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Il moralismo della Chiesa che non converte a Cristo

Si continuano a fare richiami etici, mentre è alla testa dell’uomo che dovremmo rivolgerci, perché è lì che è cominciato il disastro esistenziale che poi si è espanso a quello morale. Il moralismo non farà ritornare nella Chiesa i lontani e, come diceva Chesterton, il richiamo alla carità non resisterà se non sarà basato sulla verità della persona di Cristo.

Editoriali 14_08_2018

Caro direttore,

essendo Santa Madre Chiesa parte integrante della mia vita da sessanta anni a questa parte, non riesco a non pensare al suo cammino nella storia ed alle sue attuali problematiche anche in questo periodo di distensione al caldo delle colline piemontesi (dove, peraltro, sono nato, anche se poi sono diventato “milanese”). Tra le tante cose che si potrebbero dire in proposito, vorrei accennare a tre aspetti, che forse non sono fondamentali, ma che non mi sembrano secondari.

Ho l’impressione che i cattolici del nostro tempo riescano a rivolgersi al “mondo” quasi esclusivamente attraverso una serie di richiami morali, che riguardano soprattutto le cose da fare. Il grande Chesterton, nel libretto che contiene alcuni suoi scritti sotto il titolo  “Perché sono cattolico” (Ed. Gribaudi), così si esprimeva: «Il mondo moderno ha subìto un tracollo mentale, molto più consistente del tracollo morale». Ed il Servo di Dio don Giussani diceva spesso che, rispetto all’educazione dei figli, i genitori devono innanzi tutto assicurare una coerenza ideale, anche perché nessuno è in grado di mantenere al cento per cento una coerenza morale. Cioè, noi continuiamo a fare richiami etici, mentre è innanzi tutto alla testa dell’uomo moderno che dovremmo rivolgerci, perché è lì che è cominciato il disastro esistenziale, che poi si è espanso all’aspetto morale. Tra l’altro, non penso che con i richiami etici noi riusciremo a fare ritornare o entrare nella Chiesa i tanti che oggi se ne sono allontanati. È solo la testimonianza del fascino personale di Cristo che può convincere le persone a vedere in modo diverso la presenza precaria e difettosa ma anche divina della Chiesa.

Un altro aspetto che mi preoccupa consiste nel fatto che molti cattolici sembrano vivere una grossa indifferenza rispetto agli aspetti ortodossi dell’esperienza cattolica. Il solito Chesterton, all’inizio del libretto a cui ho appena fatto riferimento scrive: «La difficoltà nello spiegare perché sono cattolico consiste nel fatto che vi sono diecimila ragioni, tutte riconducibili ad un’unica ragione: che il cattolicesimo è vero». Nel lungo tempo, la distrazione sulla verità di cui la Chiesa è portatrice per mandato di Cristo porterà anche alla distrazione sulle virtù teologali e su tutto il resto. Lo stesso richiamo alla carità non resisterà se non sarà basato sulla verità costituita dalla persona di Cristo, che oggi è presente nella Sua Chiesa. Il fascino stesso della Chiesa sta nella sua «capacità di salvaguardare la verità» (Chesterton).

La terza mia preoccupazione deriva, probabilmente, da quella a cui ho appena accennato. Noto una sorte di ossessione di tantissimi cattolici che li porta a fare di tutto per immedesimarsi con il “mondo”, quasi che Cristo non avesse portato in mezzo a tutti gli uomini ed a tutte la donne una realtà “diversa”, irriducibile ai criteri del pensiero e della prassi dominanti. Durante il convegno tenutosi nel 1973, nel pieno delle battaglie seguite agli eventi del 1968, gli studenti universitari di CL avevano il coraggio di affermare: «La Chiesa si trova a vivere la sua avventura terrena in una mescolanza e in una confusione di orizzonti irriducibili. Come Paolo ad Atene, essa nella città degli uomini pagani, deve tentare di scoprire tra i vari idoli, la verità confusamente perseguita dagli altri…..L’incontro del cristiano con gli altri sarà allora determinato dalla tensione a riscoprire la comune origine e la comune verità, non in abbandono della propria identità, ma in un continuo incontro-scontro, senza pusillaminità, nella libertà dei figli di Dio».

Caro direttore, forse quanto qui ti ho scritto deriva da un fatto cui ho già fatto cenno in un’altra lettera. Ed il fatto, purtroppo è questo: spesso abbiamo vergogna di Cristo e della Chiesa e facciamo di tutto pur di parlare di tutto, tranne che della “Estranea”.