, ma anche dei vertici delle società dei trasporti e dei rifiuti (Atac e Ama).

Tra faide, parentopoli e strani intrecci con le disastrose amministrazioni precedenti, la vicenda della presunta rivoluzione grillina alla guida della capitale vive l’ennesimo capitolo buio. E’ in corso un braccio di ferro tra il sindaco e il direttorio del Movimento Cinque Stelle e c’è chi sospetta che dietro esista una strategia trasversale di indebolimento del primo cittadino romano, per colpire il suo principale sponsor, il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. Pare che ora la Raggi voglia rivendicare maggiore autonomia e conferire poteri più ampi al vice capo di gabinetto Raffaele Marra, ex braccio destro di Gianni Alemanno e Renata Polverini. Ma lo scollamento nelle file grilline è evidente: le parlamentari romane Paola Taverna, Roberta Lombardi e Carla Ruocco criticano in privato la Raggi e temono che la sua falsa partenza alla guida del Comune di Roma possa tradursi in un vero e proprio tsunami, anche elettorale, sul Movimento. Il quartier generale della Casaleggio Associati e lo stesso fondatore Beppe Grillo starebbero meditando di intervenire sulla situazione romana per evitare la debacle della neonata giunta. La revoca del capo di gabinetto, Carla Raineri, già finita al centro delle polemiche per il suo megastipendio da 193.000 euro annui, non è stata gestita benissimo, quanto meno sul piano della comunicazione, ed è da li’ che è partita, infatti, la valanga di dimissioni delle ultime ore.

Relativamente semplice sostituire i vertici delle municipalizzate, più arduo rimpiazzare un assessore come Minenna, su cui si reggeva molta della credibilità della nuova amministrazione capitolina. Trattasi, infatti, di tecnico non di stretta osservanza grillina, che aveva consentito alla giunta Raggi di mostrare all’opinione pubblica un volto inclusivo e aperto alle professionalità esterne.

Le considerazioni che emergono dalla crisi della giunta Raggi sono diverse. La prima riguarda il ruolo dei media tradizionali, che, fin dall’esordio del primo sindaco donna della capitale, hanno mostrato scetticismo e un atteggiamento pregiudizialmente ostile. A spargere veleno sui primi passi della neonata amministrazione anche alcuni poteri forti e talune lobby che si annidano nella burocrazia della macchina comunale. Non si può però non riscontrare l’evidente dilettantismo mostrato dalla squadra del sindaco in questi primi mesi. Troppe incertezze nelle nomine, una strategia che rimane ancora nebulosa, tanti distinguo di natura personalistica più che sul merito dei problemi da affrontare, rapporti non chiariti tra il direttorio del Movimento e l’amministrazione a guida Raggi.

L’emergenza rifiuti, il caos nei trasporti urbani e le altre criticità della capitale evidentemente non sono solo colpa di chi la amministra da due mesi, ma l’entità del successo elettorale grillino aveva alimentato altissime aspettative nei romani, che ora iniziano a veder svanire il sogno di una rivoluzione nel segno della trasparenza e del buon governo. Chi pensava che bastasse essere onesti, anche se inesperti, per guidare una città come Roma starà iniziando a ricredersi. Negli ambienti pentastellati si respira un’aria da resa dei conti, da guerra di tutti contro tutti. L’attivismo della base sui social, lungi dal tranquillizzare i vertici del Movimento, dovrebbe alimentare serie preoccupazioni sulla sua tenuta. Moltissimi commenti di fedelissimi paiono orientati alla disaffezione e alla disillusione. L’assessore Minenna si è rivelato un corpo estraneo al Movimento. Si è verificata quella che qualcuno definisce la crisi di rigetto del modello di apertura del grillismo a qualificati apporti esterni.

Sul territorio i Cinque Stelle hanno selezionato alcune figure che stanno facendo molto bene come amministratori, ma il loro utilizzo del Web, se da un lato è da lodare perché esalta la dimensione dell’orizzontalità e dell’intenso dialogo interattivo con la base, dall’altro evidenzia forti limiti rispetto alla rappresentatività di certe scelte, prese spesso da pochi e senza un accurato vaglio meritocratico.

Roma è un banco di prova decisivo per il futuro dei Cinque Stelle. Fallire nella capitale potrebbe voler dire precludersi la possibile vittoria alle elezioni politiche. Forse era proprio vero che esisteva un complotto degli altri partiti per lasciare la capitale nelle mani di Grillo e dei suoi.