Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

SCENARI

Il rogo di "Charlie Hebdo" e il fuoco dell'islamofobia

L'Occidente difenda i diritti umani universali ed eviti di diventare vittima della propria libertà. L'islamismo sa bene come sfruttare le zone grigie.

Attualità 04_11_2011
"Charlie Hebdo"

 

L’attentato che mercoledì ha colpito la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo costringe per l’ennesima volta a una riflessione sul rapporto tra islam e satira, ma soprattutto sul concetto di islamofobia.  Ieri sarebbe dovuto uscire un numero della rivista incentrato sul risultato delle recenti elezioni tunisine che hanno visto la vittoria del partito islamista di Al-Nahdha, legato ai Fratelli musulmani. Il numero avrebbe avuto eccezionalmente come titolo della testata "Sharia Hebdo" e altrettanto straordinariamente il direttore editoriale del numero sarebbe stato Maometto. Provocazione? Ebbene, le copertine di Charlie Hebdo non hanno mai risparmiato nessuno, nemmeno il Pontefice. La posizione anti-clericale del settimanale francese è nota a tutti. Resta da domandarsi perché sia scesa agli onori della cronaca solo quando ha toccato l’islam.

Nel 2006 l’Unione delle Organizzazioni islamiche di Francia e la Grande moschea di Parigi avevano già sporto denuncia contro Charlie Hebdo per avere ripubblicato le vignette danesi su Maometto. Nel marzo 2008 la corte d’appello di Parigi aveva comunque respinto ogni capo d’accusa poiché le caricature «che si riferiscono chiaramente a una frazione e non all’insieme della comunità islamica, non costituiscono un oltraggio, né un attacco personale e diretto contro un gruppo di persone in virtù della loro appartenenza religiosa e non valicano il limite ammesso della libertà di espressione». È interessante che uno dei testimoni chiave a favore della rivista fosse il giornalista musulmano Mohamed Sifaoui che ha dichiarato a più riprese: «Dobbiamo chiedere ai musulmani, in particolare i religiosi, che siano della Moschea di Parigi o dell’Uoif, di darci una spiegazione chiara, coerente e logica che ci permetta di dormire in pace e di comprendere il loro silenzio nel periodo successivo agli attentati di Londra, Madrid, New York, Sharm el Sheikh, Istanbul, Algeri, Casablanca, Bali e Djerba. Perché sono così calmi e "illuminati" quando minacciano Redeker e così rapidi a perseguire in giudizio la rivista Charlie Hebdo per un semplice colpo di matita? Perché organizzano, o lasciano organizzarsi, delle manifestazioni per il velo e diventano improvvisamente claudicanti quando si tratta di manifestare contro la barbarie terroristica che si applica in nome dell’islam?».

Il tribunale francese ha agito in maniera responsabile e sensata, ma la situazione deve fare riflettere per almeno due motivi: in primo luogo, l’attacco non viene da tutti musulmani, ma da sedicenti “comunità e organizzazioni islamiche” che non sono per nulla rappresentative, e in secondo luogo perché esiste una strategia che mira a mettere il bavaglio alla libertà d’espressione, in secondo luogo, a dimostrazione del fatto che l’islam ha vari volti, l’avvocato della rivista francese è sua volta musulmano. Sono proprio queste organizzazioni islamiche, che obbediscono alla politica contro l’islamofobia dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica e che sono nella maggior parte dei casi legate ai Fratelli musulmani,  le principali fautrici della teoria che in occidente esista ormai una “paura irrazionale”, una fobia nei confronti dell’islam e dei musulmani.

Purtroppo la penetrazione di queste organizzazioni nelle istituzioni politiche europee e occidentali ha fatto sì che siano riuscite a convincerci della necessità di proteggere l’islam e i musulmani dal “nemico”.
Il Consiglio d’Europa, in cooperazione con l’Unione Europea, l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, la Lega Araba e altre organizzazioni islamiche ha approvato la risoluzione 1605 in cui si invitano chiaramente gli Stati membri “a vigilare e continuare la loro opera di prevenzione e lotta contro l’islamofobia. In base in quanto appena affermato l’Assemblea chiede agli stati membri del Consiglio d’Europa di agire con forza contro la discriminazione in ogni area; condannare e combattere l’islamofobia; incoraggiare la partecipazione delle persone provenienti dall’immigrazione nei partiti politici, nei sindacati e nelle organizzazioni non governative; prendere tutte le misure necessarie per eliminare la disparità di opportunità da parte degli immigrati, comprese la disoccupazione e un’educazione inadeguata; rimuovere gli ostacoli non necessari dal punto di vista legale o amministrativo che impediscono la costruzione di un numero sufficiente di luoghi di culti appropriati per la pratica dell’islam; assicurare che i libri di testo scolastici non ritraggano l’islam come una religione ostile o minacciosa; incoraggiare i giovani musulmani europei a diventare imam; incoraggiare la promozione di un’onesta copertura della realtà islamica e assicurare che venga presentata anche la voce dei moderati; sviluppare linee guida etiche per combattere l’islamofobia a favore della tolleranza culturale in cooperazione con le organizzazioni mediatiche appropriate.”

Un commento immediato e spontaneo a questa risoluzione. Che cosa dovrebbe dire, fare e pretendere l’occidente giudaico-cristiano nei confronti del mondo arabo-musulmano dove nelle moschee e dalle televisioni satellitari come Al Jazeera si propaga un profondo antioccidentalismo e anti-sionismo? Che cosa dire dei libri di testo scolastici usati in Egitto, in Arabia Saudita e in altri paesi islamici in cui si dà una versione unilaterale della storia?

Ebbene se solo si ascoltassero le voci dei veri moderati la risoluzione non sarebbe stata nemmeno abbozzata. Molto esplicita è la ricercatrice tunisina Raja Benslama: «Vediamo i musulmani piangere perché si attenta all’immagine dell’islam e dei musulmani. Come se questa immagine non fosse conforme all’originale. Deplorano l’ascesa dell’islamofobia come se l’islam, così come lo viviamo oggi, fosse indenne da ogni fobia. Fobia delle donne e dei deboli, fobia delle persone che pregano e pensano in maniera diversa. Vengono poi le grida di coloro che hanno imposto la loro tutela all’islam, inturbantati o meno. Partono in quarta e ripetono allo sfinimento che l’islam è la religione dell’amore, della tolleranza, dell’uguaglianza e della ragione. Esigono che chiunque voglia parlare dell’islam sia musulmano come loro, che appoggi le loro opinioni sull’islam. Altrimenti che chieda scusa. Altrimenti peggio per lui!».

Anche l’egiziano Magdi Khalil, presidente del Middle East Freedom Forum, ci mette in guardia da chi denuncia il dilagare dell’islamofobia: «Esiste un numero considerevole di singole persone e organizzazioni che sostengono il concetto di "islamofobia", tra le quali spiccano Tariq Ramadan in Europa e l’organizzazione islamica Cair negli Stati Uniti,  tuttavia nessuno di costoro ha mai definito i terroristi come infedeli che hanno abbandonato l’islam. Di fatto le affermazioni di queste persone e di queste organizzazioni condannano in maniera vaga e generale il terrorismo mentre le loro azioni alimentano l’indignazione dei musulmani, e caldeggiando continuamente il concetto di islamofobia, aumentano il risentimento e la rabbia in seno alle comunità islamiche in occidente e facilitano il compito di reclutamento da parte delle organizzazioni terroristiche».

Una conferma a queste parole viene da Abd al-Khaliq Husein, liberale iracheno residente in Gran Bretagna: “Sono i seguaci dell’islam politico ad avere inventato l’espressione “islamofobia”, sono loro a trarne vantaggio e sono loro che fanno di tutto per alimentarla. Il loro scopo è quello di porre le comunità islamiche in occidente in contrapposizione e confronto con i popoli delle nazioni ospitanti e spingere i musulmani verso l’estremismo religioso”. Husein chiarisce un punto fondamentale che dovremmo tutti, Consiglio d’Europa compreso, tenere presente: «In occidente non esiste la paura dell’islam in quanto religione, bensì esiste la paura dell’islam politico che ha come conseguenza il terrorismo islamico che colpisce e danneggia più i musulmani che l’occidente».

Le parole di Husein chiariscono perfettamente che certe posizioni che vengono tacciate di islamofobia sono una obiettiva, chiara e lucida critica dell’estremismo islamico che ci presenta la versione più rigida e aberrante dell’islam. Se islamofobo può essere definito chi attacca i musulmani per partito preso, chi depone una testa di maiale mozzata davanti a una moschea, chi insulta senza motivo i musulmani in generali, non è certo islamofobo invece chi documenta la propria preoccupazione per l’avanzata dell’estremismo islamico che vede come proprie principali vittime i musulmani stessi. Solo demolendo il concetto di islamofobia, tanto caro all’Organizzazione per la Cooperazione Islamica che da anni ha istituito un Osservatorio sull’Islamofobia, a vantaggio di un dialogo costruttivo con i musulmani che credono nella libertà di religione e di espressione potremo evitare derive pericolose che ci porteranno all’autocensura e alla perdita dello spirito critico che appartiene alla nostra tradizione. Se esistono veri islamofobi in occidente, esistono anche tante persone, tanti intellettuali che vengono ingiustamente definiti tali solo perché osano criticare l’estremismo islamico e per questo motivo vengono portati in tribunale, vengono minacciati, vengono messi all’indice. L’occidente non deve però cadere in questa trappola: deve difendere in primo luogo i diritti umani universali per cui tanto ha lottato ed evitare di diventare vittima della propria libertà, abilmente sfruttata dall’estremismo islamico e dagli cosiddetti “nemici dell’islamofobia”.