Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

ISLAMISMO

Hamas aizza l'antisemitismo tunisino

Haniyeh, primo ministro dell'Anp, accolto a Tunisi, da ovazioni contro gli ebrei. Anche dietro il governo tunisino aleggiano i Fratelli Musulmani.

Attualità 12_01_2012
Haniyeh
“Uccidere gli ebrei è un dovere”. “Cacciare gli ebrei è un dovere”. Questi gli slogan principali che hanno accolto l’arrivo di Ismail Haniyeh, primo ministro dell'Autorità Nazionale Palestinese dopo le elezioni vinte dal suo movimento Hamas il 25 gennaio 2006, all’aeroporto di Cartagine lo scorso 5 gennaio. Tunisi è l’ennesima tappa di un tour che lo ha già portato in Egitto, Sudan e Turchia. La visita di Haniyeh non stupisce, considerato che Hamas è la filiale palestinese del movimento dei Fratelli musulmani.

Stupisce invece il tono delle frasi pronunciate, in un paese in cui la presenza ebraica è attestata sin dal II secolo dopo Cristo. In un paese che vanta anche una persona come Khaled Abd al-Wahhab che ha nascosto, e protetto dai nazisti, per quattro mesi nel 1943 due famiglie ebraiche nella propria fattoria a Mahdia. Chiunque abbia visto il film di Ferid Boughedir Un’estate alla Goulette ha appreso che nel 1967, alla Goulette, il quartiere di Tunisi ce si affaccia sul porto della città, convivevano cristiani, ebrei e musulmani. Stupisce quindi il riferimento alla cacciata e all’uccisione degli ebrei da parte dei manifestanti che dimostra una perfetta scollatura dalla memoria storica a favore della ideologia che vuole confondere ebrei e Israele. Gilles-Jacob Lellouche, membro della comunità ebraica tunisina e fondatore dell’associazione culturale “Dar Edhekra” ha giustamente sottolineato che quel che più lo fa soffrire è “il silenzio assordante della classe pubblica riguardo questa deriva razzista”.

Di fatto Rached al-Ghannouchi, leader del partito El Nahdha, ovvero il movimento politico tunisino legato ai Fratelli musulmani oggi al potere, ha emesso un comunicato in cui dichiara che “i cittadini ebrei vivono in pace nella loro terra Tunisia da molti secoli e che gli ebrei in Tunisia sono cittadini a tutti gli effetti, con diritti e doveri come tutti gli altri cittadini. […] il movimento El Nahdha disapprova gli slogan che non emanano dallo spirito dell’islam né dai suoi insegnamenti, ritiene che questi slogan appartengano a una fronda marginale che si è unita al movimento El Nahdha e si è mescolata ai propri attivisti”.

Sarebbe rassicurante potere credere a queste parole. Ma purtroppo ci sono dei dati oggettivi che fanno sorgere enormi dubbi sulla sincerità di queste dichiarazioni. Ebbene Haniyeh è leader di Hamas, ufficialmente legato ai Fratelli musulmani, al-Ghannouchi è leader di El-Nahdha, movimento anch’esso ufficialmente legato ai Fratelli musulmani. Lo Statuto di Hamas all’articolo 6 recita: “Il Movimento di Resistenza Islamico è un movimento palestinese unico. Offre la sua lealtà ad Allah, deriva dall’islam il suo stile di vita, e si sforza di innalzare la bandiera di Allah su ogni metro quadrato della terra di Palestina. All’ombra dell’islam, è possibile per i seguaci di tutte le religioni coesistere nella sicurezza: sicurezza per le loro vite, le loro proprietà e i loro diritti. È quando l’islam è assente che nasce il disordine, che l’oppressione e la distruzione si scatenano, e che infuriano guerre e battaglie” e all’articolo 7 ribadisce: “Il Movimento di Resistenza Islamico è uno degli anelli della catena del jihad nella sua lotta contro l’invasione sionista. È legato all’anello rappresentata dal martire ‘Izz-Id-Din al-Qassam e dai suoi fratelli nel combattimento, i Fratelli Musulmani del 1936 [che continuarono la lotta dopo che al-Qassam fu ucciso nel 1935]. E la catena continua per collegarsi a un altro anello, il jihad degli sforzi dei Fratelli Musulmani nella guerra del 1948, nonché le operazioni di jihad dei Fratelli Musulmani nel 1968 e oltre.

Benché gli anelli siano distanti l’uno dall’altro, e molti ostacoli siano stati posti di fronte ai combattenti da coloro che si muovono agli ordini del sionismo così da rendere talora impossibile il perseguimento del jihad, il Movimento di Resistenza Islamico ha sempre cercato di corrispondere alle promesse di Allah, senza chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto. Il Profeta – le preghiere e la pace di Allah siano con Lui – dichiarò: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo; ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei.” In questa direzione si muovono le dichiarazioni di Haniyeh durante la visita a Tunisi. Il leader di Hamas ha non solo ribadito che Hamas non riconoscerà Israele, che “Israele non ha più alleati in Egitto e in Tunisia”, ma ha anche ricordato che si tratta di una questione “religiosa”.

Ne consegue che o Haniyeh/Hamas mente o Ghannouchi/El Nahdha mente. Il loro denominatore comune rimane comunque il movimento dei Fratelli musulmani. Nel 2007 l’intellettuale yemenita Elham Manea scriveva: “La notizia, che avevo letto in una e-mail, era che il sito Awladuna (I nostri figli) per bambini del movimento dei Fratelli musulmani egiziani aveva dedicato alcune pagine per instillare l’odio nei confronti degli ebrei nei cuori dei ragazzi. Non ci credevo perché i Fratelli musulmani continuano a ripetere che non odiano nessuno e che secondo la loro interpretazione la religione islamica è una religione di pace, che non hanno alcun problema né con gli ebrei né con la religione ebraica, bensì con lo stato di Israele e le sue azioni repressive contro il popolo palestinese”. Proprio come nel comunicato di El Nahdha. Ma la Manea proseguiva con un mea culpa ben preciso: “Tuttavia la questione non si conclude sulla soglia del pensiero religioso politico, ma sfocia nella nostra convinzione di essere in perenne lotta con gli ebrei. Diventa un odio velato che risiede nel nostro inconscio. Che esiste. Che sarà difficile negare, che sarà difficile negare perché in molte delle nostre società la parola “ebreo” è un’ingiuria”.

Quindi ha ragione, ed è onesto, Haniyeh quando afferma che “sostenere la Palestina è un obbligo religioso e nazionale”, quindi che si tratta di una questione politica e religiosa al contempo, mentre mente, o tace la verità, al-Ghannouchi. D’altronde se non condividesse le idee del leader di Hamas perché avrebbe invitato lui e non Abu Mazen? Se così non fosse perché Abu Mazen avrebbe rifiutato l’invito tardivo del governo tunisino a partecipare ai festeggiamenti della rivoluzione? Ancora una volta i fatti contano molto più delle parole, pronunciate o meno, e farebbero bene i governi occidentali ad aprire gli occhi prima che sia troppo tardi.