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LA QUESTIONE

Intelligenza artificiale a scuola? No, grazie

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Le scuole sono chiamate a realizzare in tempi strettissimi il «Piano Scuola 4.0», che mira a una digitalizzazione spinta. Un adempimento imposto in barba a qualsiasi principio di autonomia scolastica e di libertà di insegnamento. Il tutto porta dritto allo svilimento del rapporto docente-discente, in favore dell’I.A. a scuola.

Editoriali 14_06_2023

L’estate è alle porte e le attività didattiche sono ormai terminate. L’ultimo ostacolo da superare, per gli insegnanti, prima delle agognate ferie estive, parrebbero essere solo gli esami di fine ciclo, che tra l’altro, con un discutibilissimo provvedimento ministeriale, nelle regioni colpite dagli allagamenti sono stati drasticamente ridimensionati. In realtà, tuttavia, per non pochi insegnanti e dirigenti scolastici, il periodo estivo si prospetta rovente, e non solo per il probabile rialzo delle temperature. Sulle scuole, infatti, grava il pesante fardello della realizzazione (obbligatoria, pena il commissariamento della Dirigenza), in tempi strettissimi, del cosiddetto “Piano Scuola 4.0” (adottato dal ministero dell’istruzione con il decreto n. 161 del 14 giugno 2022) e della sua conseguente progettazione, che grazie a un massiccio finanziamento (prestito) europeo, prevede la trasformazione di “almeno 100.000 aule delle scuole primarie, secondarie di primo e secondarie di secondo grado, in ambienti innovativi di apprendimento”.

Digitalizzazione spinta delle strumentazioni didattiche e laboratoriali, insieme a nuovi arredi polifunzionali, dovranno ridisegnare in tempi brevi il volto degli spazi di apprendimento, per metterli al passo con le linee guida dell’Agenda 2030 della Unione Europea. Poco importa se quando piove entra acqua dai soffitti e se i servizi igienici degli edifici scolastici sono tutto fuorché igienici; digitalizzare è un imperativo categorico, e tutto il resto non ha importanza.

Numerose voci di protesta, legate però, soprattutto, alla tempistica troppo ristretta, sono emerse da parte dei Dirigenti scolastici e dalle Associazioni che li rappresentano, ma  al momento pare di avere a che fare con il classico muro di gomma, che è in realtà una delle specialità dei nostri politici e amministratori…

Più interessanti, ma purtroppo più rare, sono le voci di protesta che entrano nel merito dei contenuti e della legittimità di questo adempimento, che viene imposto in barba a qualsiasi principio di autonomia scolastica e di libertà di insegnamento. Molto interessante risulta, al riguardo, la presa di posizione di alcuni giuristi, che avevano segnalato il rischio che i fondi del PNRR fossero l’occasione per realizzare una riforma non dichiarata, senza discussione parlamentare. Sul tema si è recentemente espresso il giurista e docente universitario Giuliano Scarselli, attraverso un articolo di analisi giuridica intitolato “Il Piano Scuola 4.0., una rivoluzione che i giuristi non possono ignorare” pubblicato sul sito della rivista Giustizia Insieme.

Docente ordinario di diritto processuale civile nell’Università di Siena, Scarselli è autore di numerose pubblicazioni giuridiche. Senza mezzi termini, considera il Piano Scuola 4.0 scollegato da Costituzione e leggi, perché «non sembra aver rispettato né il principio costituzionale della libertà di insegnamento, né quello relativo al diritto dei nostri giovani di avere una formazione culturale libera, critica e indipendente», e lo reputa perciò incostituzionale. Con sottile ironia, il giurista critica anche l’ampio utilizzo di termini inglesi in un decreto italiano: “finché il Ministero dell’Istruzione non provvederà a tradurre in italiano l’allegato 1 del decreto n. 161 del 14 giugno 2022, il c.d. Piano Scuola 4.0. a mio parere presenta profili di incostituzionalità anche solo per questa ragione».

Le prese di posizione di alcune scuole, contrarie al piano di digitalizzazione dell’istruzione, hanno dunque precisi fondamenti giuridici, perché iPiano Scuola 4.0 non è un semplice investimento per migliorare gli arredi, ma  «travolge la scuola nei suoi valori e principi primi, e dunque l’attuazione del PNRR andava data con una fonte normativa primaria, e non con un regolamento ministeriale». Per vararlo, insomma, sarebbe stato doveroso un approfondito dibattito parlamentare, con successiva votazione di leggi apposite, da passare poi all’attento vaglio della Corte Costituzionale.

Niente di tutto questo è stato fatto, e anzi si pretende che le scuole procedano con una rapidità che è oggettivamente insostenibile, data la mole di adempimenti che caratterizza ormai il funzionamento ordinario delle istituzioni scolastiche e, non ultimo, il periodo di conclusione delle attività didattiche. Come è possibile che i latori del Piano Scuola 4.0 non si siano accorti delle forzature in cui stavano incorrendo? Perché tutta questa fretta di imporlo senza discussioni? Certo, «ce lo chiede l’Europa», ma cosa, in realtà ci sta chiedendo?

Una possibile risposta è legata al grande dibattito (che più che un dibattito pare un lavaggio del cervello) sulla I.A., acronimo di “intelligenza artificiale”. Il giurista Scarselli non ne parla e, probabilmente, non ne ha riconosciuto il collegamento, ma quando parla di “travolgere la scuola nei suoi valori e principi primi”, in qualche modo coglie il nocciolo del problema.

Tutta la pressione sulla digitalizzazione della didattica, che non è nata oggi ma affonda le sue radici nella progressiva e inarrestabile introduzione delle tecnologie fra gli strumenti a disposizione dei docenti per fare lezione, mira subdolamente a spostare il perno dell’attività di insegnamento-apprendimento dalla relazione docente-discente a quella di autoapprendimento mediante le tecnologie, apparentemente più coinvolgenti, motivanti, emozionanti, grazie all’ausilio, per esempio, di dispositivi per la realtà aumentata e virtuale.

La mediazione dell’insegnante, in definitiva, dovrà definitivamente scomparire o quantomeno divenire assolutamente secondaria e poco rilevante. Il recente dibattito sull’abolizione del voto da parte dei docenti, fonte di stress per gli alunni, per giungere alla autovalutazione da parte di questi ultimi, fa parte a pieno titolo di questa rivoluzione digitale per la introduzione della I.A. a scuola.

La convinzione che muove i latori di queste innovazioni, fedeli seguaci del “verbo” di Bill Gates, è efficacemente sintetizzata da un ingegnere informatico, manager di una multinazionale del settore e curatore di un sito web dedicato alla Informatica e Ingegneria Online:  «Mentre gli insegnanti sono costretti a fornire la maggior parte dell’apprendimento in un contesto di classe intera, l’intelligenza artificiale può fornire un apprendimento su misura, valutando attentamente ogni risposta per calibrare quando attenersi all’argomento corrente e quando passare al successivo, e che non c’è domanda al mondo a cui Internet non possa rispondere. Internet ha già sostituito l’insegnante di classe poiché l’apprendimento oggi non dipende dall’insegnante. Internet ha rivoluzionato completamente il sistema educativo».

L’alunno, in definitiva, dovrà essere sempre più una monade che si autogestisce, slegato da ogni relazione significativa con un maestro umano. Voilà: dopo aver distrutto la famiglia, ora si passa anche alla definitiva distruzione della scuola.

Certo, se si paventa questa possibilità apertamente, si alzano gli scudi e ci si stracciano le vesti: «Non sia mai, questo non può accadere, l’insegnante è insostituibile!», e chi avanza simili ipotesi è tacciato di complottismo… Tuttavia, questo sta già accadendo, e non è forse lontano il giorno in cui si dovrà riconoscerla come realtà di fatto. Solo un potente movimento “culturale” di opposizione a queste correnti di pensiero potrebbe contrastarne la realizzazione, ma un simile risveglio delle coscienze pare ancora al di là dell’orizzonte. «Un imprevisto - come diceva il poeta Montale - è la nostra unica speranza».