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LA GUERRA MEDIATICA IN SIRIA

Il clown di Aleppo e le immagini che non vediamo

Sta facendo il giro del mondo la notizia della morte ad Aleppo sotto un bombardamento aereo del giovane clown.  Non fa notizia chi vive la medesima tragedia a causa dei missili dei “ribelli” sui quartieri in mano ai governativi. Colpa anche di un certo ambiente di sinistra in Europa e negli Usa che continua a preferire chiunque sia schierato contro Assad, anche quando è assai peggio di lui.

Esteri 03_12_2016
Il giovane clown

Sta facendo il giro del mondo la notizia della morte ad Aleppo sotto un bombardamento aereo del giovane clown Anas Basha, volontario in una piccola Ong attiva nei quartieri della città sotto il controllo dei “ribelli”. A quanto ora si apprende,  il giovane clown era un personaggio amato e popolare tra i bambini di tali quartieri che rincuorava e rasserenava con i suoi scherzi e i suoi piccoli spettacoli clowneschi. E’ una storia significativa e commovente, né c’è motivo di temere che sia falsa. Piuttosto ci si può domandare come mai di questa vicenda così esemplare nulla si fosse finora saputo. Sul posto il personaggio era evidentemente noto e seguito;  alcune delle sue foto che ora circolano non sono istantanee da telefonino, ma immagini di qualità professionale.

Fermo restando tutto il rispetto che si deve alla memoria di questa persona, non ci si può tuttavia non soffermare sulla “gestione” che qualcuno sta facendo del dramma e del dolore dei civili intrappolati nella grande città siriana da tempo divenuta un campo di battaglia. Mentre da un lato tale tragedia riguarda allo stesso modo tanto chi vive nei quartieri sotto il controllo dei “ribelli”  quanto chi vive nei quartieri sotto il controllo del governo di Damasco, i grandi giornali e telegiornali danno eco solo al caso di chi soffre, di chi perde la casa, di chi muove e di chi resta orfano a causa dei bombardamenti aerei russi e governativi sui quartieri in mano ai “ribelli”. Non fa notizia o quasi il caso invece di chi vive la medesima tragedia a causa dei missili e dei bombardamenti di artiglieria dei “ribelli” sui quartieri in mano ai governativi. Della situazione in questi quartieri si hanno ben poche immagini, e in pratica nessuna video-ripresa. E’ una distorsione, osserviamo per inciso, che poi dai grandi media si estende meccanicamente ai media minori ad essi subalterni, non esclusi ovviamente quelli di ispirazione cattolica.

La conseguenza è che il proverbiale “non addetto ai lavori” in pratica finisce per credere che ad Aleppo i civili siano soltanto sotto il tiro delle armi dei governativi e dell’aviazione russa che li sostiene. Anche quando capita di parlarne davanti a un pubblico motivato, come ci è accaduto, e dando la parola a testimoni diretti della situazione, spesso si fatica a far capire a chi ascolta la realtà delle cose. Il dramma degli abitanti rimasti nei quartieri sotto il tiro delle armi dei “ribelli”, e che sono tra l’altro quelli dove vive la massima parte dei cristiani, non viene percepito.

Inoltre mancano perciò adeguate immagini e notizie della grande opera di soccorso e di assistenza in cui le comunità cristiane locali sono impegnate. Le informazioni, e rispettivamente le raccolte di aiuti, devono perciò percorrere canali alternativi. Di particolare importanza sono quelli che fanno capo alla Custodia francescana di Terra Santa, soprattutto nota e visibile a Gerusalemme e altrove in Israele e Palestina, ma presente pure in Siria e in particolare ad Aleppo. Induce a qualche mesta considerazione il vedere quanto la testimonianza drammaticamente attuale che stanno dando i francescani ad Aleppo venga ignorata dalle grandi catene televisive. Quelle stesse catene televisive che sono invece sempre pronte a dare grande eco a qualunque cosa, comunque variopinta, accada all’ombra della Basilica di San Francesco ad Assisi tra lanci di colombe e di palloncini.       

E’ evidente che un così particolare orientamento dell’informazione non è un fenomeno spontaneo. Si tratta in effetti del frutto dell’opera di agenzie di pubbliche relazioni che lavorano per alcune grandi Ong internazionali impegnate in iniziative di soccorso e assistenza nelle aree sotto il controllo dei “ribelli”. Trattandosi di Ong su posizioni di antica tradizione sessantottina può sembrare strano che abbiano scelto di sposare la causa dei “ribelli”, ossia in sostanza degli islamisti di Al Quaeda e dell’Isis/Daesh. 

Per paradossale che sia, tale schieramento non è però inspiegabile. Si spiega con il fatto che il detonatore della guerra civile in Siria furono, come qualcuno ricorderà, gruppi e organizzazioni vagamente di sinistra che potevano contare sull’appoggio di analoghi ambienti di sinistra sia in Europa che negli Stati Uniti. Malgrado tutto ciò che accadde in seguito - compresi i sequestri e le decapitazioni di volontari “progressisti” occidentali poi giustiziati proprio da coloro che si erano recati ad aiutare -  un certo ambiente di sinistra in Europa e negli Usa continua a preferire chiunque sia schierato contro Assad, anche quando (come di solito) è assai peggio di lui.