Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

CASO CHAOUKI

Giovani musulmani linciano Chaouki. Troppo moderato

Il giovane deputato del Pd Khalid Chaouki, uno dei fondatori dell'associazione Giovani Musulmani d'Italia, sta subendo il linciaggio mediatico dei suoi ex compagni. Perché in un'intervista ha parlato di influenze estremiste sulla sua ex associazione e dell'esistenza di un problema di violenza insito nell'islam.

Politica 18_12_2015
Khalid Chaouki

“I Giovani Musulmani d'Italia sono sconcertati e indignati dinnanzi alle esternazioni del Parlamentare Khalid Chaouki, che associa "inquietanti influenze" estremiste alla nostra Associazione.” Così si apre il comunicato del 15 dicembre 2015, con tanto di numero di protocollo, emesso dalla Direzione Nazionale dell’associazione Giovani Musulmani d’Italia (GMI) dopo la pubblicazione da parte del quotidiano Libero di una intervista del 14 dicembre in cui il giovane deputato del PD alla domanda perché avesse lasciato la suddetta associazione risponde come segue: “Perché mi ci sentivo stretto. Erano appiattiti sulla dimensione religiosa e subivano inquietanti influenze da parte dell'estremismo. Non vede male chi insinua che Isis e terrorismo siano insufflati dai dittatori più spietati e dagli sceicchi, che puntando l'indice contro il demone occidentale mantengono le masse islamiche nella schiavitù e perpetuano i loro privilegi, impedendo un' evoluzione sociale, economica e dei diritti”.

E’ innanzitutto curioso osservare come il comunicato dei GMI parli di Chaouki come se fosse un politico qualsiasi, ma soprattutto un estraneo, laddove fu proprio Chaouki, unitamente ad altri giovani quali Anas Breigheche e Sumaya Abdel Qader, a fondare l’associazione nel 2001 e, non solo, ad esserne anche presidente, incarico che lasciò nel 2004, e membro del Consiglio dei Garanti, da cui venne espulso nel 2011. In occasione dell’allontanamento Chaouki, quando era responsabile immigrazione dei Giovani del PD, ebbe modo di esprimere il proprio disappunto per le modalità con cui era avvenuto – una comunicazione orale della decisione unanime del consiglio dei garanti. Già all’epoca dichiarò le proprie perplessità sui GMI: “Temo che la dirigenza dei Gmi sia tornata a sentire l'influenza di associazioni esterne. Come sostengono alcuni osservatori, si assiste a un arretramento progressivo nelle iniziative di dialogo e di apertura verso le altre religioni e la società. Parlo però solo della dirigenza nazionale, perché la base e le realtà locali sono spesso molto diverse». Ma salvò la dirigenza alla associazione madre dei GMI, l'Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia (UCOII) che, a detta di Chaouki, si stava “rinnovando, e al suo interno sta avendo la meglio la corrente più aperta alla modernità. Ma a Milano permangono comunque altre realtà radicali, nell'Islam italiano. Serviva un capro espiatorio, e l'hanno trovato”. Sempre nel 2011 il deputato PD illustrò alcuni punti di frizione con i GMI il tentativo di dialogo, nel 2004, con Magdi Allam che fu “un confronto fallito”, ma che “andava tentato” e avere co-organizzato la visita in Italia del grande intellettuale egiziano Nasr Abu Zayd, venuto a mancare nel 2011 e in precedenza condannato di apostasia in Egitto e divorziato d’ufficio per la sua proposta di riforma dell’esegesi coranica. Chaouki spiegò: “era un intellettuale scomodo che, come mi è stato rimproverato, non rappresentava la linea dell'associazione dei Giovani musulmani". 

Premesso tutto questo, stupisce il comunicato dei giorni scorsi, stupisce la totale mancanza di memoria storica da parte dei GMI e la mancanza totale di rispetto nei confronti di un loro ex-presidente. Stupisce ancora di più, l’accanimento contro Khalid sui profili Facebook di esponenti e simpatizzanti dei GMI. Stupisce che Khalid, che si sa essere un musulmano praticante, venga accusato di attaccare la propria religione nel momento in cui ha affermato che “musulmani non si libereranno mai dell'odio verso l' Occidente finché non ci sarà una presa di coscienza che la violenza è purtroppo un cancro insito nella storia dell'islam e come tale va eliminato. Fin dalla morte del profeta si svilupparono interpretazioni del Corano che giustificano ogni genere di violenza in nome della religione anche contro i musulmani non sottomessi a queste logiche. Oggi solo un'infima parte dei musulmani segue queste dottrine sanguinarie, ma la reazione debole dell'Occidente alle minacce dei fanatici e il non sostenere abbastanza gli interlocutori islamici moderati rischia di destabilizzare ancora di più il mondo arabo e ingrossare le fila della minoranza pericolosa.” Anche in questo caso nulla di nuovo.

Dopo gli attentati a Parigi del gennaio scorso, Chaouki, ormai deputato del PD, rilasciò un’intervista a Panorama e alla domanda su quali fossero i nodi irrisolti del mondo islamico rispose: “Il tentativo di etichettare questi fatti come la deriva violenta di un piccolo gruppo criminale. Non è così. La questione è molto più ampia e ci investe nel profondo. Nel mondo musulmano c’è un problema di reinterpretazione dei testi sacri alla luce della modernità, va sancito in modo solenne il rapporto pacifico con l’Occidente. Ci sono nodi teologici irrisolti che poi portano a gesti criminali.” Poco prima aveva anche lanciato un grido di dolore in quanto musulmano poiché “C’è grande dispiacere. C’è angoscia, per l’immagine e l’utilizzo che viene fatto della tua religione. C’è vergogna, nel vedere la tua fede che viene associata alla morte. C’è un dolore profondo, che non viene percepito dall’esterno”. 

L’intervista rilasciata a Libero non presenta alcun cambiamento rispetto alle posizioni passate di Chaouki che ha riunito e fatto confluire in una coraggiosa intervista idee e posizioni già espresse in passato. Per questo motivo, il freddo e distaccato comunicato del GMI assume le vaghe sembianze di una excusatio non petita accusatio manifesta. Non solo. Piovono le accuse provenienti da dirigenti del CAIM, esponenti dei GMI e di persone molto vicine all’islam organizzato italiano, nei confronti del deputato, accuse che sono passate dalla diffamazione nei confronti dell’associazione a quelle ben più pericolose di essere un “opportunista. Capace di tutto e buono a nulla”, di essere un seguace di Magdi Allam e Souad Sbai – bersagli da sempre delle critiche, delle battaglie legali dell’islam politico italiano e con i quali Chaouki non solo non ha nulla a che fare, ma dai quali ha preso più volte le distanze -, di non conoscere il Corano, di essere un politicante. Accuse che alimentano odio nei giovani simpatizzanti che non conoscono la storia di Khalid e che forse non hanno nemmeno letto l’intervista incriminata. Accuse che non vogliono che i giovani musulmani possano affrontare con serenità, oppure con profondo turbamento, le opinioni altrui, in questo caso le opinioni di un giovane musulmano che non ha mai smesso di pensare a come potere migliorare e crescere, di un giovane musulmano che ha letto e incontrato Nasr Hamid Abu Zayd, che posta su Facebook il sufi Abdennour Bidar, ma che soprattutto non si è mai sottratto al confronto a differenza di chi lo critica oggi.

Khalid è stato per pochi mesi mio studente, ricordo quando si è sposato con Khalida. La vita poi ci ha fatti perdere di vista sino a un convegno pochi anni fa organizzato in una delle sale del parlamento. Non condivido alcune sue posizioni e, ammetto, talvolta mi sono posta interrogativi sulla sua posizione nei confronti del suo passato. Oggi è però tutto chiaro: Khalid si è esposto in quanto deputato, in quanto ex membro dei GMI, ma soprattutto come musulmano che, al pari di altre voci coraggiose come Bidar e la yemenita-svizzera Elham Manea, afferma che per risolvere il problema del terrorismo di matrice islamica e della radicalizzazione bisogna in prima istanza riconoscere la presenza di un problema irrisolto nel mondo islamico. La controparte di Khalid sostiene che il problema non sussiste, ma al contempo lo accusa di tradimento, di ipocrisia, di opportunismo negando la pluralità di idee che è alla base della nostra civiltà, ma anche dell’islam che dalla morte di Maometto è sempre stato plurale. Khalid, a differenza dei suoi detrattori, non dice di parlare in nome dell’islam e non afferma di essere né un imam né un teologo. Khalid afferma chiaramente di soffrire quando la sua religione viene macchiata dal terrorismo, ma non nega che questo terrorismo fa riferimento, con un’interpretazione astorica e decontestualizzata, alla sua stessa religione. Tutto questo non lo rende islamofobo, poiché un musulmano non può esserlo, né un traditore. Le accuse a lui rivolte fanno invece sorgere dei dubbi sulla moderazione di un’associazione che sembra avere rinnegato un proprio fondatore, che non accetta una critica costruttiva. Oggi è doveroso giocare a carte e a viso scoperti, oggi è indispensabile il confronto costruttivo tra i musulmani. Ma tutto questo pare non appartenga a chi attacca Khalid e si nasconde dietro un freddo comunicato. 

Sarebbe interessante assistere a un confronto pubblico tra la dirigenza GMI e Khalid Chaouki davanti a una platea di giovani musulmani residenti in Italia, sarebbe importante mettere a confronto la proposta GMI e quella di Chaouki e avviare un dibattito sano nel rispetto reciproco e lungi da ogni anatema che, dispiace dirlo, potrebbe avere serie conseguenze anche sulla sicurezza personale del nostro deputato. Ed è per questa ragione che oggi non v’è dubbio che la ragione e l’onestà devono, da un lato, farci esprimere tutto l’appoggio e la solidarietà a Khalid e, dall’altro, riflettere sulla moderazione di associazioni che vorrebbero rappresentare per i giovani musulmani l’unica vera alternativa all’islamofobia (compresa quella di alcuni musulmani che non la pensano come loro) e all’occidente imperialista e materialista, ma che mal sopportano una critica di un amico che in passato ha contribuito alla loro nascita e che dovrebbero leggere e riflettere sulle seguenti parole di Nasr Hamid Abu Zayd: “E’ giunto il momento che noi, arabi e musulmani, riesaminiamo la nostra condizione e ci liberiamo non solo dall’autorità dei testi religiosi, ma anche da ogni potere che ha impedito il progresso umano. Dobbiamo farlo ora e subito prima di essere travolti dal diluvio.”