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IL CASO

Gino Cecchettin, un padre nel Truman Show

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Ha suscitato scalpore la notizia che il papà di Giulia Cecchettin, la giovane uccisa dal suo ex fidanzato, abbia ingaggiato un'agenzia di comunicazione. Ma la verità è che questa è la norma: tutto quello che va sui media, dalla cronaca nera alla politica, è artefatto, è spettacolo.

Editoriali 04_01_2024
Gino  Cecchettin e la figlia Elena

Dunque, la notizia è questa: Gino Cecchettin, padre di Giulia uccisa circa due mesi fa, avrebbe dato mandato all’agenzia britannica Andrew Nurnberg di curare la propria immagine. Fallito, almeno per ora, l’impegno civico a fianco di Maria Paola Concia, Gino Cecchettin ha in programma un libro e una fiction sull’omicidio della figlia.

Capisco perfettamente che sfruttare l’omicidio della figlia per dare il via a una carriera mediatica può sembrare sconcertante ma, evidentemente, in famiglia la pensano diversamente. Prima abbiamo Elena che, nel giorno del ritrovamento del corpo della sorella recita freddamente un discorso-simbolo contro il «patriarcato», che la porta a un colloquio (esplorativo?) con i vertici del PD; poi la nonna che, negli stessi drammatici giorni, presenta il proprio libro femminista. Avvicinandosi il Festival di Sanremo, tremiamo pensando alla possibile prossima carriera del fratello Davide.

Al di là dei dubbi sull’opportunità di certe esposizioni, tuttavia, occorre forse soffermarci sul punto: sul fatto, cioè, che ci siano dei professionisti che curino l’immagine di Gino Cecchettin. Beh, non c’è nulla di strano: tutto quello che arriva sui media lo fa tramite agenzie d’immagine. Prendiamo, ad esempio, le virostar: l’immagine di Roberto Burioni e Ilaria Capua è curata dall’agenzia Elastica; Antonella Viola, invece, si è affidata alla Gabriella Nobile Agency. Questo cosa significa? Semplice: che quello che ci arriva tramite i media è uno show, è studiato fin nei minimi dettagli, artefatto. I media non fanno informazione né opinione: fanno spettacolo, intrattenimento. Tutto è intrattenimento, dalla cronaca nera alla politica; dallo sport fino alla guerra.

Ce lo spiega un libretto del sociologo Neil Postman: Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell’era dello spettacolo (Luiss, Roma 2021). In questo lavoro, l’autore spiega la differenza tra la distopia di Huxley e quella di Orwell: «Quello che Huxley insegna è che, nell’era della tecnologia avanzata, la devastazione spirituale avviene più probabilmente da un nemico con il sorriso sulle labbra che da uno il cui comportamento ispira sospetto e odio. Nella profezia di Huxley, non c’è un Grande Fratello che, per sua scelta, guarda verso di noi. Siamo noi, per nostra scelta, a guardare verso di lui. Non c’è bisogno di carcerieri, cancelli, ministeri della Verità. Quando una popolazione è distratta da cose superficiali; quando la vita culturale è diventata un eterno circo di divertimenti; quando ogni serio discorso pubblico si trasforma in un balbettio infantile; quando, in breve, un intero popolo si trasforma in spettatore e ogni affare pubblico in vaudeville, allora la nazione è in pericolo, la morte della cultura è chiaramente una possibilità».

Insomma: viviamo in un enorme Truman Show che condiziona tutto ciò che pensiamo, diciamo, sentiamo. Ma la cosa più stupefacente è che, nonostante il celebre avvertimento paolino («Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» Rm 12, 2), anche molti cattolici ci cascano e lasciano che altri orientino la loro vita. Ci siamo dimenticati degli avvertimenti stessi di Gesù a proposito dei lupi travestiti da agnelli (Mt 7, 15) e dell’invito ad essere prudenti come serpenti (Mt 10, 16).

Abbiamo abbandonato non solo un sano spirito critico, ma addirittura una salutare diffidenza nei confronti del mondo, dimenticando che chi non è con il Logos è contro di Lui (Mt 12, 30), non esiste neutralità. 
È più che urgente, quindi, convertirci: rimettere Cristo a guida della nostra vita. Smetterla di ascoltare falsi (è proprio il caso di dirlo) profeti e di unire l’innocenza delle colombe all’astuzia del serpente, così come ci è stato insegnato. E, soprattutto, buttare il televisore.